Esclusione dalla gara e rito superaccelerato: il punto in attesa della Corte UE
1. L’art. 120, comma 2-bis del codice del processo amministrativo, nel disciplinare il rito “superaccelerato” relativo ai contratti pubblici, stabilisce uno specifico termine di decorrenza dei provvedimenti di esclusione dalle procedure di affidamento. In particolare, il provvedimento di esclusione deve essere impugnato nel termine (perentorio) di 30 giorni decorrente dalla relativa pubblicazione nel profilo del committente della stazione appaltante ai sensi dell’art. 29, comma 1, D. Lgs. 08/04/2016, n. 50, meglio noto come “Codice Contratti Pubblici”. La mancata impugnazione entro 30 giorni dalla pubblicazione del provvedimento, oltre a determinare la decadenza del ricorrente, comporta inoltre l’inammissibilità di un eventuale successivo ricorso (incidentale) contro i successivi atti delle procedure di affidamento (in primis, la sottoscrizione del contratto di appalto), nonché l’impossibilità di impugnare la proposta di aggiudicazione e gli altri atti endoprocedimentali privi di immediata lesività.
Come precisato dall’ordinanza del Tar Piemonte, sez. I, 17/01/2018, n. 88 (allegata in pdf per pronta consultazione e di cui si darà conto nel corso del presente contributo), “la previsione di questo rito ….. per l'impugnativa dei provvedimenti di esclusione o di ammissione, risponde alla necessità di consentire la definizione del giudizio prima che si giunga al provvedimento di aggiudicazione; ovverosia, in sostanza, a definire la platea dei soggetti ammessi alla gara in un momento antecedente all'esame delle offerte e alla conseguente aggiudicazione. L’intento del legislatore è stato infatti quello di definire prontamente la platea dei soggetti ammessi alla gara in un momento antecedente all’esame delle offerte (Cons. St., commissione speciale, parere n. 885 del 1° aprile 2016) creando un «nuovo modello complessivo di contenzioso a duplice sequenza, disgiunto per fasi successive del procedimento di gara, dove la raggiunta certezza preventiva circa la res controversa della prima è immaginata come presupposto di sicurezza della seconda» (Cons. St., sez. V, ordinanza n. 1059 del 15 marzo 2017). Una volta che il provvedimento di aggiudicazione intervenga in corso di causa, questo deve essere necessariamente impugnato con ricorso autonomo o con motivi aggiunti, in entrambi i casi con duplicazione degli oneri contributivi”.
2. Fin qui la norma. Ma che cosa succede quando alla seduta di gara partecipa il rappresentante di una ditta controinteressata? Il termine decorre dal giorno della seduta in cui è stata disposta l’ammissione o l’esclusione o, in alternativa, è sempre necessario attendere la pubblicazione del relativo provvedimento nel “profilo del committente della stazione appaltante” come prescrive l’art. 50, Codice Contratti Pubblici? Sul punto va segnalata, per la dovizia di argomentazioni e per le numerose implicazioni pratiche, la sentenza del Tar Campania, sede Napoli, sez. VIII, 18/01/2018, n. 394 (allegata in pdf per pronta consultazione). In tale sentenza, infatti, si dà conto in primo luogo dei due distinti indirizzi giurisprudenziali formatisi al riguardo.
2.1 Con il primo orientamento, il termine per ricorrere viene fissato “in ogni caso dall'avvenuta conoscenza dell'atto di ammissione o esclusione, anche a prescindere dalla pubblicazione del provvedimento di ammissione o esclusione sul profilo del committente ai sensi dell'articolo 29, comma 1, del D. Lgs. 18 aprile 2016 n. 50. Ciò purché siano percepibili i profili che ne rendono evidente l'immediata e concreta lesività per la sfera giuridica dell'interessato (T.A.R. Toscana Firenze, Sez. I, 18/04/2017, n. 582; T.A.R. Puglia Bari, Sez. III, 8 novembre 2016, n. 1262)”.
Al riguardo la sentenza del Tar Campania, Napoli, sez. VIII, n. 394/2018, richiama “in proposito il principio generale secondo il quale, pur in difetto della formale comunicazione dell'atto, il termine di impugnazione decorre dal momento dell'avvenuta conoscenza dell'atto (T.A.R. Veneto Venezia, Sez. I, 17 maggio 2017, n. 492) e, in assenza di una specifica ed espressa previsione legislativa in senso derogatorio e di un rapporto di incompatibilità, si deve ritenere che il comma 2-bis dell’art. 120 c.p.a. non abbia apportato una deroga al principio generale della decorrenza del termine di impugnazione dalla conoscenza completa dell’atto. … Per cui, in difetto della formale comunicazione dell’atto, o in difetto di pubblicazione dell’atto di ammissione sulla piattaforma telematica della stazione appaltante, il termine decorre dal momento dell’avvenuta conoscenza dell’atto stesso, purché siano percepibili i profili che ne rendano evidente la lesività per la sfera giuridica dell’interessato in rapporto al tipo di rimedio apprestato dall’ordinamento processuale. La piena conoscenza dell’atto di ammissione della controinteressata può provenire da qualsiasi fonte, che determina la decorrenza del termine di decadenza per la proposizione del ricorso, non solo in assenza della pubblicazione sul profilo telematico della stazione appaltante, ma anche nel caso in cui la pubblicazione avvenga successivamente (Cons. Stato, Sez. VI, 13 dicembre 2017, n. 5870)”.
2.2 Nel secondo orientamento giurisprudenziale, invece, si afferma che “il termine per l’impugnativa decorra esclusivamente dalla pubblicazione del provvedimento di ammissione o esclusione sul profilo del committente ai sensi dell'articolo 29, comma 1, del D. Lgs. 18 aprile 2016 n. 50 (T.A.R. Campania Napoli, Sez. V, 6 ottobre 2017, n. 4689; T.A.R. Lazio, Roma, sez. III quater, 22 agosto 2017 n. 9379; T.A.R. Lazio, Roma, sez. II quater, 19 luglio 2017 n. 8704; T.A.R. Puglia - Bari I, 7 dicembre 2016 n. 1367; T.A.R. Campania, Napoli, sez. I, 29 maggio 2017, n. 2843; T.A.R. Basilicata, Potenza, sez. I, 13 gennaio 2017 n. 24). Ciò in quanto la disposizione di cui all’art. 120, comma 2-bis, c.p.a. prevede espressamente ed inequivocamente che il dies a quo per proporre tale particolare impugnativa coincida con la data di pubblicazione del provvedimento che determina l’esclusione o l’ammissione sul profilo della stazione appaltante, stante la specialità di una simile previsione, che prevarrebbe su ogni altra previsione o applicazione di tipo giurisprudenziale (T.A.R. Lazio, Roma, sez. III quater, 22 agosto 2017 n. 9379)”.
Per comprendere come la decorrenza del termine di cui all’art. 120, comma 2-bis cod. proc. amm. costituisca una previsione di carattere speciale che, in quanto tale, prevale sulle altre, la sentenza del Tar Campania, Napoli, sez. VIII, n. 394/2018 aggiunge che “…il rito speciale in materia di impugnazione degli atti di esclusione e ammissione costituisca un’eccezione al regime «ordinario» processuale degli appalti (che a sua volta è un’eccezione rispetto al rito ordinario e allo stesso rito accelerato ex art. 119 c.p.a.) e, in quanto tale debba essere applicato solo nel caso espressamente previsto (T.A.R. Puglia Bari I, 7 dicembre 2016 n. 1367), ovverosia quando sia stato emanato il provvedimento di cui all'art. 29, comma 1, secondo periodo del d.lgs. n. 50/2016. In caso contrario l'impugnativa dell'ammissione dell'aggiudicatario deve essere formulata congiuntamente con quella del provvedimento di aggiudicazione (T.A.R. Campania, Napoli, sez. I, 29 maggio 2017, n. 2843)”.
3. Dopo siffatta ricognizione, la sentenza del Tar Campania precisa che “la presenza di un rappresentante della ditta controinteressata alla seduta” [di gara] “determina al più la conoscenza del provvedimento di ammissione e di quanto ivi emerso, oltre alla mera conoscibilità di eventuali ulteriori profili di illegittimità all’esito di successive indagini, ma non certamente la percezione immediata ed effettiva di tutte le irregolarità che, ove esistenti, inficino le relative determinazioni”. Dunque, in parziale adesione al secondo orientamento giurisprudenziale, il Tar valorizza la specialità della normativa e il carattere derogatorio dei principi in materia di impugnativa di cui all’art. 120, comma 2-bis del c.p.a., ritenendo “non sufficiente la presenza di un rappresentante della ditta controinteressata alla seduta di gara … Tale presenza” [aggiunge il Tar] “determina al più la conoscenza del provvedimento di ammissione e di quanto ivi emerso, oltre alla mera conoscibilità di eventuali ulteriori profili di illegittimità all’esito di successive indagini, ma non certamente la percezione immediata ed effettiva di tutte le irregolarità che, ove esistenti, inficino le relative determinazioni”.
Infatti, “stante l’indicato carattere derogatorio, infatti, il criterio dell’effettiva completa conoscenza dell’atto impugnabile, comprensivo di tutti gli aspetti di lesività e illegittimità dello stesso, deve essere applicato in modo restrittivo, ai soli casi in cui, per gli elementi emersi nella seduta di gara, si evince che la parte dovesse essere sin da allora pienamente consapevole dei profili di illegittimità sollevabili”.
4. Lo stesso giorno della sentenza del Tar Campania, Napoli, sez. VIII, n. 394/2018 di cui si è dato fin qui ampiamente conto, poi, deve registrarsi l’ordinanza del Tar Piemonte, sez. I, 18/01/2018, n. 88 (citata all'inizio del presente contributo), con cui sono stati rimessi alla Corte di Giustizia UE, in via pregiudiziale, i seguenti due quesiti sull’art. 120, comma 2-bis, cod. proc. amm.:
“1) se la disciplina europea in materia di diritto di difesa, di giusto processo e di effettività sostanziale della tutela, segnatamente, gli articoli artt. 6 e 13 della CEDU, l’art. 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea e l’art. 1 Dir. 89/665/CEE, 1 e 2 della Direttiva, ostino ad una normativa nazionale, quale l’art. 120 comma 2 bis c.p.a., che, impone all’operatore che partecipa ad una procedura di gara di impugnare l’ammissione/mancata esclusione di un altro soggetto, entro il termine di 30 giorni dalla comunicazione del provvedimento con cui viene disposta l’ammissione/esclusione dei partecipanti;
2) se la disciplina europea in materia di diritto di difesa, di giusto processo e di effettività sostanziale della tutela, segnatamente, gli articoli artt. 6 e 13 della CEDU, l’art. 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea e l’art. 1 Dir. 89/665/CEE, 1 e 2 della Direttiva, osti ad una normativa nazionale quale l’art. 120 comma 2 bis c.p.a., che preclude all’operatore economico di far valere, a conclusione del procedimento, anche con ricorso incidentale, l’illegittimità degli atti di ammissione degli altri operatori, in particolare dell’aggiudicatario o del ricorrente principale, senza aver precedentemente impugnato l’atto di ammissione nel termine suindicato”.
Ora, nel rimanere in attesa del pronunciamento della Corte di Giustizia UE, l’ordinanza del Tar Piemonte, sez. I, n. 88/2018 contiene nelle proprie lettere B) “la normativa nazionale e la sua interpretazione” e C) “Il diritto della Unione: i principi europei in materia di diritto di difesa e di presupposti dell’azione. Il principio di effettività sostanziale della tutela” un’attenta ricognizione delle vicende che hanno portato all’attuale disciplina alla cui lettura per brevità si fa rinvio.
Quel che preme, in questa sede, rilevare sono le aporie individuate dall’ordinanza del Tar Piemonte testé citata. Il Tar, infatti, evidenzia come “l’operatore economico è obbligato ad impugnare le ammissioni di tutti i concorrenti alla gara, senza sapere ancora chi sarà l’aggiudicatario e, parimenti, senza sapere se lui stesso si collocherà in graduatoria in posizione utile per ottenere e/o contestare l’aggiudicazione dell’appalto”. In questo modo, inoltre, “sembrano trovare fondamento le critiche sollevate da parte della dottrina che ha attribuito alla novella legislativa l’intendimento di ridurre le facoltà di difesa e, al contempo, le occasioni di sindacato del giudice amministrativo sull’esito delle gare pubbliche”. Sempre nell'ordinanza del Tar Piemonte, inoltre, si legge che “La violazione ai principi comunitari sopra richiamati, ed in particolare laddove si rende l’accesso alla giustizia amministrativa eccessivamente gravoso, si ravvisa in quanto l’attuale sistema impone a ogni ditta concorrente di: 1) impugnare il provvedimento di ammissione di tutte le altre ditte partecipanti; 2) proporre il relativo ricorso in una fase del procedimento in cui la cognizione dei documenti di gara degli altri concorrenti è resa problematica dalla disciplina dettata nell’art. 53 del d.lgs. n. 50/2016, che al comma terzo vieta di comunicare o comunque di rendere noti gli atti di gara, l’accesso ai quali è differito all’aggiudicazione e, al suo comma quarto, rende punibile, ai sensi dell’art. 326 c.p. (rivelazione di segreti d’ufficio), la condotta del pubblico ufficiale o degli incaricati di pubblico servizio (endiadi in cui sono compresi tutti i funzionari addetti alla procedura di gara) inosservante del divieto ….; 3) formulare censure avverso ogni atto di ammissione, per evitare di incorrere nell’inammissibilità di un ricorso cumulativo (ogni ammissione potrebbe risultare affetta da vizi propri e distinti rispetto all’altra, con diversità oggettiva e soggettiva per ogni ricorso), con la necessaria proposizione di tanti ricorsi quante sono le ditte ammesse e quindi con la conseguenza di dover versare il contributo unificato per ogni ricorso (può dirsi acclarata la funzione dissuasiva all’azione giurisdizionale indotta dal cumulo di tributi giudiziari dovuti in caso di impugnazione separata degli atti di ammissione e di aggiudicazione nell’ambito della stessa procedura di gara)”.
5. La relativa novità dell’art. 120, comma 2-bis, cod. proc. amm., la cui introduzione risale al 2016 e, per la precisione, all’art. 204, comma 1, lettera b), D. Lgs. 08/04/2016, n. 50, la diversità di orientamenti giurisprudenziali, unitamente al rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia operato dall’ordinanza del Tar Piemonte, quindi, impone un monitoraggio dei successivi sviluppi che potranno contribuire a dirimere questi ed altri nodi della questione. Di tali eventuali sviluppi, ovviamente, si darà conto in questo sito.
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Strumenti urbanistici: cosa sono e quando si impugnano
Accostarsi all’argomento “urbanistica” o, se si preferisce utilizzare un termine più “à la page”, al tema “governo del territorio” sembra una questione riservata a pochi iniziati. Ci si trova, infatti, spesso di fronte a sintesi scontate o ad un patrimonio comune di informazioni ripetuto in modo tralatizio, senza cioè un preciso riferimento normativo o giurisprudenziale.
Oggi, con la lettura delle sentenze del Consiglio di Stato, sez. IV, 19/01/2018 nn. 333 e 332 (allegate in pdf), anche i non addetti ai lavori possono accedere ad un riepilogo comprensibile sulla natura degli strumenti urbanistici e sul regime delle relative impugnazioni.
La questione trae origine dalla contestazione di un permesso di costruire il cui rilascio era stato impugnato da un proprietario di un fondo vicino per una serie di articolate motivazioni.
Nell’affrontare in dettaglio ciascuno dei motivi che avevano trovato accoglimento innanzi al Tar, il Consiglio di Stato (sez. IV, con la sent. n. 333/2018) riforma la sentenza di primo grado ed afferma che, "in tema di disposizioni dirette a regolamentare l'uso del territorio negli aspetti urbanistici ed edilizi, contenute nel piano regolatore, nei piani attuativi o in altro strumento generale individuato dalla normativa regionale, vanno distinte:
a) le prescrizioni che, in via immediata, stabiliscono le potenzialità edificatorie della porzione di territorio interessata (nel cui ambito rientrano le norme di c.d. zonizzazione, la destinazione di aree a soddisfare gli standard urbanistici, la localizzazione di opere pubbliche o di interesse collettivo);
b) le altre regole che, più in dettaglio, disciplinano l'esercizio dell'attività edificatoria, generalmente contenute nelle norme tecniche di attuazione del piano o nel regolamento edilizio (disposizioni sul calcolo delle distanze e delle altezze, sull'osservanza di canoni estetici, sull'assolvimento di oneri procedimentali e documentali, regole tecniche sull'attività costruttiva, ecc.).
Secondo il suddetto indirizzo, per le disposizioni appartenenti alla prima categoria s'impone, in relazione all'immediato effetto conformativo dello ius aedificandi dei proprietari dei suoli interessati che ne deriva, ove se ne intenda contestare il contenuto, un onere di immediata impugnativa in osservanza del termine decadenziale a partire dalla pubblicazione dello strumento pianificatorio.
Invece, le prescrizioni di dettaglio contenute nelle norme di natura regolamentare destinate a regolare la futura attività edilizia, che sono suscettibili di ripetuta applicazione ed esplicano effetto lesivo nel momento in cui è adottato l'atto applicativo, possono essere oggetto di censura in occasione della sua impugnazione (ex multis, sez. IV, n. 5235 del 2015)”.
Dunque, la zonizzazione dell’area in cui è realizzato un edificio, per cui è stato rilasciato il permesso di costruire, deve essere impugnata subito dai soggetti legittimati (ad es. vicini) che si assumano lesi per previsioni che riguardano la stessa zonizzazione dell’area impugnando i provvedimenti emanati sulla base delle NTA. (Si tratta, infatti, di disposizioni rientranti nella fattispecie sub a).
Diverse considerazioni, invece, debbono formularsi per “il mancato esercizio da parte del Comune del potere, previsto nelle NTA, di deliberare per le zone …. uno strumento urbanistico attuativo al fine di avere una più organica sistemazione urbanistica ed edilizia di zone disarticolate, in alternativa all’intervento diretto reso possibile in via immediata dalle stesse disposizioni”, (ossia per la fattispecie sub b).
Sotto questo profilo, infatti, il Consiglio di Stato precisa che “solo il mancato esercizio di tale possibilità in una con il rilascio di permessi di costruire …. rende concreta ed attuale la lesione del vicino che, assumendo esistente una zona solo parzialmente edificata, disarticolata, non compiutamente urbanizzata, in gran parte rientrante nel vincolo paesaggistico previsto dalla legge”, ritenga di impugnare siffatta decisione.
In particolare, la sentenza ricorda che “in presenza di una zona già urbanizzata, va esclusa la necessità dello strumento attuativo solo nei casi in cui la situazione di fatto, in presenza di una pressoché completa edificazione della zona, sia addirittura incompatibile con un piano attuativo (ad es. il lotto residuale ed intercluso in area completamente urbanizzata), non anche nell'ipotesi in cui per effetto di una edificazione disomogenea ci si trovi di fronte ad una situazione che esige un intervento idoneo a restituire efficienza all'abitato, riordinando e talora definendo ex novo un disegno urbanistico di completamento della zona (ad esempio, completando il sistema della viabilità secondaria nella zona o integrando l'urbanizzazione esistente per garantire il rispetto degli standard minimi per spazi e servizi pubblici e le condizioni per l'armonico collegamento con le zone contigue, già asservite all'edificazione”.
Del resto, prosegue il Consiglio di Stato, “l'esigenza di un piano di lottizzazione, quale presupposto per il rilascio della concessione edilizia, si impone anche al fine di un armonico raccordo con il preesistente aggregato abitativo, allo scopo di potenziare le opere di urbanizzazione già esistenti e, quindi, anche alla più limitata funzione di armonizzare aree già compromesse ed urbanizzate, che richiedano una necessaria pianificazione della maglia e perciò anche in caso di lotto intercluso o di altri casi analoghi di zona già edificata e urbanizzata (cfr. Cons. Stato, sez. IV, n. 4200 del 2013, ove numerosi riferimenti ulteriori, cui adde sez. V, n. 1177 del 2012)”.
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