Obbligatoria la gara per i servizi legali?
L’ANAC con la delibera n. 907 del 24 ottobre 2018 (depositata il 5 novembre 2018), ha approvato le Linee guida n. 12 in tema di procedure per l’affidamento dei servizi legali (allegate in pdf per pronta consultazione), entrate in vigore il 28 novembre 2018 (pubblicate nella Gazzetta Ufficiale n. 264 del 13 novembre 2018).
Si rammenta, in via del tutto preliminare, che le Linee guida in esame costituiscono un atto di regolazione non vincolante, siccome adottate dall’Autorità ai sensi dell’art. 213, comma 2, del D. Lgs. 50/2016 s.m.i. (“Codice Contratti Pubblici” o “Codice”), per rispondere alle perplessità manifestate dagli operatori del settore circa l’esatta individuazione delle tipologie di servizi legali e le relative modalità di affidamento.
Tanto richiamato, si rileva che le Linee Guida, in dichiarata adesione all’impostazione del parere del Consiglio di Stato n. 2017 del 3 agosto 2018 (anch’esso allegato in pdf), distinguono i servizi legali in due macrocategorie:
1) quelli previsti tra i servizi esclusi dall’art. 17, comma 1, lett. d) del D. Lgs. 50/2016 s.m.i. (“Codice Contratti Pubblici” o “Codice”) consistenti, in buona sostanza secondo l’ANAC, nell’incarico professionale conferito ad hoc per la trattazione della singola controversia o questione, quando si riferisce ad “incarichi di patrocinio legale conferiti in relazione ad una specifica e già esistente lite” ovvero a “servizi di assistenza e consulenza legale preparatori ad un’attività di difesa in un procedimento di arbitrato, di conciliazione o giurisdizionale, anche solo eventuale” ovvero ancora ai “servizi prestati da notai relativi esclusivamente alla certificazione e autenticazione di documenti”, oltre agli altri servizi indicati nei paragrafi 1.3 e 1.4 delle Linee Guida;
2) i servizi legali previsti dall’Allegato IX del Codice (individuati, in via residuale, nei servizi diversi da quelli previsti dall’art. 17) consistenti, secondo l’ANAC, non già in un incarico professionale, ma in un vero e proprio appalto di servizi per la gestione del contenzioso in modo continuativo o periodico ad un fornitore nell’unità di tempo considerata (di regola, un triennio). Si tratta di servizi legali aventi ad oggetto prestazioni diverse da quelle sopraelencate, quali in via esemplificativa, “consulenze non collegate ad una specifica lite” o le prestazioni “che, su richiesta delle stazioni appaltanti e nei limiti delle istruzioni ricevute, i fornitori realizzano in modo continuativo o periodico ed erogano organizzando i mezzi necessari e assumendo il rischio economico dell’esecuzione, come nell’ipotesi di contenzioso seriale affidato in gestione al fornitore” (cfr. paragrafo 2, Linee guida).
La prima categoria costituisce un contratto d’opera professionale (art. 2229 ss. Cod. Civ.) ed è sottoposta al regime di cui all’art. 17 dei contratti esclusi dall’ambito di applicazione del Codice, mentre la seconda categoria si configura come appalto di servizi cui si applica il regime “alleggerito” dell’allegato IX e degli articoli 140 e ss. D. Lgs. n. 50/2016. Da qui l’obbligo generale delle stazioni appaltanti, ricorda l’ANAC, di procedere ad una corretta individuazione del fabbisogno anche allo scopo di evitare il frazionamento artificioso vietato dall’articolo 51 del Codice dei Contratti Pubblici, nonché l’obbligo per le Amministrazioni dello Stato e per quelle non statali autorizzate a valersi dell’Avvocatura dello Stato di richiedere l’assistenza di avvocati del libero Foro solo per ragioni assolutamente eccezionali. Infine, rammenta l’ANAC, “l’affidamento a terzi dei servizi legali è possibile …. sempre che non siano presenti idonee professionalità all’interno della stazione appaltante medesima”, pertanto l’eventuale affidamento esterno dovrà essere specificamente motivato sul punto.
Fermo restando il detto inquadramento generale, quanto alle procedure da seguire per l’affidamento dei servizi, l’ANAC, precisa in primo luogo che ai sensi dell’art. 17 del Codice i servizi legali della prima categoria – previsti dall’art. 17, comma 1 lett. d) – sono esclusi dall’ambito di applicazione oggettiva del Codice dei Contratti Pubblici e sono affidati – per espressa previsione dell’art. 4 dello stesso Codice – “nel rispetto dei principi di economicità, efficacia, imparzialità, parità di trattamento, trasparenza, proporzionalità, pubblicità, tutela dell'ambiente ed efficienza energetica”.
Tutti i detti principi (ad eccezione di quelli di tutela dell’ambiente ed efficienza energetica, inconferenti rispetto ai servizi legali) sono declinati dalle Linee Guida 12 al Paragrafo 3.1.2, al cui dettaglio si rinvia. Ulteriore indicazione operativa viene fornita dall’ANAC al Paragrafo 3.1.3, laddove individua come "best practice" la previa formazione di elenchi di professionisti, eventualmente suddivisa per settore di competenza, costituiti “dall’amministrazione mediante una procedura trasparente e aperta, pubblicati sul proprio sito istituzionale. In tal modo, infatti, l’amministrazione può restringere tra essi il confronto concorrenziale al momento dell’affidamento, con effetti positivi in termini di maggiore celerità dell’azione amministrativa.”
Vale rilevare al riguardo che, secondo le indicazioni fornite dalle Linee Guida in esame, l’affidamento dei servizi legali di cui all’art. 17, lett. d) del Codice, dovrebbe seguire di regola il confronto concorrenziale e solo in via eccezionale si potrebbe concretizzare in affidamento diretto ad un professionista determinato “in presenza di specifiche ragioni logico-motivazionali che devono essere espressamente illustrate dalla stazione appaltante nella determina a contrarre” (ad es.: consequenzialità tra incarichi dei diversi gradi di giudizio o di complementarietà con altri incarichi attinenti alla medesima materia oggetto del servizio legale in affidamento, che siano stati positivamente conclusi, o ancora nel caso di assoluta particolarità della controversia o della consulenza, per l’assoluta novità della questione trattata). Detto altrimenti, l’Amministrazione dovrebbe in sostanza procedere sempre ad un confronto comparativo tra due o più preventivi, da richiedere ai professionisti iscritti all’albo previamente formato.
Tale impostazione, ad avviso di chi scrive, oltre ad essere difficilmente compatibile sul piano pratico operativo con la tempistica, il più delle volte esiziale, imposta dalle esigenze di costituzione in giudizio, determina una contraddizione dal punto di vista sistematico.
Si rammenta, difatti, che ai sensi dell’art. 36, comma 2, lett. a) del D. Lgs. 50/2016 s.m.i. (come modificato dal Correttivo) gli affidamenti di servizi, forniture e lavori soggetti all’applicazione del Codice e di importo inferiore ad € 40.000,00 sono legittimamente effettuati mediante affidamento diretto anche senza previa consultazione di due o più operatori economici, con determina a contrarre (o atto equivalente) che contenga, in modo semplificato, l’oggetto dell’affidamento, l’importo, il fornitore, le ragioni della scelta ed il possesso da parte del fornitore dei requisiti di carattere generale, nonché il possesso dei requisiti tecnico-professionali, ove richiesti (art. 32, comma 2 del Codice). Ciò fermi restando i principi dell’art. 30 (sostanzialmente coincidenti con quelli di cui all’art. 4 del Codice) ed il principio di rotazione degli inviti e degli affidamenti.
Tanto rammentato, è agevole osservare come l’affidamento di servizi esclusi dall’ambito di applicazione oggettiva del Codice, quali sono per espressa previsione i servizi legali di cui all’art. 17, lett. d) del medesimo, in base alle indicazioni fornite nelle Linee Guida n. 12, viene ad essere, paradossalmente ed in modo ingiustificato, più rigido di quella previsto per i servizi soggetti integralmente all’applicazione del D. Lgs. 50/2016 s.m.i.
Si rileva altresì con specifico riferimento al principio di economicità, che opportunamente viene precisato dall’ANAC, come esso richieda l’obbligo delle Amministrazioni di accertare la congruità e l’equità del compenso, nel rispetto dei parametri stabiliti da ultimo con decreto ministeriale 8 marzo 2018, n.37 (la congruità può essere motivata, ad es., sulla base di un confronto con la spesa per precedenti affidamenti o, altra ipotesi, con gli oneri riconosciuti da altre amministrazioni per incarichi analoghi, etc.). Tuttavia, in considerazione della natura dei servizi legali in esame e dell’importanza della qualità delle relative prestazioni, il risparmio di spesa non è il criterio di guida nella scelta che deve compiere l’amministrazione alla luce dell’intero quadro ordinamentale.
Sotto questo profilo, infatti, occorre ricordare che, proprio per la salvaguardia del decoro della professione (art. 2233 Cod. Civ.), l’art. 13 bis nella L. 31/12/2012, n. 247 (introdotto dall’art. 19-quaterdecies L. 172/2017) prevede talune limitazioni all’autonomia contrattuale quando l’attività forense è svolta in favore dei cd. grandi committenti (imprese bancarie e assicurative, nonché imprese non rientranti nelle categorie delle PMI), proprio per assicurare l’equità del compenso, con la nullità delle clausole accertate come vessatorie ai sensi del detto articolo e la rideterminazione da parte del giudice del compenso dell’avvocato tenuto conto dei parametri previsti dal decreto del Ministro della Giustizia. A ciò si aggiunga, con specifico riferimento alle pubbliche amministrazioni, che il comma 3 del citato art. art. 19-quaterdecies L. 172/2017 stabilisce che “La pubblica amministrazione, in attuazione dei princìpi di trasparenza, buon andamento ed efficacia delle proprie attività, garantisce il principio dell'equo compenso in relazione alle prestazioni rese dai professionisti in esecuzione di incarichi conferiti dopo la data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto”.
Per la seconda tipologia dei servizi legali (che, per quanto sopra, costituiscono un appalto), invece, le Linee guida ANAC n. 12 ulteriormente distinguono tra contratti di valore inferiore alle soglie comunitarie per i quali si applicheranno le Linee Guida n. 4 del 7 marzo 2018 (allegate in pdf), mentre per quelli di importo pari o superiore alla soglia, la pubblicazione degli avvisi e dei bandi è disciplinata dagli articoli 140 del D. Lgs. 50/2016 s.m.i., per i settori speciali, e 142 per i settori ordinari. Per i restanti aspetti della procedura trovano applicazione le disposizioni del Codice dei Contratti Pubblici relative ai contratti di appalto di valore pari o superiore alle soglie di rilevanza comunitaria.
In particolare, i criteri in base ai quali richiedere l’offerta economicamente più vantaggiosa, sulla base del miglior rapporto qualità/prezzo, sono “l’organizzazione, le qualifiche e l’esperienza del personale effettivamente utilizzato nell’appalto, qualora la qualità del personale incaricato possa avere un’influenza significativa sul livello dell’esecuzione dell'appalto”. In dettaglio, “i criteri di valutazione delle offerte possono essere individuati nei seguenti: a) professionalità e competenza desunte, ad esempio, dal numero e dalla rilevanza dei servizi svolti dal concorrente affini a quelli oggetto dell’affidamento; b) caratteristiche metodologiche dell’offerta desunte dal progetto globale dei servizi offerti e dall’illustrazione delle modalità di svolgimento delle prestazioni oggetto dell’incarico, in grado di soddisfare al meglio le aspettative della stazione appaltante; c) ribasso percentuale indicato nell’offerta economica; d) titoli accademici o professionali attinenti alla materia oggetto del servizio legale da affidare”.
Infine, con riguardo all’offerta economica, fermo restando il limite massimo del 30% per il punteggio economico (fissato all’art. 95, co. 10 bis, del Codice), l’ANAC precisa che “non dovrebbe essere attribuito un punteggio elevato al prezzo nel caso in cui sia previsto l’utilizzo di formule che incentivano molto la competizione sui ribassi percentuali (es. interpolazione lineare) e, viceversa, non dovrebbe essere attribuito un punteggio ridotto nel caso di utilizzo di formule che disincentivino la concorrenza sul prezzo (formule concave, come quella cosiddetta bilineare).”
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Concessione di servizi pubblici - Norme applicabili
Concessione di servizi pubblici nel D. Lgs. 163/06 e nel Nuovo Codice (D. Lgs. 50/206) - Norme applicabili
Nella normativa previgente alNuovo Codice dei contratti Pubblici (D. Lgs.50/2016) le concessioni di servizi erano regolate dall’art. 30 del D. Lgs. n. 163/2006 (Codice dei contratti pubblici di lavori, servizi e forniture).
In base al citato art. 30 D. Lgs. n. 163/2006, le concessioni di servizi venivano sottratte alla puntuale disciplina del diritto comunitario e del Codice dei contratti pubblici, rimanendo però applicabili alle stesse i principi desumibili dal Trattato europeo ed i principi generali relativi ai contratti pubblici (trasparenza, adeguata pubblicità, non discriminazione, parità di trattamento, mutuo riconoscimento, proporzionalità).
Le dette concessioni di servizi in base alla normativa previgente al Nuovo Codice dovevano essere affidate, nel rispetto dei richiamati principi, previa gara informale con invito ad almeno 5 (cinque) concorrenti, nel caso di sussistenza in tal numero di soggetti qualificati in relazione all'oggetto della concessione, con predeterminazione dei criteri selettivi.
Tra i principi applicabili secondo la giurisprudenza:
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rientrava la disciplina di cui all’art. 84, comma 10 del D. Lgs. 163/06, che imponeva la nomina dei commissari di gara e la costituzione della commissione dopo la scadenza del termine fissato per la presentazione delle offerte, atteso che tale norma era considerata dalla giurisprudenza come diretta espressione dei principi di trasparenza e di parità di trattamento (Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 14.3.2014 n. 1296)
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non vi rientrava, invece, la disciplina di cui all'art. 37, comma 13 del D. Lgs. 163/06 che imponeva ai concorrenti riuniti, già in sede di predisposizione dell'offerta, l'indicazione della quota di partecipazione al raggruppamento che doveva essere corrispondente alla quota di esecuzione delle prestazioni, atteso che tale disposizione non esprimeva un principio generale desumibile dal Trattato sul funzionamento dell'Unione europea ovvero dalla disciplina del previgente Codice dei Contratti pubblici. (Consiglio di Stato, Ad. Pl., sentenza del 30.1.2014 n. 7).
Il Nuovo Codice dei Contratti Pubblici (D. Lgs. 50/2016) ha recepito la Direttiva 2014/23/UE che ha introdotto una disciplina giuridica comune a livello europeo per i contratti di concessione.
La detta Direttiva afferma innanzitutto il principio di autorganizzazione delle Autorità pubbliche, riconoscendo alle stesse il diritto di decidere le modalità di gestione ritenute più appropriate per l’esecuzione di lavori e la fornitura di servizi, potendo le dette Autorità decidere di eseguire i lavori, le fornire o i servizi “in house”, ovvero invece di esternalizzare tali prestazioni affidandole in concessione a terzi (Vd. Dir. 2014/23/UE: Considerando nn. 5, 6 e 46 e art. 2).
Tale principio si trova affermato nell’art. 166 del Nuovo Codice dei Contratti Pubblici, che recepisce in maniera pressochè testuale il citato art. 2 della Direttiva.
Il Nuovo Codice dei Contratti Pubblici inoltre, diversamente dal previgente, prevede espressamente le norme applicabili alle concessioni. Difatti l’art. 164, comma 2, D. Lgs. 50/2016 statuisce l’applicazione ai contratti di concessione (di lavori pubblici o di servizi) delle disposizioni contenute nella Parte I e nella Parte II, del D. Lgs. 50/2016, relative a:
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principi generali, esclusioni, modalità e procedure di affidamento, modalità di pubblicazione e redazione dei bandi e degli avvisi di gara, requisiti generali e speciali e motivi di esclusione, criteri di aggiudicazione, modalità di comunicazione ai candidati e agli offerenti, requisiti di qualificazione degli operatori economici, termini di ricezione delle domande di partecipazione alla concessione e delle offerte, alle modalità di esecuzione.
L’applicazione delle dette disposizioni è tuttavia prevista dal citato art. 164, comma 2, D. Lgs. 50/2016, nei limiti della compatibilità, lasciando in tal modo ancora una volta all’interprete il compito di individuare quali siano esattamente le disposizioni applicabili, considerato che il richiamato comma 2 non contiene un rinvio espresso agli articoli della Parte I e II applicabili alle concessioni, ma individua la normativa “per temi” (principi generali, esclusioni etc.).
Sicchè scorrendo il contenuto degli articoli delle Parti I e II del D.Lgs. 50/2016, sembrerebbero applicabili alle concessioni in buona sostanza quantomeno gli articoli da 1 a 113.
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