Costi aziendali della sicurezza. Obbligatoria indicazione in offerta: tra precisazioni del Correttivo e indicazioni della giurisprudenza
1. L’art. 95, comma 10 del nuovo Codice Contratti Pubblici (D. Lgs. 18/04/2016, n. 50, di seguito anche solo “Codice”), a differenza della normativa previgente (D. Lgs. 12/04/2006, n. 163), prevede esplicitamente l’obbligo dell’operatore economico di indicare in offerta i propri costi aziendali della sicurezza e, a seguito delle modifiche apportate dal Correttivo (D. Lgs. 19/4/2017 n. 56), anche i costi della manodopera.
Difatti, il citato art. 95, comma 10 del Codice (nel testo ad oggi vigente) prevede che “Nell'offerta economica l'operatore deve indicare i propri costi della manodopera e gli oneri aziendali concernenti l'adempimento delle disposizioni in materia di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro ad esclusione delle forniture senza posa in opera, dei servizi di natura intellettuale e degli affidamenti ai sensi dell’art. 36 comma 2, lett. a). Le stazioni appaltanti, relativamente ai costi della manodopera, prima dell’aggiudicazione procedono a verificare il rispetto di quanto previsto dall’art. 97, comma 5 lett. d)”, ossia il costo del personale rispetto ai minimi salariali retributivi di cui ci occuperemo qui sotto.
2. Come si evince dalla lettura di tale disposizione, quindi, con il correttivo tale obbligo è escluso per due fattispecie:
- forniture senza posa in opera e servizi di natura intellettuale (con ciò coordinando il Codice all’art. 26 Testo Unico in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro: D. Lgs. 08/04/2008, n. 81 s.m.i., di seguito “TUS”);
- affidamenti di importo inferiore a 40.000 euro, cui si può procedere con affidamento diretto, anche senza previa consultazione di due o più operatori economici [ai sensi cioè dell’art. 36 comma 2, lett. a) del Codice, come modificato dal Correttivo].
Si rileva, che correlativamente al richiamato obbligo a carico degli operatori economici di indicare i costi della manodopera in offerta, con il Correttivo, è stato altresì previsto l’obbligo per la stazione appaltante, nell’ambito della determinazione dell’importo a base di gara nei contratti di lavori e servizi, di individuare nei documenti posti a base di gara i costi della manodopera sulla scorta delle tabelle del Ministero del lavoro di cui all’art. 23, comma 16 del Codice.
Si rammenta al riguardo che queste Tabelle ministeriali, per costante giurisprudenza formatasi sotto il vigore del D. Lgs. 163/06 (da ritenersi valida anche per il nuovo Codice dei contratti pubblici), non rappresentano un limite inderogabile, ma solo un parametro di valutazione della congruità dell’offerta, con la conseguenza che lo scostamento, specie se di lieve entità, non legittima, di per sé, un giudizio di anomalia (Cons. Stato, IV, 29/02/2016, n. 854; Cons. Stato, III, 02/03/2015, n.1020; Cons. Stato, V, 24/07/2014, n. 3937). Tale giurisprudenza, peraltro, ad avviso di chi scrive, conforta l’interpretazione logico sistematica in base alla quale l’obbligo di verificare i costi della manodopera prima dell’aggiudicazione, posto a carico delle stazioni appaltanti dall'art. 95, comma 10 del Codice (come modificato dal Correttivo), vada comunque inquadrato nell’ambito della verifica di anomalia prevista dall’art. 97 del Codice (analogamente a quanto avveniva nel regime previgente ai sensi dell’art. 87 del D. Lgs. 163/06).
Anche a seguito delle modifiche apportate dal Correttivo al testo dell’art. 95, comma 10, quindi, rimane tuttora valido quanto già in precedenza osservato nel sito circa l’individuazione e la quantificazione dei costi aziendali (o interni) della sicurezza.
Tali costi per gli appalti di lavori vanno tenuti distinti rispetto ai costi ed oneri della sicurezza da quantificare nell’ambito del Piano di sicurezza e coordinamento (“PSC”) relativo allo specifico cantiere ai sensi dell’art. 100 del D. Lgs. 81/2008 (TUS) e da stimare in maniera congrua, secondo quanto specificato dall’Allegato XV al TUS (cfr. interpello n. 13/2016).
3. I costi della sicurezza così definiti, infatti, sono compresi nell'importo totale dei lavori, ed individuano la parte del costo dell'opera da non assoggettare a ribasso nelle offerte delle imprese esecutrici (vedi punto 4.1.4., Allegato XV al TUS), come pure ora precisato dall’art. 23, comma 16, ultimo periodo del Codice, secondo cui “I costi della sicurezza sono scorporati dal costo dell'importo assoggettato al ribasso.”
Dalla detta stima dei costi ed oneri della sicurezza di cui al PSC – come noto - è esclusa la quota parte di spese generali che l’appaltatore è tenuto a sopportare per gli oneri della sicurezza corrispondenti agli specifici rischi legati alle lavorazioni ed alla loro contestualizzazione, che è invece normativamente prevista nei prezzi delle lavorazioni [vedi art. 32, comma 4, lett. o) del DPR n.207/2010, tuttora applicabile in via transitoria ai sensi dell’art. 216, comma 4 del Codice dei contratti pubblici].
4. Ciò richiamato, sembra pertanto possibile ritenere – nelle more di auspicabili chiarimenti da parte dell’ANAC o del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti – che gli “oneri aziendali concernenti l'adempimento delle disposizioni in materia di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro” da indicare in offerta, siano appunto costituiti dai detti oneri della sicurezza compresi nelle spese generali.
Si tratta, in particolare, della quota parte imputabile ai lavori oggetto della gara degli oneri della sicurezza relativi alle spese di formazione/informazione dei lavoratori, visite periodiche, dispositivi di protezione individuale “DPI” in dotazione all’azienda (caschi, calzature etc.).
Occorre, infine, richiamare l’attenzione sulla necessità che il concorrente valuti adeguatamente l’importo di tali oneri da indicare specificamente in offerta, tenendo conto che tale importo può essere assoggettato (come gli altri elementi dell’offerta) a verifica in sede di valutazione di congruità, qualora l’offerta risulti anormalmente bassa ai sensi dell’art. 97 del D. Lgs. 50/2016 s.m.i.
5. L’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, con una serie di sentenze qui di seguito esaminate, si era già pronunciata sull’obbligo di indicare in offerta i costi aziendali della sicurezza nella disciplina previgente.
Sotto questo profilo, infatti, occorre altresì dare conto, per quanto concerne le gare bandite sotto la vigenza del D. Lgs. 163/06, di quanto statuito dall’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, con le note sentenze 20/03/2015, n. 3 e 02/11/2015, n. 9 e con la successiva sentenza 27/07/2016, n. 19, che ha mitigato il rigore applicativo delle precedenti pronunce.
L’Ad. Pl. n. 3 aveva, infatti, affermato il principio di diritto secondo cui: “Nelle procedure di affidamento di lavori i partecipanti alla gara devono indicare nell’offerta economica i costi interni per la sicurezza del lavoro, pena l’esclusione dell’offerta dalla procedura anche se non prevista nel bando di gara” (sent. 20/3/2015 n. 3, ribadito con la succ. sent. n. 9 del 2/11/2015).
L’omessa indicazione in offerta dei costi interni della sicurezza, secondo tali pronunce del Consiglio di Stato, comportava necessariamente l’esclusione del concorrente, senza possibilità di ricorrere al soccorso istruttorio “non potendosi consentire di integrare successivamente un’offerta dal contenuto inizialmente carente di un suo elemento essenziale”.
Ciò in base ad una lettura “costituzionalmente orientata” degli artt. artt. 87, comma 4, e 86, comma 3-bis, del D. Lgs. n. 163/2006 e dall’art. 26, comma 6, del D. Lgs. n. 81/2008 (relativi in realtà, vale rimarcare, alla verifica di congruità delle offerte, non già alla presentazione delle stesse).
Al riguardo, occorre pure rammentare che era stata rimessa alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea da alcuni T.A.R. (T.A.R. Piemonte, Ord., 16/12/2015, n. 1745; TAR Campania, Napoli, Ord., 27/1/2016, n. 451; T.A.R. Molise, sent. 12/2/2016, n. 77; T.A.R. Marche, Ord. 19/2/2016, n. 451) la questione pregiudiziale della (in)compatibilità della detta normativa nazionale, così come interpretata dal Consiglio di Stato con le due pronunce soprarichiamate, con i principi comunitari di tutela dell’affidamento e di certezza del diritto (unitamente ai principi di libera circolazione delle merci, di libertà di stabilimento e di libera prestazione di servizi), di diretta derivazione dal Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea (TFUE), oltre che con i principi che ne costituiscono il corollario di parità di trattamento, non discriminazione, mutuo riconoscimento, proporzionalità e trasparenza.
Ciò in quanto l’esclusione automatica del concorrente verrebbe disposta - in violazione dei detti principi – per l’asserita violazione di un obbligo non previsto nel bando di gara, né nei modelli predisposti dalla stazione appaltante, e pur a prescindere dal fatto che, nella sostanza, l’offerta rispetti i costi di sicurezza aziendale e l’operatore economico ne abbia tenuto debitamente conto nella formulazione dell’offerta.
Sotto questi profili si veda il successivo punto 6.
6. La questione, come poc’anzi detto, è giunta alla Corte di Giustizia Europea che, con ordinanza della Sesta Sezione, 10/10/2016, C‑140/16, ha affermato che “il principio della parità di trattamento e l’obbligo di trasparenza, come attuati dalla direttiva 2004/18/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 31 marzo 2004, relativa al coordinamento delle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori, di forniture e di servizi, devono essere interpretati nel senso che ostano all’esclusione di un offerente dalla procedura di aggiudicazione di un appalto pubblico a seguito dell’inosservanza, da parte di detto offerente, dell’obbligo di indicare separatamente nell’offerta i costi aziendali per la sicurezza sul lavoro, obbligo il cui mancato rispetto è sanzionato con l’esclusione dalla procedura e che non risulta espressamente dai documenti di gara o dalla normativa nazionale, bensì emerge da un’interpretazione di tale normativa e dal meccanismo diretto a colmare, con l’intervento del giudice nazionale di ultima istanza, le lacune presenti in tali documenti. I principi della parità di trattamento e di proporzionalità devono inoltre essere interpretati nel senso che non ostano al fatto di concedere a un tale offerente la possibilità di rimediare alla situazione e di adempiere detto obbligo entro un termine fissato dall’amministrazione aggiudicatrice”.
7. Dato conto della pronuncia della Corte di Giustizia europea, come anticipato nel punto 5, l’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato aveva tuttavia già mitigato il rigore applicativo delle precedenti pronunce n. 3 e n. 9 del 2015, con la sentenza del 27/7/2016 n. 19.
In diretta applicazione dei principi euro-unitari soprarichiamati, il Consiglio di Stato, infatti, aveva affermato il seguente principio di diritto “Per le gare bandite anteriormente all’entrata in vigore del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50, nelle ipotesi in cui l’obbligo di indicazione separata dei costi di sicurezza aziendale non sia stato specificato dalla legge di gara, e non sia in contestazione che dal punto di vista sostanziale l’offerta rispetti i costi minimi di sicurezza aziendale, l’esclusione del concorrente non può essere disposta se non dopo che lo stesso sia stato invitato a regolarizzare l’offerta dalla stazione appaltante nel doveroso esercizio dei poteri di soccorso istruttorio”.
In particolare, secondo quanto precisato dal Consiglio di Stato in motivazione, i principi di parità di trattamento, trasparenza e proporzionalità, unitamente a quelli di tutela dell’affidamento e di certezza del diritto, così come riaffermati di recente in un caso analogo dalla Corte di Giustizia UE (sent. 2/6/2016, causa C-27/15), precludono l’esclusione automatica del concorrente che, pur avendo tenuto conto degli oneri di sicurezza aziendali nella formulazione dell’offerta, non ne abbia specificato la relativa quota, quando tale obbligo non sia stato previsto dai documenti di gara, né sia stabilito da una norma di legge chiara ed univoca, ma derivi solo da un’interpretazione giurisprudenziale (così come formulata dall’Ad. Plen. n. 3 e n. 9 del 2015).
In tal caso l’esclusione automatica del concorrente, senza il preventivo doveroso esercizio del soccorso istruttorio, risulta sproporzionata ed iniqua, perché non sussiste alcuna carenza sostanziale dell’offerta, ma solo una mancanza formale, che non incide in alcun modo sul contenuto e sugli elementi essenziali dell’offerta.
8. Per quanto possa occorrere, infine, le indicazioni della giurisprudenza comunitaria e del Consiglio di Stato sono state recepite dall’ANAC nella propria deliberazione 11/01/2017, n. 2 relativa ad un’istanza di precontenzioso.
In quest’ultima deliberazione, infatti, si legge che: “In una gara indetta in vigenza del d.lgs. n. 50/2016, nella cui lex specialis non è previsto l’obbligo di indicare gli oneri di sicurezza aziendale, qualora il concorrente non li abbia indicati specificamente, l’amministrazione è tenuta ad applicare il principio del soccorso istruttorio entro i limiti indicati dalle Adunanze Plenarie n. 19 e 20 del 27 luglio 2016, nonché secondo i principi espressi dalla Corte di giustizia nella sentenza del 10 novembre 2016, ovvero previa verifica della natura sostanziale o formale dell’eventuale integrazione dell’indicazione degli oneri. Nel primo caso, infatti, il soccorso istruttorio non potrebbe essere esperito, in quanto il concorrente, formulando un’offerta economica senza considerare gli oneri di sicurezza, nel sanare la propria offerta, apporterebbe una modifica sostanziale all’offerta medesima, in violazione dei principi generali in materia dei contratti pubblici. Nel secondo caso, invece, avendo il concorrente indicato un prezzo comprensivo degli oneri di sicurezza, senza tuttavia chiarirne l’importo, l’amministrazione potrebbe procedere alla richiesta di integrazione mediante soccorso istruttorio, trattandosi di una specificazione formale di una voce, già prevista nell’offerta, ma non indicata separatamente”.
Non si escludono, tuttavia, ulteriori ripensamenti su tale delicata materia di cui si darà, ovviamente, conto.
© SONOINGARA_Riproduzione riservata