Concessione di servizi pubblici e concessione di lavori - Differenze (D.Lgs. 163/06)
Concessione di servizi pubblici e concessione di lavori - Dfferenze (D.Lgs. 163/06)
Nella concessione di servizi pubblici, il concessionario organizza e gestisce un’attività per soddisfare bisogni fondamentali della collettività, avvalendosi a tale scopo di beni ad essa strumentali.
Viceversa, nella concessione di costruzione e gestione di lavori pubblici, la gestione del servizio (ad es. di un parcheggio multipiano) è servente e strumentale rispetto alla costruzione delle opere. In particolare l’attribuzione della proprietà privata dell’opera al concessionario per la durata prevista dal piano economico e finanziario è necessaria a garantire i finanziatori, circa la solvibilità del soggetto finanziato, nonché a consentire la gestione dell’opera con criteri imprenditoriali. (Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 21.7.2015 n. 3631).
Per distinguere le due figure (concessione di servizi/concessione di costruzione e gestione di lavori pubblici) occorre utilizzare oltre al criterio della “prevalenza economica” (previsto dall’art. 14, co. 3 D.Lgs. 163/2006) anche il criterio “funzionale”. Pertanto:
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se la gestione del servizio è strumentale alla costruzione dell’opera, perché volta a consentire il reperimento dei finanziamenti necessari alla realizzazione: si ha concessione di lavori pubblici;
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se invece l’espletamento dei lavori è strumentale alla gestione del servizio pubblico: si ha una concessione di servizi pubblici.
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Concessione di servizi pubblici - Norme applicabili
Concessione di servizi pubblici nel D. Lgs. 163/06 e nel Nuovo Codice (D. Lgs. 50/206) - Norme applicabili
Nella normativa previgente alNuovo Codice dei contratti Pubblici (D. Lgs.50/2016) le concessioni di servizi erano regolate dall’art. 30 del D. Lgs. n. 163/2006 (Codice dei contratti pubblici di lavori, servizi e forniture).
In base al citato art. 30 D. Lgs. n. 163/2006, le concessioni di servizi venivano sottratte alla puntuale disciplina del diritto comunitario e del Codice dei contratti pubblici, rimanendo però applicabili alle stesse i principi desumibili dal Trattato europeo ed i principi generali relativi ai contratti pubblici (trasparenza, adeguata pubblicità, non discriminazione, parità di trattamento, mutuo riconoscimento, proporzionalità).
Le dette concessioni di servizi in base alla normativa previgente al Nuovo Codice dovevano essere affidate, nel rispetto dei richiamati principi, previa gara informale con invito ad almeno 5 (cinque) concorrenti, nel caso di sussistenza in tal numero di soggetti qualificati in relazione all'oggetto della concessione, con predeterminazione dei criteri selettivi.
Tra i principi applicabili secondo la giurisprudenza:
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rientrava la disciplina di cui all’art. 84, comma 10 del D. Lgs. 163/06, che imponeva la nomina dei commissari di gara e la costituzione della commissione dopo la scadenza del termine fissato per la presentazione delle offerte, atteso che tale norma era considerata dalla giurisprudenza come diretta espressione dei principi di trasparenza e di parità di trattamento (Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 14.3.2014 n. 1296)
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non vi rientrava, invece, la disciplina di cui all'art. 37, comma 13 del D. Lgs. 163/06 che imponeva ai concorrenti riuniti, già in sede di predisposizione dell'offerta, l'indicazione della quota di partecipazione al raggruppamento che doveva essere corrispondente alla quota di esecuzione delle prestazioni, atteso che tale disposizione non esprimeva un principio generale desumibile dal Trattato sul funzionamento dell'Unione europea ovvero dalla disciplina del previgente Codice dei Contratti pubblici. (Consiglio di Stato, Ad. Pl., sentenza del 30.1.2014 n. 7).
Il Nuovo Codice dei Contratti Pubblici (D. Lgs. 50/2016) ha recepito la Direttiva 2014/23/UE che ha introdotto una disciplina giuridica comune a livello europeo per i contratti di concessione.
La detta Direttiva afferma innanzitutto il principio di autorganizzazione delle Autorità pubbliche, riconoscendo alle stesse il diritto di decidere le modalità di gestione ritenute più appropriate per l’esecuzione di lavori e la fornitura di servizi, potendo le dette Autorità decidere di eseguire i lavori, le fornire o i servizi “in house”, ovvero invece di esternalizzare tali prestazioni affidandole in concessione a terzi (Vd. Dir. 2014/23/UE: Considerando nn. 5, 6 e 46 e art. 2).
Tale principio si trova affermato nell’art. 166 del Nuovo Codice dei Contratti Pubblici, che recepisce in maniera pressochè testuale il citato art. 2 della Direttiva.
Il Nuovo Codice dei Contratti Pubblici inoltre, diversamente dal previgente, prevede espressamente le norme applicabili alle concessioni. Difatti l’art. 164, comma 2, D. Lgs. 50/2016 statuisce l’applicazione ai contratti di concessione (di lavori pubblici o di servizi) delle disposizioni contenute nella Parte I e nella Parte II, del D. Lgs. 50/2016, relative a:
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principi generali, esclusioni, modalità e procedure di affidamento, modalità di pubblicazione e redazione dei bandi e degli avvisi di gara, requisiti generali e speciali e motivi di esclusione, criteri di aggiudicazione, modalità di comunicazione ai candidati e agli offerenti, requisiti di qualificazione degli operatori economici, termini di ricezione delle domande di partecipazione alla concessione e delle offerte, alle modalità di esecuzione.
L’applicazione delle dette disposizioni è tuttavia prevista dal citato art. 164, comma 2, D. Lgs. 50/2016, nei limiti della compatibilità, lasciando in tal modo ancora una volta all’interprete il compito di individuare quali siano esattamente le disposizioni applicabili, considerato che il richiamato comma 2 non contiene un rinvio espresso agli articoli della Parte I e II applicabili alle concessioni, ma individua la normativa “per temi” (principi generali, esclusioni etc.).
Sicchè scorrendo il contenuto degli articoli delle Parti I e II del D.Lgs. 50/2016, sembrerebbero applicabili alle concessioni in buona sostanza quantomeno gli articoli da 1 a 113.
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