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Nella Gazzetta Ufficiale n. 231 del 4 ottobre 2018 è stato pubblicato il decreto-legge 4 ottobre 2018, n. 113, recante “Disposizioni urgenti in materia di protezione internazionale e immigrazione, sicurezza pubblica, nonché misure per la funzionalità del Ministero dell'interno e l'organizzazione e il funzionamento dell'Agenzia nazionale per l'amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata”, convertito in legge n. 132 del 1° dicembre 2018, di cui si darà quindi opportunamente conto nella presente voce. Il decreto-legge n. 113/2018, comunemente definito come “Decreto Sicurezza”, è entrato in vigore lo scorso 5 ottobre 2018. Fra i numerosi articoli di cui è composto di particolare rilievo sono gli artt. 24, 25 e 26 che modificano, rispettivamente, l'art. 67, d.lgs. 6 settembre 2011, n. 159/2011 in tema di codice antimafia, l’art. 21, legge 13 settembre 1982, n. 646 in tema di subappalto e l’art. 99, d.lgs. 9 aprile 2008, n. 81 in tema di notifica preliminare dei lavori.

Dopo pochi giorni dall'entrata in vigore della legge n. 132/2018, inoltre, il Ministero dell'interno ha diramato la circolare n. 83774 del 18 dicembre 2018 (allegata in pdf per pronta consultazione), con la quale sono illustrate le principali novità introdotte dal cd. Decreto Sicurezza.

 

Cause antimafia

Innanzitutto, con l’art. 24, comma 1, lettera d), decreto-legge n. 113/2018, convertito, con modificazioni, nella l. 132/2018, sono state estese  le cause ostative antimafia di cui all’art. 67, D. Lgs. 159/2011 introducendovi anche quello relative alla condanna con sentenza definitiva o, ancorché non definitiva, confermata in grado di appello, per i reati di truffa ai danni dello Stato o altro ente pubblico [art. 640, secondo comma, numero 1) cod. pen.] e per quello di truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche (art. 640-bis c.p.).

L’obiettivo, ribadito dalla circolare ministeriale, è colmare la lacuna normativa considerato che “i reati di truffa ai danni dello Stato nonostante siano nella prassi le attività delittuose poste in essere più frequentemente per ottenere il controllo illecito degli appalti, non figura[va]no tra le ipotesi rilevanti al fine del diniego del rilascio della documentazione antimafia”.

 

Subappalto non autorizzato

Le modificazioni dell’art. 25, d.l. 113/2018 (non mutate sul punto dalla legge n. 132/2018) attengono, in primo luogo, alla natura delle sanzioni che passano dall’arresto alla reclusione e dall’ammenda alla multa.

In questo modo, secondo quanto previsto dagli artt. 39 e 17 cod. pen., il reato di subappalto non autorizzato di cui all’art. 21, legge n. 646/1982 e succ. mod. non è più qualificabile giuridicamente come contravvenzione, bensì come delitto. In secondo luogo, le sanzioni così mutate sono state aumentate nel minimo e massimo edittale. Come per il passato, comunque, le sanzioni operano sempre nei confronti:

(a) di chiunque conceda anche di fatto “in subappalto o a cottimo, in tutto o in parte le opere stesse, senza l'autorizzazione dell'autorità competente”. Tale soggetto è punito oggi con “la reclusione da uno a cinque anni e con la multa” non inferiore ad un terzo del valore dell'opera concessa in subappalto o a cottimo e non superiore ad un terzo del valore complessivo dell'opera ricevuta in appalto;

(b) del subappaltatore e dell’affidatario del cottimo. Tale soggetto è punito oggi con “la reclusione da uno a cinque anni e la multa” pari ad un terzo del valore dell'opera ricevuta in subappalto o in cottimo.

Tuttavia, la variazione in delitto dell’originaria contravvenzione, dovuta al solo mutamento della natura delle sanzioni, rischia di vanificare l’effetto deterrente connesso al loro aumento. Detto altrimenti, in base al testo dell’art. 42 cod. pen. in tema di formulazione dei delitti colposi, il subappalto non autorizzato di cui all’art. 21, legge n. 646/1982 viene adesso punito con la reclusione e la multa e, in quanto “delitto”, può essere perseguito solo in caso di dolo, mentre in precedenza sarebbe stata sufficiente la semplice colpa ai fini della sussistenza della “contravvenzione” subappalto non autorizzato. Nonostante la presentazione di numerosi emendamenti al decreto n. 113/2018, in sede di conversione in legge del provvedimento d’urgenza, non si è posto rimedio a tale distonia di carattere sistematico che potrebbe costituire un tipico caso di eterogenesi dei fini.

Notifica preliminare dei lavori

In seguito alle modifiche apportate dall’art. 26, d.l. 113/2018, poi, la notifica preliminare dei lavori prescritta dall’art. 99, comma 1, d.lgs. 81/2008 e succ. mod. (cd. Testo Unico Sicurezza) doveva essere inviata inizialmente non solo (come avveniva in passato) alla ASL e alla Direzione Provinciale del Lavoro territorialmente competenti, ma anche alla Prefettura della Provincia in cui devono essere realizzati i lavori di cui al medesimo art. 99. La necessità di notificare preliminarmente i lavori anche alla Prefettura appariva riconducibile, seppure implicitamente, ai poteri di accertamento e di accesso ai cantieri pubblici previsti nell’art. 93, d.lgs. 6 settembre 2011 n. 159 e succ. mod. (cd. Codice antimafia) il cui ambito applicativo, in questo modo, era esteso ai lavori privati.

In ogni caso, la notifica preliminare ex art. 99, TUS è obbligatoria per i seguenti lavori:

- cantieri indicati nell'articolo 90, comma 3, TUS, ossia i cantieri in cui è prevista la designazione del coordinatore per la progettazione;

- cantieri che, inizialmente non soggetti all'obbligo di notifica preliminare, ricadono nell’ipotesi precedente per effetto di varianti sopravvenute in corso d'opera (ad es. sopravvenuta nomina coordinatore per l’esecuzione dei lavori);

- cantieri in cui opera un'unica impresa la cui entità presunta di lavoro non sia inferiore a duecento uomini-giorno.

Per completezza, si rammenta che la mancata trasmissione della notifica preliminare dei lavori è punita con la sanzione amministrativa pecuniaria da € 558,41 ad € 2.010,28 ex art. 157, comma 1, lett. c), TUS, mentre ai sensi dell’art. 90, comma 10, TUS, l’assenza della notifica preliminare comporta la sospensione dell’efficacia del titolo abilitativo edilizio. Con le modificazioni apportate in sede di conversione del decreto-legge n. 113/2018, infine, la notifica preliminare dovrà essere trasmessa al Prefetto nei soli casi di "lavori pubblici". 

In sintesi, per i lavori pubblici, i destinatari della notifica preliminare saranno tre: Ufficio Territoriale di Governo, Direzione Provinciale del Lavoro (oggi, Ispettorato Territoriale del Lavoro) e Azienda Sanitaria Locale, mentre per i lavori privati, invece, solo queste ultime due autorità dovranno essere destinatarie della notifica preliminare.

Nella consapevolezza che l’estensione della notifica preliminare ai Prefetti possa ingolfare le Prefetture di notizie poco utili, poi, la circolare ministeriale invita le Prefetture a promuovere tavoli tecnici volti, da un lato, a far conoscere l’ambito applicativo della novella legislativa e, dall’altro, a sistematizzare le informazioni acquisite tramite la notifica preliminare fra le varie forze dell’ordine preposte alla vigilanza sui cantieri.

© SONOINGARA_Riproduzione riservata

 

 

 

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