Con la sentenza n. 625 del 15 febbraio 2016 la V sezione del Consiglio di Stato (in riforma della sentenza pronunciata in primo grado dal T.A.R. Campania, Sez. staccata Salerno, I, n. 741 del 7 aprile 2015, entrambe allegate in PDF per comodità di consultazione), affronta e risolve una problematica del tutto peculiare (per cui non si rinvengono precedenti né in dottrina, né in giurisprudenza).
Si tratta della questione - particolarmente significativa per i riflessi che ne derivano sul rispetto della par condicio e sull’esito della gara -, costituita dalla valorizzazione delle migliorie presentate in sede di offerta tecnica dai concorrenti e dall’incidenza che ne deriva sulla percentuale di ribasso offerta sul prezzo, quale elemento dell’offerta economicamente più vantaggiosa.
La questione è tutt’oggi di attualità anche alla luce del Nuovo Codice (D. Lgs. 50/2016) ed anzi ha acquisito ancora maggior interesse, atteso che l’offerta economicamente più vantaggiosa, costituisce ora (in attuazione della legge delega 11/2016) il criterio generale di aggiudicazione dei contratti pubblici.
La problematica in esame, derivava sotto il vigore del D. Lgs. 163/06, da un difetto di coordinamento delle norme sui criteri di aggiudicazione (recate dagli artt. 82 ed 83 del D. Lgs. 163/06, in combinato disposto con gli artt. 118 e 119 del D.P.R. 207/2010) con la norma (art. 76 del D. Lgs. 163/06) relativa alle varianti progettuali in offerta.
Il detto difetto di coordinamento, non solo persiste, ma risulta ulteriormente accentuato dalla scarna disciplina dell’art. 95 D. Lgs. 50/2016 (Criteri di aggiudicazione dell’appalto), nonché dall’abrogazione delle citate disposizioni del D.P.R. 207/2016 ad opera del Nuovo Codice.
Né vi sono indicazioni al riguardo nelle Linee Guida n. 2 recanti indicazioni operative alle stazioni appaltanti in materia di “Offerta economicamente più vantaggiosa” adottate dall’ANAC (Det. n. 1005 del 21/9/2016, in G.U. n. 238 dell’11/10/2016).
Ulteriore elemento di interesse della decisione in esame è rappresentato, quanto al profilo risarcitorio, dal criterio individuato in sentenza per la determinazione del mancato utile, che viene ritenuto ritraibile dal procedimento di verifica dell’anomalia delle offerte (ex art. 86 ss. D. Lgs. 163/06).
Di seguito l’esame della sentenza in rassegna e della soluzione proposta
La decisione
Con la sentenza in rassegna, la sez. V del Consiglio di Stato, in riforma della pronuncia di primo grado, ha riconosciuto l’illegittimità dell’aggiudicazione per violazione della par condicio tra i concorrenti, avendo l’aggiudicataria formulato la propria offerta economica in maniera difforme rispetto al dettato dalla lex specialis, falsando in conseguenza la graduatoria ed il risultato della gara.
Ciò in quanto, come risultante agli atti di causa, la percentuale di ribasso offerta dall’aggiudicataria (diversamente dagli altri concorrenti, attenutisi invece alle indicazioni della lex specialis), non rappresentava il ribasso unitario sull’elenco prezzi a base di gara predisposto dalla stazione appaltante, bensì la risultante dei singoli ribassi offerti sulle voci di tale elenco e delle migliorie tecniche offerte dalla stessa aggiudicataria.
Accertata l’illegittimità dell’aggiudicazione, quindi, il Consiglio di Stato ha riconosciuto in favore dell’appellante il (solo) risarcimento per equivalente, considerato che nelle more del giudizio, il contratto era già stato stipulato ed eseguito, ed ha enunciato i criteri da applicare - ai sensi dell’art. 34, comma 3, CPA -, ai fini della determinazione del ristoro del mancato utile, ritenendo di non dover riconoscere per tale voce “la misura del 10% del ribasso offerto” dall’appellante, così come richiesto nella domanda.
Tale percentuale, tradizionalmente ricavata per analogia dall’art. 345 della L. n. 2248/1865, all. F) sugli appalti pubblici, secondo la pronuncia in rassegna – che richiama sul punto la consolidata giurisprudenza del Consiglio di Stato - deve infatti considerarsi superata ed irrilevante.
Quanto sopra, sia in considerazione del rischio di indebito arricchimento che può comportare il riconoscimento del risarcimento nella citata percentuale fissa del 10%, a fronte delle percentuali di utile netto notoriamente inferiori praticate dalle imprese, sia in ragione dell’art. 124, comma 1 CPA, da cui deriva la necessità di “fornire una dimostrazione effettiva della misura dell’utile ritraibile dall’appalto illegittimamente aggiudicato a terzi”.
D’altra, parte, giacchè il mancato utile costituisce una voce di danno ascrivibile al lucro cessante ex art. 1223 Cod. Civ., quale incremento patrimoniale atteso e non conseguito a causa del fatto ingiusto altrui, “l’onere probatorio non può essere applicato in senso rigoroso, essendo sufficiente una ‘prova di verosimiglianza”.
Sicchè, in armonia con “le specificità della figura del risarcimento del danno da mancata aggiudicazione di contratti pubblici e più in generale della responsabilità della pubblica amministrazione da illegittimità provvedimentale”, la quantificazione del mancato utile, per quanto statuito dalla sentenza in rassegna, può essere effettuata in fase di esecuzione della condanna.
Per l’effetto, la stazione appaltante, ai fini della quantificazione del danno, è tenuta a formulare le proprie valutazioni mediante “il procedimento di verifica dell’utile di impresa incorporato nel ribasso offerto in sede di gara, sulla falsariga di quanto solitamente avviene nel sub-procedimento di verifica dell’anomalia” ex art. 86 ss. del D. Lgs. 163/06.
Inoltre, giacchè è stata ritenuta sussistente nella sentenza in rassegna, quanto all’obbligazione risarcitoria, la solidarietà nei rapporti interni tra la stazione appaltante e l’aggiudicataria (accertata come illegittima in ragione del contenuto dell’offerta formulata)[1], ne è stata disposta la partecipazione al detto procedimento, con obbligo a carico della medesima di formulare le proprie osservazioni alla stazione appaltante, prima che quest’ultima formuli “la propria offerta” all’appellante.
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Tanto sinteticamente richiamato circa il contenuto della sentenza, si osserva che essa merita particolare attenzione per due ordine di motivi.
Il primo attiene alla questione, del tutto peculiare, costituita dal rapporto tra la percentuale di ribasso offerta dai concorrenti sul prezzo a base di gara e la (possibile) incidenza sulla stessa percentuale delle migliorie offerte ai sensi dell’art. 76 del D. Lgs. 163/06, valutate come elementi qualitativi del criterio di aggiudicazione dell’offerta economicamente più vantaggiosa.
La sezione, infatti, affronta e risolve un aspetto che non risulta espressamente disciplinato dalla normativa (neppure nel Nuovo Codice costituito dal D.Lgs. 50/2016), ma che si presenta, invece, gravido di conseguenze sul corretto espletamento della procedura di gara e del rispetto della par condicio, nonché sull’esito della procedura.
Il secondo profilo di interesse, attiene al tema non meno rilevante siccome incidente sull’effettività della tutela del ricorrente, della quantificazione del danno per equivalente.
Al riguardo, la pronuncia in rassegna indica quale criterio utilizzabile (ai sensi dell’art. 34, co. 4 CPA) per la determinazione dell’utile riconoscibile al ricorrente cui sia stata illegittimamente denegata l’aggiudicazione, il criterio desunto dal procedimento di verifica dell’anomalia delle offerte (ex art. 86 ss. D. Lgs. 163/06).
Il ribasso sul prezzo a base di gara e l’incidenza delle migliorie offerte dai concorrenti ai sensi dell’art. 76 del D. Lgs. 163/06.
La fattispecie oggetto della sentenza attiene ad una procedura aperta per la realizzazione di lavori di ristrutturazione ed ampliamento di un fabbricato (foresteria) destinato a struttura ricettiva di un Centro Sportivo, di importo inferiore alle soglia comunitaria (precisamente pari ad € 3.303.873.76, oltre IVA).
Per quanto qui di interesse, il bando prevedeva che i lavori fossero aggiudicati a corpo, con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, ai sensi dell’art. 53, comma 2, lettera a) del D. Lgs. n.163/2006 e dell’art. 83 del D. Lgs. n.163/2006[2], secondo i criteri di valutazione e la relativa ponderazione stabiliti dal bando, ponendo a base di gara il progetto esecutivo, da migliorare – ai sensi dell’art. 76 D. Lgs. 163/06 – mediante l’offerta tecnica.
L’offerta economicamente più vantaggiosa risultava determinata sia dagli elementi quantitativi del “Prezzo“ e del “Tempo“ da inserire nell’offerta economica e temporale, cui venivano attribuiti rispettivamente 10 punti ciascuno, sia dagli elementi di natura qualitativa, dettagliati nel bando e costituenti l’offerta tecnica, cui venivano attribuiti complessivamente 80 punti, suddivisi nei sub criteri indicati dal bando.
In particolare, la lex specialis, in applicazione del citato art. 76 del D. Lgs. n. 163 del 2006[3], stabiliva con chiarezza che per le opere definite “obbligatorie”, il progetto esecutivo a base di gara costituiva l’opera attesa dalla stazione appaltante, da realizzare a cura dell’appaltatore e che, d’altra parte, in sede di offerta il concorrente avrebbe potuto proporre varianti migliorative alle dette opere obbligatorie.
In maniera altrettanto inequivoca, la lex specialis stabiliva che:
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le proposte tecniche relative a migliorie o integrazioni al progetto esecutivo, non avrebbero comportato alcun maggiore onere, indennizzo, rimborso, adeguamento o altro a carico della Stazione Appaltante, né al momento della realizzazione, né nella successiva gestione e che, pertanto, l’importo contrattuale determinato in base all’offerta economica dovesse rimanere insensibile alla detta offerta tecnica.
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Nella predisposizione e presentazione dell’offerta economica, a pena d’esclusione, i concorrenti dovessero: a) indicare il prezzo complessivo offerto ed il ribasso percentuale con l’ulteriore precisazione che il ribasso da presentare dovesse consistere nel “ribasso percentuale sull’elenco prezzi posto a base di gara al netto degli oneri della sicurezza” e che le opere e forniture relative alle migliorie ed integrazioni proposte con l’offerta tecnica sarebbero state valutate e considerate come opere da eseguire a corpo ad esclusivo carico dell’impresa concorrente; b) inserire nell’offerta economica anche un computo metrico estimativo “di offerta” rimodulato in funzione degli adeguamenti, miglioramenti e/o integrazioni apportate al progetto esecutivo a base di gara, nonché un “computo metrico estimativo di raffronto” tra i prezzi delle lavorazioni del progetto esecutivo a base di gara e quelle del progetto esecutivo rimodulato in funzione degli adeguamenti, miglioramenti e/o integrazioni offerti dal concorrente.
In sostanza, cioè, la Stazione Appaltante ha applicato “analogicamente” il criterio del massimo ribasso “sull’elenco dei prezzi”, previsto per il criterio del prezzo più basso dall’art. 118, comma 1, lett. a), D.P.R. n. 207/2010 relativamente ai contratti «da stipulare a misura», nell’ambito di una gara in cui, invece, il criterio di aggiudicazione prescelto è quello dell’offerta economicamente più vantaggiosa ed il corrispettivo è stato fissato a corpo.
La Stazione Appaltante, quindi, avrebbe dovuto (semplicemente) applicare il massimo ribasso sull’importo dei lavori a corpo, non già il massimo ribasso sull’elenco prezzi (art. 118, comma 1, lett. b, D.P.R. 207/2010).
Orbene, tutti i concorrenti in conformità alle previsioni della lex specialis, hanno presentato la propria offerta economica formulando un ribasso percentuale unico sull’elenco prezzi predisposto dalla stazione appaltante, fatta eccezione per la sola aggiudicataria.
Quest’ultima, infatti, anziché presentare un unico ribasso sull’elenco prezzi a base di gara, ha offerto un ribasso che costituiva la risultante, dei ribassi (diversificati) apportati sulle singole voci del detto elenco, nonché della valorizzazione delle migliorie presentate come offerta tecnica.
In altre parole, l’aggiudicataria anziché formulare un ribasso unitario sull’elenco prezzi a base di gara, ha offerto una percentuale di ribasso derivante dal valore economico della propria offerta tecnica, con ciò rendendo disomogenee le offerte e violando la par condicio tra i concorrenti.
Com’è stato efficacemente evidenziato dal Consiglio di Stato in motivazione, mediante le descritte modalità di predisposizione dell’offerta, la Stazione Appaltante ha inteso perseguire una duplice finalità:
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da un lato, quella di scindere gli aspetti tecnici delle offerte (migliorie al progetto esecutivo a base di gara) da quelli economici (il prezzo: rilevante invece nell’ambito dell’offerta economica), ponendo esplicitamente a carico dell’appaltatore gli oneri (eventualmente) derivanti dalle migliorie;
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d’altro canto, in tal modo, la Stazione Appaltante ha posto le basi per comparare i prezzi formulati dai concorrenti secondo parametri omogenei e salvaguardare la par condicio tra i concorrenti.
Una volta espletata la gara, evidentemente, il progetto esecutivo, così come eventualmente modificato per effetto delle migliorie offerte, avrebbe costituito il progetto da allegare al contratto di appalto, onde identificarne l’oggetto ai sensi degli artt. 1325 e 1346 Cod. Civ., verso il pagamento del corrispettivo a corpo.
La soluzione proposta
A ben vedere, il Consiglio di Stato ha qui affrontato e risolto in maniera perspicua un aspetto che in effetti non risulta compiutamente disciplinato dalla normativa, giacchè deriva dal difetto di coordinamento delle norme sui criteri di aggiudicazione, recate dagli artt. 82 ed 83 del D. Lgs. 163/06 (in combinato con gli artt. 118 e 119 del D.P.R. 207/2010) con l’art. 76 del D. Lgs. 163/06.
Difatti, il citato art. 83 (“Criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa”) del D. Lgs. 163/06, pur indicando tra gli elementi utilizzabili nell’ambito del detto criterio di aggiudicazione[4], quello costituito dal prezzo, nulla precisa sul modo in cui il medesimo debba essere determinato.
A sua volta, l’art. 82 del D. Lgs. 163/06, per quanto qui di interesse, stabilisce che il prezzo più basso, inferiore a quello posto a base di gara, sia individuato:
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per i contratti il cui corrispettivo è stabilito a misura: mediante ribasso sull'elenco prezzi posto a base di gara ovvero mediante offerta a prezzi unitari;
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per i contratti il cui corrispettivo è stabilito a corpo: mediante ribasso sull'importo dei lavori a base di gara ovvero mediante offerta a prezzi unitari;
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per i contratti il cui corrispettivo è stabilito parte a corpo e parte a misura: mediante (la sola) offerta a prezzi unitari.
L’art. 118, comma 2 del D.P.R. 207/2010, per i contratti a corpo, statuisce che ai sensi dell’art. 53, comma 4 D. Lgs. 163/06 “il prezzo convenuto non può essere modificato sulla base della verifica della quantità o della qualità della prestazione, per cui il computo metrico-estimativo, posto a base di gara ai soli fini di agevolare lo studio dell'intervento, non ha valore negoziale. Prima della formulazione dell'offerta, il concorrente ha l'obbligo di controllarne le voci e le quantità attraverso l'esame degli elaborati progettuali e pertanto di formulare l'offerta medesima tenendo conto di voci e relative quantità che ritiene eccedenti o mancanti. L'offerta va inoltre accompagnata, a pena di inammissibilità, dalla dichiarazione di aver tenuto conto delle eventuali discordanze nelle indicazioni qualitative e quantitative delle voci rilevabili dal computo metrico estimativo nella formulazione dell'offerta, che, riferita all'esecuzione dei lavori secondo gli elaborati progettuali posti a base di gara, resta comunque fissa ed invariabile.”
Analoga dichiarazione, a pena di inammissibilità dell’offerta, a rafforzamento del principio di autoresponsabilità dei concorrenti, è richiesta dall’art. 119, comma 5 del D.P.R. 207/2010, relativamente al criterio dell’offerta prezzi unitari.
In entrambi i casi a ben vedere si realizza – per espressa volontà del legislatore – una sorta di “cesura” logica, prima ancora che giuridica, tra la fase della presentazione dell’offerta e quella successiva, della stipulazione ed esecuzione del contratto, giacchè al fine di “cristallizzare” il prezzo a corpo (ove il rischio delle quantità e della qualità delle prestazioni resta a carico dell’appaltatore), viene espressamente stabilito che il computo metrico - estimativo a base di gara, viene messo a disposizione dei concorrenti al solo fine di agevolare lo studio dell'intervento, ma esso non ha alcun valore negoziale, non è cioè destinato a far parte dei documenti contrattuali.
Ancor più accentuata si presenta la detta cesura quando – com’è nel caso di specie – il prezzo costituisce, non già esso stesso il criterio di aggiudicazione, bensì concorre a determinare, costituendone un elemento quantitativo, il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa e questa preveda quali elementi qualitativi, migliorie al progetto a base di gara ai sensi dell’art. 76 D. Lgs. 163/06.
In tal caso infatti, si pone necessariamente all’attenzione della Stazione Appaltante, il tema della valorizzazione delle dette migliorie e del loro impatto sull’offerta economica, ferma restando l’esigenza di salvaguardare la par condicio tra i concorrenti che costituisce uno dei principi cardine delle procedure di scelta del contraente dell’amministrazione.
Orbene il detto principio appare più facilmente salvaguardato qualora, ai fini della presentazione dell’offerta economica, la lex specialis richieda ai concorrenti di formulare il ribasso percentuale sull’importo complessivo dei lavori a base di gara.
In tal caso, infatti, ciascun concorrente, è in sostanza tenuto a “ridurre ad unità” la valorizzazione delle migliorie, facendola confluire nella determinazione dell’unico ribasso percentuale offerto sull’ammontare complessivo dei lavori.
Viceversa, qualora la lex specialis preveda, invece, che l’elemento “prezzo” dell’offerta economicamente più vantaggiosa, sia determinato mediante la formulazione del ribasso sull’elenco prezzi a base di gara, la salvaguardia della par condicio tra i concorrenti risulta ben più ardua da assicurare. Ciò in quanto, l’offerta delle migliorie (ex art. 76 D. Lgs. 163/06) comporta di per sé la necessità di integrare e/o variare l’elenco prezzi a base di gara, anche ai fini della predisposizione del nuovo computo metrico estimativo.
Quindi (come avveratosi nel caso di specie per l’aggiudicatario), la formulazione di un’unica percentuale di ribasso, quale risultante dalla valorizzazione delle migliorie e dai singoli ribassi praticati sull’elenco prezzi a base di gara, determina (pressochè) inevitabilmente una violazione della par condicio tra i concorrenti, con la conseguente illegittimità dell’aggiudicazione.
Ai fini della salvaguardia del detto principio, perciò, qualora la Stazione Appaltante, ricorra alla determinazione dell’elemento prezzo mediante ribasso percentuale sull’elenco prezzi a base di gara, non rimane che seguire la strada tracciata dalla sentenza in rassegna, realizzando una “cesura” tra la documentazione di gara e quella destinata ad essere trasfusa nel contratto.
La rilevata mancanza di coordinamento tra le norme che regolano i criteri di aggiudicazione e le potenziali ricadute negative sulla legittimità del procedimento di scelta del contraente, non è stata purtroppo chiarita dal Nuovo Codice (D. Lgs. 50/2016)[5], che anzi prevede una disciplina quanto mai scarna all’art. 95 del D.Lgs. 50/2016, né dalle Linee Guida n. 2 recanti indicazioni operative alle stazioni appaltanti in materia di “Offerta economicamente più vantaggiosa” adottate dall’ANAC con Determinazione n. 1005 del 21 settembre 2016 (pubblicate nella G.U. n. 238 dell’11/10/2016).
La mancanza di qualsivoglia indicazione al riguardo (alle varianti in offerta sono dedicate 3 righe a p. 6, sulle 17 pagine delle Linee Guida n. 2) è peraltro tanto più grave, atteso che il criterio di aggiudicazione dell’offerta economicamente più vantaggiosa, costituisce nel Nuovo Codice appalti e concessioni (in attuazione della legge delega 11/2016), il criterio generale di aggiudicazione degli appalti e delle concessioni e le stazioni appaltanti che intendano derogare allo stesso utilizzando il criterio del minor prezzo, ai sensi dell’art. 95, comma 5 D. Lgs. 50/2016, devono dare adeguata motivazione della scelta effettuata ed esplicitare nel bando di gara il criterio utilizzato per la selezione della migliore offerta.
Ed in maniera ancora più innovativa, addirittura, vale evidenziare che il Nuovo Codice, prevede altresì all’art. 95, co. 7, che l’elemento relativo al costo possa assumere (nei casi previsti dal comma 2 dello stesso articolo) la forma di un prezzo o costo fisso, sulla base del quale gli operatori economici competono solo in base ai criteri qualitativi.
Sicchè la problematica posta all’attenzione del Consiglio di Stato, risulta tutt’ora d’interesse e di piena attualità.
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La quantificazione del danno per equivalente – Il criterio desunto dal procedimento di verifica dell’anomalia delle offerte.
Per quanto sopra richiamato, la sentenza in rassegna, accertata l’illegittimità dell’aggiudicazione, ha riconosciuto in favore dell’appellante il (solo) risarcimento per equivalente, considerato che nelle more del giudizio, il contratto era già stato stipulato ed eseguito, ed ha enunciato i criteri da applicare - ai sensi dell’art. 34, comma 4, CPA -, ai fini della determinazione del ristoro del mancato utile, ritenendo di non dover riconoscere per tale voce “la misura del 10% del ribasso offerto” dall’appellante, così come richiesto nella domanda[6].
Sul punto, la Sezione - richiama la consolidata giurisprudenza del Consiglio di Stato[7] - e ritiene irrilevante la citata percentuale in misura fissa, tradizionalmente ricavata per analogia dall’art. 345 della L. n. 2248/1865, all. F) sugli appalti pubblici.
Ciò sia in considerazione del rischio di indebito arricchimento che può comportare il riconoscimento del risarcimento nella citata percentuale fissa del 10% (a fronte di percentuali di utile notoriamente inferiori esposte dalle imprese nelle offerte e in sede di verifica di anomalia), sia in ragione dell’art. 124, comma 1 CPA, da cui deriva la necessità di “fornire una dimostrazione effettiva della misura dell’utile ritraibile dall’appalto illegittimamente aggiudicato a terzi”.
Come noto, infatti, facendo leva sul binomio “subito e provato” contenuto nell’art. 124, comma 1, ultimo periodo CPA, la giurisprudenza ne ha da tempo tratto la conseguenza dell’inapplicabilità del detto criterio forfettario e della necessità della prova rigorosa da parte del ricorrente circa l’ammontare effettivo dell’utile che avrebbe conseguito in caso di aggiudicazione dell’appalto[8].
Nel caso di specie, tuttavia, il Consiglio di Stato, rilevando che il mancato utile costituisce una voce di danno ascrivibile al lucro cessante ex art. 1223 Cod. Civ., in quanto incremento patrimoniale atteso e non conseguito a causa del fatto ingiusto altrui, statuisce che “l’onere probatorio non può essere applicato in senso rigoroso, essendo sufficiente una “prova di verosimiglianza” e che la quantificazione del mancato utile può essere effettuata in fase di esecuzione della condanna.
Vale qui rilevare che, se per un verso tale statuizione consente all’appellante di superare l’ostacolo costituito dal mancato (pieno) assolvimento dell’onere probatorio richiesto, tuttavia suscita qualche perplessità circa l’effettività della tutela in tal modo accordata al ricorrente, stante l’articolata complessità del percorso all’uopo delineato.
Al riguardo, pare opportuno richiamare quanto affermato dalla Corte di Giustizia dell’Unione Europea nella nota sentenza del 30 settembre 2010, n. C-314/09[9], secondo cui, qualora non sia riconosciuta al ricorrente tutela in forma specifica (con la declaratoria di inefficacia del contratto illegittimamente stipulato), deve comunque essere riconosciuto, d’ufficio e senza necessità di provare l’elemento soggettivo (colpa della P.A.), il risarcimento del danno per equivalente.
Il risarcimento per equivalente previsto dalla detta Direttiva europea (e dall’art. 124, comma 1 CPA, nell’Ordinamento interno) costituisce, non già un mezzo risarcitorio in senso stretto, bensì una modalità sostitutiva della tutela in forma specifica, con la sostituzione del bene della vita costituito dall’aggiudicazione, con il suo surrogato in termini economici[10].
Orbene,a fronte dell’acclarata illegittimità dell’aggiudicazione, l’appellante non solo non ha potuto ottenere il bene della vita cui aspirava (l’aggiudicazione), ma per ottenere il surrogato in termini economici deve affrontare un articolato percorso.
Secondo la sentenza in rassegna, infatti, la stazione appaltante è tenuta a formulare le proprie valutazioni mediante “il procedimento di verifica dell’utile di impresa incorporato nel ribasso offerto in sede di gara, sulla falsariga di quanto solitamente avviene nel sub-procedimento di verifica dell’anomalia” ex art. 86 ss. del D. Lgs. 163/06, formulando all’appellante “un’offerta di risarcimento del danno corrispondente all’utile netto ritraibile dall’offerta presentata da questa in sede di gara, qualora la misura di utile sia desumibile dall’offerta da essa presentata in gara.”
Nel caso contrario, la Stazione appaltante – sulla falsariga del procedimento di verifica dell’anomalia – potrà valutare l’opportunità di acquisire dall’appellante i necessari dati, informazioni e chiarimenti, e conseguente obbligo di quest’ultimo di fornire “un dettaglio analitico ed adeguatamente giustificato di tutte le componenti economiche dell’offerta medesima, ivi compresi i costi aziendali fissi e l’incidenza dell’imposizione fiscale sull’utile lordo, così da dare plausibile contezza del risultato netto che le stesse avrebbero conseguito in caso di esecuzione dell’appalto.”
Inoltre, attesa la ritenuta solidarietà nei rapporti interni tra la stazione appaltante e l’aggiudicataria[11], se ne dispone la partecipazione al detto procedimento con ulteriore aggravio dello stesso, con obbligo a carico dell’aggiudicataria di formulare le proprie osservazioni alla stazione appaltante, prima che quest’ultima formuli “la propria offerta” all’appellante nel termine all’uopo fissato dalla sentenza.
Avv. Rossana Saraceni
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[1]Cons. Stato, Sez. V, 22 gennaio 2015, n. 285 (Par. 6.2); Cons. Stato, Sez. VI, 15 ottobre 2012, n. 5279
[2] Art. 83 D. Lgs. 163/06 - Criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa: “Quando il contratto è affidato con il criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa, il bando di gara stabilisce i criteri di valutazione dell'offerta, pertinenti alla natura, all'oggetto e alle caratteristiche del contratto, quali, a titolo esemplificativo: a) il prezzo; b) la qualità; c) il pregio tecnico; d) le caratteristiche estetiche e funzionali; e) le caratteristiche ambientali e il contenimento dei consumi energetici e delle risorse ambientali dell'opera, del servizio o del prodotto, anche con riferimento alle specifiche tecniche premianti previste dai criteri ambientali minimi di cui ai decreti attuativi del Piano d'azione per la sostenibilità ambientale dei consumi nel settore della pubblica amministrazione, adottati ai sensi del decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare 11 aprile 2008, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 107 dell'8 maggio 2008, e successive modificazioni; e-bis) il possesso di un marchio di qualità ecologica dell'Unione europea (Ecolabel UE) in relazione ai beni o servizi oggetto del contratto, in misura pari o superiore al 30 per cento del valore delle forniture o prestazioni oggetto del contratto stesso; f) il costo di utilizzazione e manutenzione, avuto anche riguardo ai consumi di energia e delle risorse naturali, alle emissioni inquinanti e ai costi complessivi, inclusi quelli esterni e di mitigazione degli impatti dei cambiamenti climatici, riferiti all'intero ciclo di vita dell'opera, bene o servizio, con l'obiettivo strategico di un uso più efficiente delle risorse e di un'economia circolare che promuova ambiente e occupazione; f-bis) la compensazione delle emissioni di gas ad effetto serra associate alle attività dell'azienda calcolate secondo i metodi stabiliti in base alla raccomandazione n. 2013/179/UE della Commissione, del 9 aprile 2013, relativa all'uso di metodologie comuni per misurare e comunicare le prestazioni ambientali nel corso del ciclo di vita dei prodotti e delle organizzazioni; g) la redditività; h) il servizio successivo alla vendita; i) l'assistenza tecnica; l) la data di consegna ovvero il termine di consegna o di esecuzione; m) l'impegno in materia di pezzi di ricambio; n) la sicurezza di approvvigionamento e l'origine produttiva; o) in caso di concessioni, altresì la durata del contratto, le modalità di gestione, il livello e i criteri di aggiornamento delle tariffe da praticare agli utenti.
Il bando di gara ovvero, in caso di dialogo competitivo, il bando o il documento descrittivo, elencano i criteri di valutazione e precisano la ponderazione relativa attribuita a ciascuno di essi, anche mediante una soglia, espressa con un valore numerico determinato, in cui lo scarto tra il punteggio della soglia e quello massimo relativo all'elemento cui si riferisce la soglia deve essere appropriato. Il bando, nel caso di previsione del criterio di valutazione di cui al comma 1, lettera f), indica i dati che devono essere forniti dagli offerenti e il metodo che l'amministrazione aggiudicatrice utilizza per valutare i costi del ciclo di vita, inclusa la fase di smaltimento e di recupero, sulla base di tali dati. Il metodo di valutazione di tali costi rispetta le seguenti condizioni: a) si basa su criteri oggettivamente verificabili e non discriminatori; b) è accessibile a tutti i concorrenti; c) si basa su dati che possono essere forniti dagli operatori economici con un ragionevole sforzo.
e stazioni appaltanti, quando ritengono la ponderazione di cui al comma 2 impossibile per ragioni dimostrabili, indicano nel bando di gara e nel capitolato d'oneri, o, in caso di dialogo competitivo, nel bando o nel documento descrittivo, l'ordine decrescente di importanza dei criteri.
Il bando per ciascun criterio di valutazione prescelto prevede, ove necessario, i sub - criteri e i sub - pesi o i sub - punteggi. Ove la stazione appaltante non sia in grado di stabilirli tramite la propria organizzazione, provvede a nominare uno o più esperti con il decreto o la determina a contrarre, affidando ad essi l'incarico di redigere i criteri, i pesi, i punteggi e le relative specificazioni, che verranno indicati nel bando di gara.
Per attuare la ponderazione o comunque attribuire il punteggio a ciascun elemento dell'offerta, le stazioni appaltanti utilizzano metodologie tali da consentire di individuare con un unico parametro numerico finale l'offerta più vantaggiosa. Dette metodologie sono stabilite dal regolamento, distintamente per lavori, servizi e forniture e, ove occorra, con modalità semplificate per servizi e forniture. Il regolamento, per i servizi, tiene conto di quanto stabilito dal decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 13 marzo 1999, n. 117 e dal decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 18 novembre 2005, in quanto compatibili con il presente codice.
[3]In virtù del quale quando il criterio di aggiudicazione è quello dell'offerta economicamente più vantaggiosa, le stazioni appaltanti possono autorizzare gli offerenti a presentare varianti, fissandone i relativi limiti negli atti a base di gara.
[4]Indicati dalla norma solo in via esemplificativa con la precisazione di diretta derivazione dalle direttive europee che tali criteri debbono comunque essere pertinenti alla natura, all’oggetto ed alle caratteristiche del contratto.
[5] In attuazione della delega conferita dal Parlamento con la L. 28 gennaio 2016 , n. 11 “Deleghe al Governo per l’attuazione delle direttive 2014/23/UE, 2014/24/UE e 2014/25/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, sull’aggiudicazione dei contratti di concessione, sugli appalti pubblici e sulle procedure d’appalto degli enti erogatori nei settori dell’acqua, dell’energia, dei trasporti e dei servizi postali, nonché per il riordino della disciplina vigente in materia di contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture.”
[6] Cass. civ., SS. UU., 11 aprile 2012, n. 5704 “Ai fini del risarcimento del danno da illegittima esclusione da gara di appalto indetta da una p.a., il ricorso alla liquidazione del danno in via equitativa risulta giustificato, allorché esso siamotivato con riguardo alla considerazione che la mancata aggiudicazione rappresenta un’evenienza ordinaria rientrante nel campo del rischio d’impresa, che si tratta di un danno di ammontare incerto, che la perdita definitiva della possibilità di aggiudicazione dell’appalto conseguente a provvedimento illegittimo ha valenza patrimoniale, e pur non potendosi commisurare ai vantaggi che la concorrente avrebbe potuto conseguire con la stipulazione e l’esecuzione del contratto.”; Cons. Stato, sez. V, 2 febbraio 2012, n. 541 “In tema di gara pubblica il risarcimento dei danni da illegittima mancata aggiudicazione può essere liquidato in via equitativa e commisurato con riferimento al lucro cessante con esclusione delle spese e dei costi sostenuti per la partecipazione alla gara, che implica oneri di regola a carico del soggetto che intenda prendere parte alla selezione.”
[7]Cons. Stato, Sez. III, 20 gennaio 2015, n. 162; Cons. Stato, Sez. IV, 27 aprile 2015, n. 2090; Cons. Stato, Sez. IV, 1° aprile 2015, n. 1708; Cons. Stato, Sez. IV, 11 novembre 2014, n. 5531; Cons. Stato, Sez. IV, 27 marzo 2014, n. 1478; Cons. Stato, Sez. IV, 13 dicembre 2014, n. 6000; Cons. Stato, Sez. V, 28 luglio 2015, n. 3716; Cons. Stato, Sez. V, 23 febbraio 2015, n. 856; Cons. Stato, Sez. V, 31 dicembre 2015, nn. 6453 e 6450; Cons. Stato, Sez. V, 22 dicembre 2014, n. 6256; Cons. Stato, Sez. V, 10 settembre 2014, n. 4586; Cons. Stato, Sez. V, 8 agosto 2014, n. 4248; Cons. Stato, Sez. V, 7 luglio 2014, n. 3432; Cons. Stato, Sez. V, 25 giugno 2014, n. 3220.
[8] Ex multis Cons Stato, sez. V, 20 giugno 2011, n. 3670.
[9]Corte Giust. UE, sez. III, sent. 30 settembre 2010, n. C-314/09: “La direttiva del Consiglio 21 dicembre 1989, 89/665/CEE, che coordina le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative relative all’applicazione delle procedure di ricorso in materia di aggiudicazione degli appalti pubblici di forniture e di lavori, come modificata dalla direttiva del Consiglio 18 giugno 1992, 92/50/CEE, deve essere interpretata nel senso che essa osta ad una normativa nazionale, la quale subordini il diritto ad ottenere un risarcimento a motivo di una violazione della disciplina sugli appalti pubblici da parte di un’amministrazione aggiudicatrice al carattere colpevole di tale violazione, anche nel caso in cui l’applicazione della normativa in questione sia incentrata su una presunzione di colpevolezza in capo all’amministrazione suddetta, nonché sull’impossibilità per quest’ultima di far valere la mancanza di proprie capacità individuali e, dunque, un difetto di imputabilità soggettiva della violazione lamentata.” Cons. Stato, sez. IV, 13 dicembre 2013, n. 6000 “È possibile il risarcimento sulla base della sola antigiuridicità della condotta amministrativa, costituita dal provvedimento amministrativo di aggiudicazione, colpito da sentenza di annullamento.”
[10] Cfr. Caringella - Giustiniani, “Manuale dei contratti pubblici”, DIKE Giuridica editrice, 2015, p. 1999.
[11] Solidarietà che a tacer d’altro non appare del tutto coerente col principio della domanda, avendo l’appellante richiesto la condanna della sola Stazione Appaltante.