Nella Gazzetta Ufficiale 04/11/2017, n. 258 è stata pubblicata la L. 17/10/2017, n. 161, recante: “Modifiche al codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, di cui al decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159, al codice penale e alle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale e altre disposizioni. Delega al Governo per la tutela del lavoro nelle aziende sequestrate e confiscate”.
La detta L. n. 161/2017 (allegata in pdf per pronta consultazione), entrata in vigore il 19/11/2017, si articola in sette capi, così denominati: Capo I “Misure di prevenzione personali”, Capo II “Misure di prevenzione patrimoniali”, Capo III “Amministrazione, gestione e destinazione di beni sequestrati e confiscati”, Capo IV “Tutela dei terzi e rapporti con le procedure concorsuali”, Capo V “Agenzia nazionale per l'amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata”, Capo VI “Modifiche al codice penale, al codice di procedura penale e alla legislazione complementare. Deleghe al Governo per la disciplina del regime di incompatibilità relativo agli uffici di amministratore giudiziario e di curatore fallimentare e per la tutela del lavoro nelle aziende sequestrate e confiscate”, Capo VII “Disposizioni di attuazione e transitorie”. Successivamente alla pubblicazione della legge è stata pubblicata la circolare del Ministero dell'Interno 19 gennaio 2018, n. 11001/119/20(9), avente ad oggetto: "Riforma del codice antimafia. Legge 17 ottobre 2017, n. 161 e successivi interventi di modifica" (d'ora in poi, denominata, per brevità "Circolare" allegata in pdf per pronta consultazione, di cui si darà conto nella presente voce).
Nell’ambito del Capo IV si evidenziano i seguenti mutamenti che, più direttamente, incidono sull’operato dei soggetti interessati alla documentazione antimafia.
In primo luogo, si rileva che è stato modificato l'art. 83, comma 1, lett. a) del d.lgs. 159/2011 (Codice Antimafia) relativo all'ambito di applicazione della documentazione antimafia.
In particolare, le parole “i concessionari di opere pubbliche” sono sostituite con le parole: “i concessionari di lavori o di servizi pubblici”. Si tratta di una modifica lessicale necessaria per adeguare il Codice Antimafia al mutato quadro normativo che, prevede appunto, oltre alla pluriennale presenza dei concessionari di lavori pubblici, anche quella dei concessionari di servizi pubblici. Nulla invece è mutato per i restanti soggetti obbligati per cui, accanto ai concessionari di lavori e servizi sono obbligati ad acquisire la documentazione antimafia i seguenti soggetti: “pubbliche amministrazioni e gli enti pubblici, anche costituiti in stazioni uniche appaltanti, gli enti e le aziende vigilati dallo Stato o da altro ente pubblico e le società o imprese comunque controllate dallo Stato o da altro ente pubblico”, nonché i contraenti generali tenuti all’osservanza della normativa antimafia in base all’art.194, d.lgs. 18/04/2016, n. 50.
In secondo luogo, l’art. 26 legge n. 161/2017 aggiunge, nell’art. 84, comma 4, lettera a) del d.lgs. 159/2011, un’altra situazione relativa ai tentativi di infiltrazione mafiosa che dà luogo all'adozione dell'informazione antimafia interdittiva (impossibile, qui, dare conto partitamente di ciascuna situazione). Potrà essere oggetto di interdittiva antimafia, quindi, anche il soggetto coinvolto in procedimenti penali (misure cautelari, giudizio o condanne non definitive) relativi al reato di “intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro” di cui all’art. 603-bis, cod. pen., ossia a quello che la Circolare testualmente definisce "caporalato".
In terzo luogo, l’art. 27 legge n. 161/2017 modifica l’art. 85, comma 2, lett. b) del d.lgs. 159/2011, precisando che la documentazione antimafia deve riferirsi “per le società di capitali anche consortili ai sensi dell'articolo 2615-ter del codice civile, per le società cooperative, di consorzi cooperativi, per i consorzi di cui al libro V, titolo X, capo II, sezione II, del codice civile, al legale rappresentante e agli eventuali altri componenti l'organo di amministrazione e a ciascuno dei consorziati”.
Rispetto alla formulazione vigente sino al 18 novembre 2017, che riproduceva con alcuni adeguamenti l’art. 3, comma 2, lettera b), d.P.R. 03/06/1998, n. 252, è stato eliminato qualsiasi riferimento ai limiti percentuali di partecipazione al consorzio ossia alla partecipazione superiore al 10% o, in alternativa, alla partecipazione inferiore al 10% con patto parasociale riferibile a una partecipazione pari o superiore al 10%.
Tali limiti, va notato incidentalmente, erano stati considerati rilevanti e sufficienti per un’interdittiva da estendersi ad altre imprese consorziate attestata, proprio, dal rilievo dell’esistenza di un legame consortile stabile (sul punto si veda Cons. Stato, sez. III, 07.03.2016).
Per effetto di questa modificazione, specialmente in caso di consorzi a composizione fortemente parcellizzata, l’aver eliminato qualsiasi riferimento ad una soglia (fino al 18 novembre 2017, il ripetuto 10%) rischiava di rallentare l’operato dei soggetti tenuti (cfr., sopra, nuovo testo art. 83, d.lgs. 159/2011), seppure attraverso la consultazione della Banca Dati Nazionale Antimafia, all’acquisizione della documentazione antimafia relativa a siffatti consorzi (ossia mediante l’inserimento dei dati relativi anche ai familiari conviventi di maggiore età dei soggetti interessati) e di quelli tenuti al rilascio della comunicazione o informazione antimafia.
Le criticità di siffatta modifica erano state evidenziate anche da Cna, Confartigianato ed Alleanza delle Cooperative che, con una lettera indirizzata ai Ministri dell’Interno, della Giustizia e delle Infrastrutture e dei Trasporti (di cui si è avuto contezza nei siti di settore), hanno sottolineato come “in applicazione della nuova norma si dovrebbero acquisire le informazioni antimafia nei confronti di migliaia di persone fisiche. La presentazione di tale documentazione in ogni gara di appalto da parte dei consorzi è praticamente impossibile oltre che sostanzialmente inutile”.
Sciogliendo la riserva formulata al termine dell'originaria voce, quindi, si dà notizia dell'opportuna modifica apportata dal 1° gennaio 2018. In particolare, la Circolare dopo aver ricordato che erano assoggettati al sistema delle verifiche antimafia tutti i consorziati, a prescindere dalla loro quota di partecipazione, evidenzia che "sul punto è successivamente intervenuta la legge 27 dicembre 2017, n. 205 (Legge di bilancio 2018) che, all’art. 1, comma 244, ha previsto una partecipazione, anche indiretta, ai fini dell’assoggettamento ai suddetti controlli, pari almeno al 5 per cento".
Da ultimo, ma non certo per importanza, la Circolare si sofferma sulle implicazioni relative alla nuova disciplina dell'amministrazione giudiziaria ex art. 34-bis, d.lgs. 159/2011 che, in buona sostanza, consentono all'impresa di continuare ad operare con la P.A.. Giova, quindi, riportare le parole utilizzate dalla Circolare:
"le disposizioni riguardano gli istituti dell’amministrazione giudiziaria e del controllo giudiziario applicabili in quelle realtà che, pur presentando forme di infiltrazione e di condizionamento mafioso, non ne siano però pregiudicate nella loro integrità. La finalità delle misure è quella di contrastare la contaminazione mafiosa di imprese sane, restituendole al libero mercato una volta depurate dagli elementi inquinanti. Il controllo giudiziario delle aziende, in particolare, costituisce una previsione del tutto innovativa, dal momento che non determina lo “spossessamento gestorio” bensì configura, per un periodo minimo di un anno e un massimo di tre, una forma meno invasiva di intervento consistente in una vigilanza prescrittiva, condotta da un commissario giudiziario nominato dal Tribunale, al quale viene affidato il compito di monitorare dall’interno dell’azienda l’adempimento di una serie di obblighi di compliance imposti dall’autorità giudiziaria. Di particolare rilievo la previsione contenuta nel comma 7 dell’art. 34 riferita tanto all’amministrazione quanto al controllo giudiziario, secondo la quale il provvedimento che dispone tali misure sospende gli effetti delle informazioni del Prefetto di cui all’art. 94 del codice antimafia, consentendo così all’impresa che vi è assoggettata di continuare ad operare nei rapporti con la Pubblica Amministrazione. Nella stessa direzione si muove anche la disposizione di cui al terzo comma dell’art. 35 bis introdotto nel corpus del Codice dalla legge di riforma, secondo la quale “al fine di consentire la prosecuzione dell’attività dell’impresa sequestrata o confiscata, il prefetto della provincia rilascia all’amministratore giudiziario la nuova documentazione antimafia di cui all’art. 84. Tale documentazione ha validità per l’intero periodo di efficacia dei provvedimenti di sequestro e confisca dell’azienda e sino alla destinazione della stessa disposta ai sensi dell’articolo 48”".
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