Avv Saraceni

Avv Saraceni

La Corte costituzionale, con la sentenza n. 231 del 3 novembre 2016 (allegata in pdf per pronta consultazione), fissa nuovamente i limiti della potestà legislativa regionale in tema di governo del territorio. Al di là della normativa regionale dichiarata illegittima, infatti, la Consulta precisa l’ambito di azione della legislazione regionale con particolare riferimento ai titoli abilitativi edilizi, siano essi di origine “privata” (CIL, CILA, SCIA, DIA) o “pubblica” (PdC), necessari per realizzare gli interventi in materia. Potete leggere il commento alla sentenza al seguente link https://www.sonoingara.it/index.php?option=com_k2&view=item&id=56:corte-costituzionale-limiti-alla-potesta-legislativa-regionale&Itemid=160

 

 

 

La Corte costituzionale, con la sentenza n. 231 del 3 novembre 2016 (allegata in pdf per pronta consultazione), fissa nuovamente i limiti della potestà legislativa regionale in tema di governo del territorio. Al di là della normativa regionale dichiarata illegittima, infatti, la Consulta precisa l’ambito di azione della legislazione regionale con particolare riferimento ai titoli abilitativi edilizi, siano essi di origine “privata” (CIL, CILA, SCIA, DIA) o “pubblica” (PdC), necessari per realizzare gli interventi in materia.

Traendo spunto da questioni apparentemente minori (se, ad esempio, l’installazione di nuovi impianti, pur non comportanti la creazione di volumetria, sia soggetta a CILA o SCIA), la sentenza n. 231/2016 ribadisce nel punto 2 che “pur non essendo precluso al legislatore regionale di esemplificare gli interventi edilizi che rientrano nelle definizioni statali, tale esemplificazione, per essere costituzionalmente legittima, deve essere coerente con le definizioni contenute nel testo unico dell’edilizia” di cui al d.P.R. 380/2001 (Testo unico edilizia “TUE”). Per giungere a queste conclusioni sono richiamate, tra l’altro, la sentenze n. 303 del 2003, n. 309 del 2011, n. 259 del 2014. Le Regioni, prosegue la sentenza, “possono sì estendere la disciplina statale dell’edilizia libera ad interventi “ulteriori” rispetto a quelli previsti dai commi 1 e 2 dell’art. 6 del TUE, ma non anche differenziarne il regime giuridico, dislocando diversamente gli interventi edilizi tra le attività deformalizzate, soggette a CIL e CILA”.

Di particolare interesse, inoltre, appaiano le puntualizzazioni in tema di rapporti tra DIA e permesso di costruire. Il punto 5 della sentenza n. 231/2016, infatti, afferma che “La previsione della DIA “obbligatoria” come modello procedimentale sostitutivo del permesso di costruire, anziché come modello alternativo (secondo quanto previsto nel TUE) … rappresenta un disallineamento non consentito della disciplina regionale rispetto a quella statale. La facoltà per il privato, prevista dal legislatore statale, di chiedere il permesso di costruire o di presentare, alternativamente, denuncia di inizio di attività per la realizzazione degli interventi previsti all’art. 22, comma 3, del TUE, ricade nella disciplina dei titoli abilitativi, e quindi tra i principi fondamentali della materia concorrente del «governo del territorio». L’ordinamento statale attribuisce una particolare considerazione all’interesse del privato a munirsi di un assenso esplicito – anche a garanzia della migliore certezza delle situazioni giuridiche, tanto più rilevante quando, come nella materia edilizia, possano sopravvenire interventi interdittivi dell’amministrazione – come è confermato dal successivo comma 7, del medesimo art. 22 del TUE, il quale fa comunque sempre salva la possibilità per l’interessato di chiedere il rilascio del permesso di costruire per interventi che sarebbero realizzabili con la mera presentazione della denuncia di inizio attività”.

Da qui, la dichiarazione di illegittimità di una serie di previsioni della Legge Reg. Liguria n. 12/2015 in conseguenza della quale, tra l’altro, le opere di arredo e l’installazione di nuovi impianti debbono essere assoggettate a DIA, le ristrutturazioni nelle cd. zone A – con cambio di destinazione d’uso – devono essere precedute dalla “super-DIA” e l’esonero dal contributo di costruzione non può applicarsi – sempre e comunque – in caso di frazionamento di unità immobiliari. Come osservato dai primi commentatori (cfr. L. Saporito, Il Sole 24 Ore, 4/11/2016, p. 48, riportato nella rassegna stampa della Corte costituzionale), quindi, la sentenza n. 231/2006 costituisce un “monito anche per altre regioni, in quanto sottolinea la prevalenza dell’ordinamento statale (il testo unico 380/2001)”.

Infine, per il dettaglio delle disposizioni scrutinate e delle relative motivazioni si rinvia alla lettura della sentenza che, oggetto dell’udienza pubblica del 20 settembre 2016, è stata depositata in cancelleria il 3 novembre 2016.

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Con la sentenza n. 625 del 15 febbraio 2016 la V sezione del Consiglio di Stato (in riforma della sentenza pronunciata in primo grado dal T.A.R. Campania, Sez. staccata Salerno, I, n. 741 del 7 aprile 2015, entrambe allegate in PDF per comodità di consultazione), affronta e risolve una problematica del tutto peculiare (per cui non si rinvengono precedenti né in dottrina, né in giurisprudenza).

Si tratta della questione - particolarmente significativa per i riflessi che ne derivano sul rispetto della par condicio e sull’esito della gara -, costituita dalla valorizzazione delle migliorie presentate in sede di offerta tecnica dai concorrenti e dall’incidenza che ne deriva sulla percentuale di ribasso offerta sul prezzo, quale elemento dell’offerta economicamente più vantaggiosa.

La questione è tutt’oggi di attualità anche alla luce del Nuovo Codice (D. Lgs. 50/2016) ed anzi ha acquisito ancora maggior interesse, atteso che l’offerta economicamente più vantaggiosa, costituisce ora (in attuazione della legge delega 11/2016) il criterio generale di aggiudicazione dei contratti pubblici.

La problematica in esame, derivava sotto il vigore del D. Lgs. 163/06, da un difetto di coordinamento delle norme sui criteri di aggiudicazione (recate dagli artt. 82 ed 83 del D. Lgs. 163/06, in combinato disposto con gli artt. 118 e 119 del D.P.R. 207/2010) con la norma (art. 76 del D. Lgs. 163/06) relativa alle varianti progettuali in offerta.

Il detto difetto di coordinamento, non solo persiste, ma risulta ulteriormente accentuato dalla scarna disciplina dell’art. 95 D. Lgs. 50/2016 (Criteri di aggiudicazione dell’appalto), nonché dall’abrogazione delle citate disposizioni del D.P.R. 207/2016 ad opera del Nuovo Codice.

Né vi sono indicazioni al riguardo nelle Linee Guida n. 2 recanti indicazioni operative alle stazioni appaltanti in materia di “Offerta economicamente più vantaggiosaadottate dall’ANAC (Det. n. 1005 del 21/9/2016, in G.U. n. 238 dell’11/10/2016).

Ulteriore elemento di interesse della decisione in esame è rappresentato, quanto al profilo risarcitorio, dal criterio individuato in sentenza per la determinazione del mancato utile, che viene ritenuto ritraibile dal procedimento di verifica dell’anomalia delle offerte (ex art. 86 ss. D. Lgs. 163/06).

Di seguito l’esame della sentenza in rassegna e della soluzione proposta

La decisione

Con la sentenza in rassegna, la sez. V del Consiglio di Stato, in riforma della pronuncia di primo grado, ha riconosciuto l’illegittimità dell’aggiudicazione per violazione della par condicio tra i concorrenti, avendo l’aggiudicataria formulato la propria offerta economica in maniera difforme rispetto al dettato dalla lex specialis, falsando in conseguenza la graduatoria ed il risultato della gara.

Ciò in quanto, come risultante agli atti di causa, la percentuale di ribasso offerta dall’aggiudicataria (diversamente dagli altri concorrenti, attenutisi invece alle indicazioni della lex specialis), non rappresentava il ribasso unitario sull’elenco prezzi a base di gara predisposto dalla stazione appaltante, bensì la risultante dei singoli ribassi offerti sulle voci di tale elenco e delle migliorie tecniche offerte dalla stessa aggiudicataria.

Accertata l’illegittimità dell’aggiudicazione, quindi, il Consiglio di Stato ha riconosciuto in favore dell’appellante il (solo) risarcimento per equivalente, considerato che nelle more del giudizio, il contratto era già stato stipulato ed eseguito, ed ha enunciato i criteri da applicare - ai sensi dell’art. 34, comma 3, CPA -, ai fini della determinazione del ristoro del mancato utile, ritenendo di non dover riconoscere per tale voce “la misura del 10% del ribasso offerto” dall’appellante, così come richiesto nella domanda.

Tale percentuale, tradizionalmente ricavata per analogia dall’art. 345 della L. n. 2248/1865, all. F) sugli appalti pubblici, secondo la pronuncia in rassegna – che richiama sul punto la consolidata giurisprudenza del Consiglio di Stato - deve infatti considerarsi superata ed irrilevante.

Quanto sopra, sia in considerazione del rischio di indebito arricchimento che può comportare il riconoscimento del risarcimento nella citata percentuale fissa del 10%, a fronte delle percentuali di utile netto notoriamente inferiori praticate dalle imprese, sia in ragione dell’art. 124, comma 1 CPA, da cui deriva la necessità di “fornire una dimostrazione effettiva della misura dell’utile ritraibile dall’appalto illegittimamente aggiudicato a terzi”.

D’altra, parte, giacchè il mancato utile costituisce una voce di danno ascrivibile al lucro cessante ex art. 1223 Cod. Civ., quale incremento patrimoniale atteso e non conseguito a causa del fatto ingiusto altrui, “l’onere probatorio non può essere applicato in senso rigoroso, essendo sufficiente una ‘prova di verosimiglianza”.

Sicchè, in armonia con “le specificità della figura del risarcimento del danno da mancata aggiudicazione di contratti pubblici e più in generale della responsabilità della pubblica amministrazione da illegittimità provvedimentale”, la quantificazione del mancato utile, per quanto statuito dalla sentenza in rassegna, può essere effettuata in fase di esecuzione della condanna.

Per l’effetto, la stazione appaltante, ai fini della quantificazione del danno, è tenuta a formulare le proprie valutazioni mediante “il procedimento di verifica dell’utile di impresa incorporato nel ribasso offerto in sede di gara, sulla falsariga di quanto solitamente avviene nel sub-procedimento di verifica dell’anomalia” ex art. 86 ss. del D. Lgs. 163/06.

Inoltre, giacchè è stata ritenuta sussistente nella sentenza in rassegna, quanto all’obbligazione risarcitoria, la solidarietà nei rapporti interni tra la stazione appaltante e l’aggiudicataria (accertata come illegittima in ragione del contenuto dell’offerta formulata)[1], ne è stata disposta la partecipazione al detto procedimento, con obbligo a carico della medesima di formulare le proprie osservazioni alla stazione appaltante, prima che quest’ultima formuli “la propria offerta” all’appellante.

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Tanto sinteticamente richiamato circa il contenuto della sentenza, si osserva che essa merita particolare attenzione per due ordine di motivi.

Il primo attiene alla questione, del tutto peculiare, costituita dal rapporto tra la percentuale di ribasso offerta dai concorrenti sul prezzo a base di gara e la (possibile) incidenza sulla stessa percentuale delle migliorie offerte ai sensi dell’art. 76 del D. Lgs. 163/06, valutate come elementi qualitativi del criterio di aggiudicazione dell’offerta economicamente più vantaggiosa.

La sezione, infatti, affronta e risolve un aspetto che non risulta espressamente disciplinato dalla normativa (neppure nel Nuovo Codice costituito dal D.Lgs. 50/2016), ma che si presenta, invece, gravido di conseguenze sul corretto espletamento della procedura di gara e del rispetto della par condicio, nonché sull’esito della procedura.

Il secondo profilo di interesse, attiene al tema non meno rilevante siccome incidente sull’effettività della tutela del ricorrente, della quantificazione del danno per equivalente.

Al riguardo, la pronuncia in rassegna indica quale criterio utilizzabile (ai sensi dell’art. 34, co. 4 CPA) per la determinazione dell’utile riconoscibile al ricorrente cui sia stata illegittimamente denegata l’aggiudicazione, il criterio desunto dal procedimento di verifica dell’anomalia delle offerte (ex art. 86 ss. D. Lgs. 163/06).

 

Il ribasso sul prezzo a base di gara e l’incidenza delle migliorie offerte dai concorrenti ai sensi dell’art. 76 del D. Lgs. 163/06.

La fattispecie oggetto della sentenza attiene ad una procedura aperta per la realizzazione di lavori di ristrutturazione ed ampliamento di un fabbricato (foresteria) destinato a struttura ricettiva di un Centro Sportivo, di importo inferiore alle soglia comunitaria (precisamente pari ad € 3.303.873.76, oltre IVA).

Per quanto qui di interesse, il bando prevedeva che i lavori fossero aggiudicati a corpo, con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, ai sensi dell’art. 53, comma 2, lettera a) del D. Lgs. n.163/2006 e dell’art. 83 del D. Lgs. n.163/2006[2], secondo i criteri di valutazione e la relativa ponderazione stabiliti dal bando, ponendo a base di gara il progetto esecutivo, da migliorare – ai sensi dell’art. 76 D. Lgs. 163/06 – mediante l’offerta tecnica.

L’offerta economicamente più vantaggiosa risultava determinata sia dagli elementi quantitativi del “Prezzo“ e del “Tempo“ da inserire nell’offerta economica e temporale, cui venivano attribuiti rispettivamente 10 punti ciascuno, sia dagli elementi di natura qualitativa, dettagliati nel bando e costituenti l’offerta tecnica, cui venivano attribuiti complessivamente 80 punti, suddivisi nei sub criteri indicati dal bando.

In particolare, la lex specialis, in applicazione del citato art. 76 del D. Lgs. n. 163 del 2006[3], stabiliva con chiarezza che per le opere definite “obbligatorie”, il progetto esecutivo a base di gara costituiva l’opera attesa dalla stazione appaltante, da realizzare a cura dell’appaltatore e che, d’altra parte, in sede di offerta il concorrente avrebbe potuto proporre varianti migliorative alle dette opere obbligatorie.

In maniera altrettanto inequivoca, la lex specialis stabiliva che:

  • le proposte tecniche relative a migliorie o integrazioni al progetto esecutivo, non avrebbero comportato alcun maggiore onere, indennizzo, rimborso, adeguamento o altro a carico della Stazione Appaltante, né al momento della realizzazione, né nella successiva gestione e che, pertanto, l’importo contrattuale determinato in base all’offerta economica dovesse rimanere insensibile alla detta offerta tecnica.

  • Nella predisposizione e presentazione dell’offerta economica, a pena d’esclusione, i concorrenti dovessero: a) indicare il prezzo complessivo offerto ed il ribasso percentuale con l’ulteriore precisazione che il ribasso da presentare dovesse consistere nel “ribasso percentuale sull’elenco prezzi posto a base di gara al netto degli oneri della sicurezza” e che le opere e forniture relative alle migliorie ed integrazioni proposte con l’offerta tecnica sarebbero state valutate e considerate come opere da eseguire a corpo ad esclusivo carico dell’impresa concorrente; b) inserire nell’offerta economica anche un computo metrico estimativo “di offerta” rimodulato in funzione degli adeguamenti, miglioramenti e/o integrazioni apportate al progetto esecutivo a base di gara, nonché un “computo metrico estimativo di raffronto” tra i prezzi delle lavorazioni del progetto esecutivo a base di gara e quelle del progetto esecutivo rimodulato in funzione degli adeguamenti, miglioramenti e/o integrazioni offerti dal concorrente.

In sostanza, cioè, la Stazione Appaltante ha applicato “analogicamente” il criterio del massimo ribasso “sull’elenco dei prezzi”, previsto per il criterio del prezzo più basso dall’art. 118, comma 1, lett. a), D.P.R. n. 207/2010 relativamente ai contratti «da stipulare a misura», nell’ambito di una gara in cui, invece, il criterio di aggiudicazione prescelto è quello dell’offerta economicamente più vantaggiosa ed il corrispettivo è stato fissato a corpo.

La Stazione Appaltante, quindi, avrebbe dovuto (semplicemente) applicare il massimo ribasso sull’importo dei lavori a corpo, non già il massimo ribasso sull’elenco prezzi (art. 118, comma 1, lett. b, D.P.R. 207/2010).

Orbene, tutti i concorrenti in conformità alle previsioni della lex specialis, hanno presentato la propria offerta economica formulando un ribasso percentuale unico sull’elenco prezzi predisposto dalla stazione appaltante, fatta eccezione per la sola aggiudicataria.

Quest’ultima, infatti, anziché presentare un unico ribasso sull’elenco prezzi a base di gara, ha offerto un ribasso che costituiva la risultante, dei ribassi (diversificati) apportati sulle singole voci del detto elenco, nonché della valorizzazione delle migliorie presentate come offerta tecnica.

In altre parole, l’aggiudicataria anziché formulare un ribasso unitario sull’elenco prezzi a base di gara, ha offerto una percentuale di ribasso derivante dal valore economico della propria offerta tecnica, con ciò rendendo disomogenee le offerte e violando la par condicio tra i concorrenti.

Com’è stato efficacemente evidenziato dal Consiglio di Stato in motivazione, mediante le descritte modalità di predisposizione dell’offerta, la Stazione Appaltante ha inteso perseguire una duplice finalità:

  • da un lato, quella di scindere gli aspetti tecnici delle offerte (migliorie al progetto esecutivo a base di gara) da quelli economici (il prezzo: rilevante invece nell’ambito dell’offerta economica), ponendo esplicitamente a carico dell’appaltatore gli oneri (eventualmente) derivanti dalle migliorie;

  • d’altro canto, in tal modo, la Stazione Appaltante ha posto le basi per comparare i prezzi formulati dai concorrenti secondo parametri omogenei e salvaguardare la par condicio tra i concorrenti.

Una volta espletata la gara, evidentemente, il progetto esecutivo, così come eventualmente modificato per effetto delle migliorie offerte, avrebbe costituito il progetto da allegare al contratto di appalto, onde identificarne l’oggetto ai sensi degli artt. 1325 e 1346 Cod. Civ., verso il pagamento del corrispettivo a corpo.

La soluzione proposta

A ben vedere, il Consiglio di Stato ha qui affrontato e risolto in maniera perspicua un aspetto che in effetti non risulta compiutamente disciplinato dalla normativa, giacchè deriva dal difetto di coordinamento delle norme sui criteri di aggiudicazione, recate dagli artt. 82 ed 83 del D. Lgs. 163/06 (in combinato con gli artt. 118 e 119 del D.P.R. 207/2010) con l’art. 76 del D. Lgs. 163/06.

Difatti, il citato art. 83 (“Criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa”) del D. Lgs. 163/06, pur indicando tra gli elementi utilizzabili nell’ambito del detto criterio di aggiudicazione[4], quello costituito dal prezzo, nulla precisa sul modo in cui il medesimo debba essere determinato.

A sua volta, l’art. 82 del D. Lgs. 163/06, per quanto qui di interesse, stabilisce che il prezzo più basso, inferiore a quello posto a base di gara, sia individuato:

  • per i contratti il cui corrispettivo è stabilito a misura: mediante ribasso sull'elenco prezzi posto a base di gara ovvero mediante offerta a prezzi unitari;

  • per i contratti il cui corrispettivo è stabilito a corpo: mediante ribasso sull'importo dei lavori a base di gara ovvero mediante offerta a prezzi unitari;

  • per i contratti il cui corrispettivo è stabilito parte a corpo e parte a misura: mediante (la sola) offerta a prezzi unitari.

L’art. 118, comma 2 del D.P.R. 207/2010, per i contratti a corpo, statuisce che ai sensi dell’art. 53, comma 4 D. Lgs. 163/06 “il prezzo convenuto non può essere modificato sulla base della verifica della quantità o della qualità della prestazione, per cui il computo metrico-estimativo, posto a base di gara ai soli fini di agevolare lo studio dell'intervento, non ha valore negoziale. Prima della formulazione dell'offerta, il concorrente ha l'obbligo di controllarne le voci e le quantità attraverso l'esame degli elaborati progettuali e pertanto di formulare l'offerta medesima tenendo conto di voci e relative quantità che ritiene eccedenti o mancanti. L'offerta va inoltre accompagnata, a pena di inammissibilità, dalla dichiarazione di aver tenuto conto delle eventuali discordanze nelle indicazioni qualitative e quantitative delle voci rilevabili dal computo metrico estimativo nella formulazione dell'offerta, che, riferita all'esecuzione dei lavori secondo gli elaborati progettuali posti a base di gara, resta comunque fissa ed invariabile.”

Analoga dichiarazione, a pena di inammissibilità dell’offerta, a rafforzamento del principio di autoresponsabilità dei concorrenti, è richiesta dall’art. 119, comma 5 del D.P.R. 207/2010, relativamente al criterio dell’offerta prezzi unitari.

In entrambi i casi a ben vedere si realizza – per espressa volontà del legislatore – una sorta di “cesura” logica, prima ancora che giuridica, tra la fase della presentazione dell’offerta e quella successiva, della stipulazione ed esecuzione del contratto, giacchè al fine di “cristallizzare” il prezzo a corpo (ove il rischio delle quantità e della qualità delle prestazioni resta a carico dell’appaltatore), viene espressamente stabilito che il computo metrico - estimativo a base di gara, viene messo a disposizione dei concorrenti al solo fine di agevolare lo studio dell'intervento, ma esso non ha alcun valore negoziale, non è cioè destinato a far parte dei documenti contrattuali.

Ancor più accentuata si presenta la detta cesura quando – com’è nel caso di specie – il prezzo costituisce, non già esso stesso il criterio di aggiudicazione, bensì concorre a determinare, costituendone un elemento quantitativo, il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa e questa preveda quali elementi qualitativi, migliorie al progetto a base di gara ai sensi dell’art. 76 D. Lgs. 163/06.

In tal caso infatti, si pone necessariamente all’attenzione della Stazione Appaltante, il tema della valorizzazione delle dette migliorie e del loro impatto sull’offerta economica, ferma restando l’esigenza di salvaguardare la par condicio tra i concorrenti che costituisce uno dei principi cardine delle procedure di scelta del contraente dell’amministrazione.

Orbene il detto principio appare più facilmente salvaguardato qualora, ai fini della presentazione dell’offerta economica, la lex specialis richieda ai concorrenti di formulare il ribasso percentuale sull’importo complessivo dei lavori a base di gara.

In tal caso, infatti, ciascun concorrente, è in sostanza tenuto a “ridurre ad unità” la valorizzazione delle migliorie, facendola confluire nella determinazione dell’unico ribasso percentuale offerto sull’ammontare complessivo dei lavori.

Viceversa, qualora la lex specialis preveda, invece, che l’elemento “prezzo” dell’offerta economicamente più vantaggiosa, sia determinato mediante la formulazione del ribasso sull’elenco prezzi a base di gara, la salvaguardia della par condicio tra i concorrenti risulta ben più ardua da assicurare. Ciò in quanto, l’offerta delle migliorie (ex art. 76 D. Lgs. 163/06) comporta di per sé la necessità di integrare e/o variare l’elenco prezzi a base di gara, anche ai fini della predisposizione del nuovo computo metrico estimativo.

Quindi (come avveratosi nel caso di specie per l’aggiudicatario), la formulazione di un’unica percentuale di ribasso, quale risultante dalla valorizzazione delle migliorie e dai singoli ribassi praticati sull’elenco prezzi a base di gara, determina (pressochè) inevitabilmente una violazione della par condicio tra i concorrenti, con la conseguente illegittimità dell’aggiudicazione.

Ai fini della salvaguardia del detto principio, perciò, qualora la Stazione Appaltante, ricorra alla determinazione dell’elemento prezzo mediante ribasso percentuale sull’elenco prezzi a base di gara, non rimane che seguire la strada tracciata dalla sentenza in rassegna, realizzando una “cesura” tra la documentazione di gara e quella destinata ad essere trasfusa nel contratto.

La rilevata mancanza di coordinamento tra le norme che regolano i criteri di aggiudicazione e le potenziali ricadute negative sulla legittimità del procedimento di scelta del contraente, non è stata purtroppo chiarita dal Nuovo Codice (D. Lgs. 50/2016)[5], che anzi prevede una disciplina quanto mai scarna all’art. 95 del D.Lgs. 50/2016, né dalle Linee Guida n. 2 recanti indicazioni operative alle stazioni appaltanti in materia di “Offerta economicamente più vantaggiosaadottate dall’ANAC con Determinazione n. 1005 del 21 settembre 2016 (pubblicate nella G.U. n. 238 dell’11/10/2016).

La mancanza di qualsivoglia indicazione al riguardo (alle varianti in offerta sono dedicate 3 righe a p. 6, sulle 17 pagine delle Linee Guida n. 2) è peraltro tanto più grave, atteso che il criterio di aggiudicazione dell’offerta economicamente più vantaggiosa, costituisce nel Nuovo Codice appalti e concessioni (in attuazione della legge delega 11/2016), il criterio generale di aggiudicazione degli appalti e delle concessioni e le stazioni appaltanti che intendano derogare allo stesso utilizzando il criterio del minor prezzo, ai sensi dell’art. 95, comma 5 D. Lgs. 50/2016, devono dare adeguata motivazione della scelta effettuata ed esplicitare nel bando di gara il criterio utilizzato per la selezione della migliore offerta.

Ed in maniera ancora più innovativa, addirittura, vale evidenziare che il Nuovo Codice, prevede altresì all’art. 95, co. 7, che l’elemento relativo al costo possa assumere (nei casi previsti dal comma 2 dello stesso articolo) la forma di un prezzo o costo fisso, sulla base del quale gli operatori economici competono solo in base ai criteri qualitativi.

Sicchè la problematica posta all’attenzione del Consiglio di Stato, risulta tutt’ora d’interesse e di piena attualità.

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La quantificazione del danno per equivalente – Il criterio desunto dal procedimento di verifica dell’anomalia delle offerte.

Per quanto sopra richiamato, la sentenza in rassegna, accertata l’illegittimità dell’aggiudicazione, ha riconosciuto in favore dell’appellante il (solo) risarcimento per equivalente, considerato che nelle more del giudizio, il contratto era già stato stipulato ed eseguito, ed ha enunciato i criteri da applicare - ai sensi dell’art. 34, comma 4, CPA -, ai fini della determinazione del ristoro del mancato utile, ritenendo di non dover riconoscere per tale voce “la misura del 10% del ribasso offerto” dall’appellante, così come richiesto nella domanda[6].

Sul punto, la Sezione - richiama la consolidata giurisprudenza del Consiglio di Stato[7] - e ritiene irrilevante la citata percentuale in misura fissa, tradizionalmente ricavata per analogia dall’art. 345 della L. n. 2248/1865, all. F) sugli appalti pubblici.

Ciò sia in considerazione del rischio di indebito arricchimento che può comportare il riconoscimento del risarcimento nella citata percentuale fissa del 10% (a fronte di percentuali di utile notoriamente inferiori esposte dalle imprese nelle offerte e in sede di verifica di anomalia), sia in ragione dell’art. 124, comma 1 CPA, da cui deriva la necessità di “fornire una dimostrazione effettiva della misura dell’utile ritraibile dall’appalto illegittimamente aggiudicato a terzi”.

Come noto, infatti, facendo leva sul binomio “subito e provato” contenuto nell’art. 124, comma 1, ultimo periodo CPA, la giurisprudenza ne ha da tempo tratto la conseguenza dell’inapplicabilità del detto criterio forfettario e della necessità della prova rigorosa da parte del ricorrente circa l’ammontare effettivo dell’utile che avrebbe conseguito in caso di aggiudicazione dell’appalto[8].

Nel caso di specie, tuttavia, il Consiglio di Stato, rilevando che il mancato utile costituisce una voce di danno ascrivibile al lucro cessante ex art. 1223 Cod. Civ., in quanto incremento patrimoniale atteso e non conseguito a causa del fatto ingiusto altrui, statuisce che “l’onere probatorio non può essere applicato in senso rigoroso, essendo sufficiente una “prova di verosimiglianza” e che la quantificazione del mancato utile può essere effettuata in fase di esecuzione della condanna.

Vale qui rilevare che, se per un verso tale statuizione consente all’appellante di superare l’ostacolo costituito dal mancato (pieno) assolvimento dell’onere probatorio richiesto, tuttavia suscita qualche perplessità circa l’effettività della tutela in tal modo accordata al ricorrente, stante l’articolata complessità del percorso all’uopo delineato.

Al riguardo, pare opportuno richiamare quanto affermato dalla Corte di Giustizia dell’Unione Europea nella nota sentenza del 30 settembre 2010, n. C-314/09[9], secondo cui, qualora non sia riconosciuta al ricorrente tutela in forma specifica (con la declaratoria di inefficacia del contratto illegittimamente stipulato), deve comunque essere riconosciuto, d’ufficio e senza necessità di provare l’elemento soggettivo (colpa della P.A.), il risarcimento del danno per equivalente.

Il risarcimento per equivalente previsto dalla detta Direttiva europea (e dall’art. 124, comma 1 CPA, nell’Ordinamento interno) costituisce, non già un mezzo risarcitorio in senso stretto, bensì una modalità sostitutiva della tutela in forma specifica, con la sostituzione del bene della vita costituito dall’aggiudicazione, con il suo surrogato in termini economici[10].

Orbene,a fronte dell’acclarata illegittimità dell’aggiudicazione, l’appellante non solo non ha potuto ottenere il bene della vita cui aspirava (l’aggiudicazione), ma per ottenere il surrogato in termini economici deve affrontare un articolato percorso.

Secondo la sentenza in rassegna, infatti, la stazione appaltante è tenuta a formulare le proprie valutazioni mediante “il procedimento di verifica dell’utile di impresa incorporato nel ribasso offerto in sede di gara, sulla falsariga di quanto solitamente avviene nel sub-procedimento di verifica dell’anomalia” ex art. 86 ss. del D. Lgs. 163/06, formulando all’appellante “un’offerta di risarcimento del danno corrispondente all’utile netto ritraibile dall’offerta presentata da questa in sede di gara, qualora la misura di utile sia desumibile dall’offerta da essa presentata in gara.”

Nel caso contrario, la Stazione appaltante – sulla falsariga del procedimento di verifica dell’anomalia – potrà valutare l’opportunità di acquisire dall’appellante i necessari dati, informazioni e chiarimenti, e conseguente obbligo di quest’ultimo di fornire “un dettaglio analitico ed adeguatamente giustificato di tutte le componenti economiche dell’offerta medesima, ivi compresi i costi aziendali fissi e l’incidenza dell’imposizione fiscale sull’utile lordo, così da dare plausibile contezza del risultato netto che le stesse avrebbero conseguito in caso di esecuzione dell’appalto.”

Inoltre, attesa la ritenuta solidarietà nei rapporti interni tra la stazione appaltante e l’aggiudicataria[11], se ne dispone la partecipazione al detto procedimento con ulteriore aggravio dello stesso, con obbligo a carico dell’aggiudicataria di formulare le proprie osservazioni alla stazione appaltante, prima che quest’ultima formuli “la propria offerta” all’appellante nel termine all’uopo fissato dalla sentenza.

Avv. Rossana Saraceni

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[1]Cons. Stato, Sez. V, 22 gennaio 2015, n. 285 (Par. 6.2); Cons. Stato, Sez. VI, 15 ottobre 2012, n. 5279

[2] Art. 83 D. Lgs. 163/06 - Criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa:  “Quando il contratto è affidato con il criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa, il bando di gara stabilisce i criteri di valutazione dell'offerta, pertinenti alla natura, all'oggetto e alle caratteristiche del contratto, quali, a titolo esemplificativo: a) il prezzo; b) la qualità; c) il pregio tecnico; d) le caratteristiche estetiche e funzionali; e) le caratteristiche ambientali e il contenimento dei consumi energetici e delle risorse ambientali dell'opera, del servizio o del prodotto, anche con riferimento alle specifiche tecniche premianti previste dai criteri ambientali minimi di cui ai decreti attuativi del Piano d'azione per la sostenibilità ambientale dei consumi nel settore della pubblica amministrazione, adottati ai sensi del decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare 11 aprile 2008, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 107 dell'8 maggio 2008, e successive modificazioni; e-bis)   il possesso di un marchio di qualità ecologica dell'Unione europea (Ecolabel UE) in relazione ai beni o servizi oggetto del contratto, in misura pari o superiore al 30 per cento del valore delle forniture o prestazioni oggetto del contratto stesso; f) il costo di utilizzazione e manutenzione, avuto anche riguardo ai consumi di energia e delle risorse naturali, alle emissioni inquinanti e ai costi complessivi, inclusi quelli esterni e di mitigazione degli impatti dei cambiamenti climatici, riferiti all'intero ciclo di vita dell'opera, bene o servizio, con l'obiettivo strategico di un uso più efficiente delle risorse e di un'economia circolare che promuova ambiente e occupazione; f-bis)  la compensazione delle emissioni di gas ad effetto serra associate alle attività dell'azienda calcolate secondo i metodi stabiliti in base alla raccomandazione n. 2013/179/UE della Commissione, del 9 aprile 2013, relativa all'uso di metodologie comuni per misurare e comunicare le prestazioni ambientali nel corso del ciclo di vita dei prodotti e delle organizzazioni; g)  la redditività; h)  il servizio successivo alla vendita; i)  l'assistenza tecnica; l)  la data di consegna ovvero il termine di consegna o di esecuzione; m)  l'impegno in materia di pezzi di ricambio; n)  la sicurezza di approvvigionamento e l'origine produttiva; o)  in caso di concessioni, altresì la durata del contratto, le modalità di gestione, il livello e i criteri di aggiornamento delle tariffe da praticare agli utenti.

Il bando di gara ovvero, in caso di dialogo competitivo, il bando o il documento descrittivo, elencano i criteri di valutazione e precisano la ponderazione relativa attribuita a ciascuno di essi, anche mediante una soglia, espressa con un valore numerico determinato, in cui lo scarto tra il punteggio della soglia e quello massimo relativo all'elemento cui si riferisce la soglia deve essere appropriato. Il bando, nel caso di previsione del criterio di valutazione di cui al comma 1, lettera f), indica i dati che devono essere forniti dagli offerenti e il metodo che l'amministrazione aggiudicatrice utilizza per valutare i costi del ciclo di vita, inclusa la fase di smaltimento e di recupero, sulla base di tali dati. Il metodo di valutazione di tali costi rispetta le seguenti condizioni: a) si basa su criteri oggettivamente verificabili e non discriminatori;  b)  è accessibile a tutti i concorrenti; c)  si basa su dati che possono essere forniti dagli operatori economici con un ragionevole sforzo.

e stazioni appaltanti, quando ritengono la ponderazione di cui al comma 2 impossibile per ragioni dimostrabili, indicano nel bando di gara e nel capitolato d'oneri, o, in caso di dialogo competitivo, nel bando o nel documento descrittivo, l'ordine decrescente di importanza dei criteri.

Il bando per ciascun criterio di valutazione prescelto prevede, ove necessario, i sub - criteri e i sub - pesi o i sub - punteggi. Ove la stazione appaltante non sia in grado di stabilirli tramite la propria organizzazione, provvede a nominare uno o più esperti con il decreto o la determina a contrarre, affidando ad essi l'incarico di redigere i criteri, i pesi, i punteggi e le relative specificazioni, che verranno indicati nel bando di gara.

Per attuare la ponderazione o comunque attribuire il punteggio a ciascun elemento dell'offerta, le stazioni appaltanti utilizzano metodologie tali da consentire di individuare con un unico parametro numerico finale l'offerta più vantaggiosa. Dette metodologie sono stabilite dal regolamento, distintamente per lavori, servizi e forniture e, ove occorra, con modalità semplificate per servizi e forniture. Il regolamento, per i servizi, tiene conto di quanto stabilito dal decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 13 marzo 1999, n. 117 e dal decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 18 novembre 2005, in quanto compatibili con il presente codice.

[3]In virtù del quale quando il criterio di aggiudicazione è quello dell'offerta economicamente più vantaggiosa, le stazioni appaltanti possono autorizzare gli offerenti a presentare varianti, fissandone i relativi limiti negli atti a base di gara.

[4]Indicati dalla norma solo in via esemplificativa con la precisazione di diretta derivazione dalle direttive europee che tali criteri debbono comunque essere pertinenti alla natura, all’oggetto ed alle caratteristiche del contratto.

[5] In attuazione della delega conferita dal Parlamento con la L. 28 gennaio 2016 , n. 11 “Deleghe al Governo per l’attuazione delle direttive 2014/23/UE, 2014/24/UE e 2014/25/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, sull’aggiudicazione dei contratti di concessione, sugli appalti pubblici e sulle procedure d’appalto degli enti erogatori nei settori dell’acqua, dell’energia, dei trasporti e dei servizi postali, nonché per il riordino della disciplina vigente in materia di contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture.”

[6] Cass. civ., SS. UU., 11 aprile 2012, n. 5704 “Ai fini del risarcimento del danno da illegittima esclusione da gara di appalto indetta da una p.a., il ricorso alla liquidazione del danno in via equitativa risulta giustificato, allorché esso siamotivato con riguardo alla considerazione che la mancata aggiudicazione rappresenta un’evenienza ordinaria rientrante nel campo del rischio d’impresa, che si tratta di un danno di ammontare incerto, che la perdita definitiva della possibilità di aggiudicazione dell’appalto conseguente a provvedimento illegittimo ha valenza patrimoniale, e pur non potendosi commisurare ai vantaggi che la concorrente avrebbe potuto conseguire con la stipulazione e l’esecuzione del contratto.”; Cons. Stato, sez. V, 2 febbraio 2012, n. 541 “In tema di gara pubblica il risarcimento dei danni da illegittima mancata aggiudicazione può essere liquidato in via equitativa e commisurato con riferimento al lucro cessante con esclusione delle spese e dei costi sostenuti per la partecipazione alla gara, che implica oneri di regola a carico del soggetto che intenda prendere parte alla selezione.”

[7]Cons. Stato, Sez. III, 20 gennaio 2015, n. 162; Cons. Stato, Sez. IV, 27 aprile 2015, n. 2090; Cons. Stato, Sez. IV, 1° aprile 2015, n. 1708; Cons. Stato, Sez. IV, 11 novembre 2014, n. 5531; Cons. Stato, Sez. IV, 27 marzo 2014, n. 1478; Cons. Stato, Sez. IV, 13 dicembre 2014, n. 6000; Cons. Stato, Sez. V, 28 luglio 2015, n. 3716; Cons. Stato, Sez. V, 23 febbraio 2015, n. 856; Cons. Stato, Sez. V, 31 dicembre 2015, nn. 6453 e 6450; Cons. Stato, Sez. V, 22 dicembre 2014, n. 6256; Cons. Stato, Sez. V, 10 settembre 2014, n. 4586; Cons. Stato, Sez. V, 8 agosto 2014, n. 4248; Cons. Stato, Sez. V, 7 luglio 2014, n. 3432; Cons. Stato, Sez. V, 25 giugno 2014, n. 3220.

[8] Ex multis Cons Stato, sez. V, 20 giugno 2011, n. 3670.

[9]Corte Giust. UE, sez. III, sent. 30 settembre 2010, n. C-314/09: “La direttiva del Consiglio 21 dicembre 1989, 89/665/CEE, che coordina le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative relative all’applicazione delle procedure di ricorso in materia di aggiudicazione degli appalti pubblici di forniture e di lavori, come modificata dalla direttiva del Consiglio 18 giugno 1992, 92/50/CEE, deve essere interpretata nel senso che essa osta ad una normativa nazionale, la quale subordini il diritto ad ottenere un risarcimento a motivo di una violazione della disciplina sugli appalti pubblici da parte di un’amministrazione aggiudicatrice al carattere colpevole di tale violazione, anche nel caso in cui l’applicazione della normativa in questione sia incentrata su una presunzione di colpevolezza in capo all’amministrazione suddetta, nonché sull’impossibilità per quest’ultima di far valere la mancanza di proprie capacità individuali e, dunque, un difetto di imputabilità soggettiva della violazione lamentata.” Cons. Stato, sez. IV, 13 dicembre 2013, n. 6000 “È possibile il risarcimento sulla base della sola antigiuridicità della condotta amministrativa, costituita dal provvedimento amministrativo di aggiudicazione, colpito da sentenza di annullamento.”

[10] Cfr. Caringella - Giustiniani, “Manuale dei contratti pubblici”, DIKE Giuridica editrice, 2015, p. 1999.

[11] Solidarietà che a tacer d’altro non appare del tutto coerente col principio della domanda, avendo l’appellante richiesto la condanna della sola Stazione Appaltante.


Lunedì, 31 Ottobre 2016 18:41

T.U. Sicurezza-Nuovi interpelli

Come avete visto, il sito si è arricchito di una nuova sezione "sicurezza" sul lavoro. Diamo il via a questa sezione con gli interpelli ministeriali del 25 ottobre 2016. Buona navigazione.

https://www.sonoingara.it/index.php?option=com_k2&view=item&id=53:t-u-sicurezza-nuovi-interpelli-chiarimenti&Itemid=163

 

Lunedì, 31 Ottobre 2016 18:27

T.U. Sicurezza-Nuovi interpelli

Il Ministero del Lavoro, con una serie di interpelli del 25/10/2016, espressi ai sensi dell’art. 12 D. Lgs. 9/4/2008, n. 81 (“Testo Unico Sicurezza” o “TUS”), ha fornito una serie di chiarimenti su vari aspetti del medesimo decreto.

Si tratta degli interpelli n. 11/2016, n. 12/2016, n. 13/2016, n. 14/2016, n. 15/2016, n. 16/2016, n. 17/2016, n. 18/2016 e n. 19/2016, che concernono rispettivamente i seguenti profili:

  1. n. 11/2016: valutazione dei rischi ambientali e sicurezza del posto di lavoro del personale navigante delle compagnie aeree;

  2. n. 12/2016: applicazione dell’art. 109 (recinzione di cantiere) del d.lgs. n. 81/2008 nel caso di cantieri stradali;

  3. n. 13/2016: possibilità di considerare come costo per la sicurezza l’utilizzo di una piattaforma elevabile mobile in sostituzione di un ponteggio fisso;

  4. n. 14/2016: oneri visite mediche ai sensi dell’art. 41 del d.lgs. n. 81/2008;

  5. n. 15/2016: applicabilità della sorveglianza sanitaria ai medici di continuità assistenziale;

  6. n. 16/2016: presenza del RLS nelle società all’interno delle quali operino esclusivamente soci lavoratori;

  7. n. 17/2016: applicazione del Decreto interministeriale 4 marzo 2013 anche per il personale addetto all’attività di soccorso stradale con carri attrezzi;

  8. n. 18/2016: svolgimento dei corsi RSPP e ASPP in modalità di formazione a distanza;

  9. n. 19/2016: obbligo di designazione e relativa informazione e formazione degli addetti al primo soccorso medico.

Si rammenta che, con gli interpelli di cui all’art. 12, TUS, sono risolti quesiti di ordine generale sull’applicazione della normativa in materia di salute e sicurezza del lavoro. Per espressa disposizione di legge, le indicazioni ministeriali fornite nelle risposte ai quesiti costituiscono criteri interpretativi e direttivi per l’esercizio delle attività di vigilanza (art. 12, co. 3, TUS) assumendo, per questa loro qualità, una funzione quasi scriminante per chi è chiamato ad applicare il TUS (datori di lavoro, dirigenti, preposti, ecc.).

Per comodità di consultazione e per completezza informativa, si uniscono in formato pdf tutti gli interpelli sopracitati. Appare comunque utile soffermarsi sugli interpelli n. 12, n. 13 e n. 17, perché più attinenti alle tematiche affrontate nel sito. In particolare:

- con l’interpello n. 12/2016, il Ministero ha chiarito che la segnaletica e delimitazione di cantiere prevista dal D.M. 10/7/2002 (attuativo dell’art. 30, co. 4, D.P.R. n. 495/1992, “Regolamento di attuazione del Codice della Strada”) può essere intesa anche come recinzione di cantiere ai sensi dell’art. 109 del TUS (cioè idonea ad impedire l’accesso di estranei alle lavorazioni), quando la stessa presenti le caratteristiche richieste. Sicchè occorrerà valutare di volta in volta in relazione al caso concreto, l’eventuale idoneità degli apprestamenti segnaletici previsti per i cantieri stradali fissi o mobili dal detto D.M. 10/7/2002 (artt. 9 e 10, e segnali riportati nella c.d. “Tavola 0” del decreto) anche ai fini dell’art. 109 TUS.

- Con l’interpello n. 13/2016, invece, il Ministero ha affermato che una piattaforma aerea su carro, impiegata al posto di un ponteggio metallico fisso perché migliorativa delle condizioni di sicurezza per l’esecuzione dei lavori previsti, deve essere inserita nella stima dei costi per la sicurezza nel caso in cui il coordinatore per la progettazione la ritenga misura preventiva e protettiva per lavori interferenti. Sul punto, infatti, viene ricordata la previsione dell’allegato XV, punto 4.1, lett. b), D. Lgs. 81/2008 secondo cui la stima dei costi contiene anche le misure preventive e protettive previste nel piano di sicurezza e coordinamento – PSC per lavori interferenti, comprendenti “tra l’altro, le attrezzature di lavoro, definite al punto 1.1.1 lett. d) come qualsiasi macchina, apparecchio, utensile o impianto destinato ad essere usato durante il lavoro ed elencate in modo non esaustivo nell’allegato XV.1 e comprendenti: le gru, autogrù, argani, elevatori ecc.”.

Va evidenziato, quindi, che per l’effetto anche tale costo NON è soggetto a ribasso, atteso il noto divieto di cui al punto 4.1.4. dell’allegato XV, TUS, secondo il quale  “i costi della sicurezza così individuati, sono compresi nell'importo totale dei lavori, ed individuano la parte del costo dell'opera da non assoggettare a ribasso nelle offerte delle imprese esecutrici”.

- Infine, con l’interpello n. 17/2016, il Ministero ha precisato che l’attività di soccorso stradale rientra a pieno titolo tra le attività lavorative che si svolgono in presenza di traffico veicolare di cui al Decreto interministeriale 4/3/2013 (attuativo dell’art. 161, co. 2-bis, TUS), anche alla luce del richiamo espresso alle situazioni incidentali all’interno del campo di applicazione del detto D.M. 10/7/2002, già citato sopra nell’interpello n. 12/2016.

Il Decreto interministeriale 4/3/2013 (pubbl., per comunicato, nella G.U. 20/3/2013, n. 67), è disponibile al seguente link:

http://www.lavoro.gov.it/documenti-e-norme/normative/Documents/2013/Decreto_Interministeriale_4_marzo_2013.pdf

Pertanto, a giudizio della Commissione del Ministero del Lavoro, “i lavoratori che svolgono attività di soccorso stradale con apposizione di segnaletica temporanea nei casi previsti dal Decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti del 10 luglio 2002 rientrano nel campo di applicazione del Decreto Interministeriale 4 marzo 2013.

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Lunedì, 24 Ottobre 2016 08:47

DURC istruzioni Inail e Min Lav

Nella G.U. del 19/10/2016, n. 245è stato pubblicato il Decreto interministeriale 23/2/2016 con alcune significative modifiche al DURC disciplinato dal Decreto interministeriale 30/1/2015 - Semplificazione in materia di documento unico di regolarità contributiva (DURC).

In primo luogo, con la modifica dell’art. 2, comma 1 del detto D.M. 30/1/2015, è stato precisato che la verifica di regolarità contributiva riguardante le Casse Edili è fatta - ai soli fini DURC -, per tutte le imprese che applicano il CCNL dell’edilizia.

Difatti, come precisato dal Ministero del Lavoro con la Circolare esplicativa n. 38 del 2/11/2016 (qui unita in pdf), la detta verifica di regolarità contributiva per i versamenti alle Casse edili deve essere compiuta anche rispetto alle imprese cheeffettivamente applicano il CCNL del settore edile, pur essendo classificate a fini previdenziali (ai sensi della L. n. 88/1989)in settore diverso dall’edilizia. Tali indicazioni sono confermate anche nella successiva circolare INAIL n. 48 del 14/11/2016 (qui unita in pdf), secondo la quale “il sistema dell’Inps effettuerà … l’interrogazione negli archivi delle Casse edili anche se per il codice fiscale non è presente il codice statistico contributivo (c.s.c.) edile”.

In secondo luogo, con la modifica dell’art. 5, è stato esteso l’ambito di applicazione della condizione di regolarità già ivi prevista (per le imprese in fallimento e per quelle in amministrazione straordinaria ai sensi del D. Lgs. n. 270/1999), anche alle imprese ammesse alla procedura di liquidazione coatta amministrativa con esercizio provvisorio ed a quelle ammesse alla procedura di amministrazione straordinaria prevista per il risanamento delle grandi imprese in crisi di cui al D.L. n. 347/2003 (conv. in L. n. 39/2004).

Le dette imprese, pertanto, si considerano regolari con riferimento agli obblighi contributivi nei confronti di INPS, INAIL e Casse edili scaduti, rispettivamente, prima dell’autorizzazione all’esercizio provvisorio e della dichiarazione di apertura della procedura.

Per effetto delle modifiche introdotte dal nuovo Decreto, inoltre, NON è più necessaria, per il ricorrere della detta condizione di regolarità, l’avvenuta insinuazione al passivo da parte degli Enti previdenziali.

Ne consegue, come chiarito dal Ministero del Lavoro che “l’impresa va considerata regolare per il solo fatto che gli obblighi contributivi siano scaduti anteriormente alla data di autorizzazione all’esercizio provvisorio (comma 2) o alla data di apertura della procedura di amministrazione straordinaria (comma 3).”Ciò in considerazione della finalità della disposizione normativa, volta alla prosecuzione dell’attività imprenditoriale, anche nella prospettiva di un possibile ritorno in bonis dell’impresa” (Vd. Circ. n. 38/2016 cit.). Al riguardo, alcune precisazioni di rilievo sono indicate nella circolare INAIL n. 48/2016, secondo cui resta fermo che l’impresa deve comunque essere regolare con riferimento agli obblighi contributivi riferiti ai periodi successivi, decorrenti dalla data di autorizzazione all’esercizio provvisorio o dalla data di apertura della procedura di amministrazione straordinaria.La normativa descritta si applica alle nuove richieste di regolarità contributiva e a quelle in istruttoria alla data della presente circolare” (queste ultime dovrebbero essere quelle presentate dopo il 4.11.2016, data di entrata in vigore della riforma, n.d.r.).

Si allega in PDF per comodità di consultazione il testo del D.I. modificativo che entra in vigore il 4 novembre 2016, corredato delle predette circolari n. 38/2016 (Min. Lav.) e n. 48/2016 (INAIL).

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Giovedì, 13 Ottobre 2016 12:52

ANAC - Linee Guida n. 2 OEPV

Sono state pubblicate nella G.U. n. 238 dell’11 ottobre 2016 le seconde Linee guida di attuazione del Nuovo Codice dei Contratti Pubblici (D. Lgs. n. 50/2016) adottate dall’ ANAC (con Det. n. 1005 del 21 settembre 2016): si tratta delle Linee Guida n. 2 recanti “Offerta economicamente più vantaggiosa”. Al link potete leggere una sintesi.

 

Giovedì, 13 Ottobre 2016 12:35

ANAC - Linee Guida n. 2 OEPV

Le seconde Linee guida di attuazione del Nuovo Codice dei Contratti Pubblici (D. Lgs. n. 50/2016) adottate dall’ ANAC con Det. n. 1005 del 21 settembre 2016, sono state pubblicate nella G.U. n. 238 dell’11 ottobre 2016. Si tratta delle Linee Guida n. 2 recanti “Offerta economicamente più vantaggiosa”, qui allegate in PDF per comodità di consultazione.

Le Linee Guida n. 2 sono state adottate dall’ANAC, ai sensi dell’art. 213, comma 2 del Nuovo Codice, nella finalità di fornire indirizzi e istruzioni operative alle stazioni appaltanti per il calcolo dell’offerta economicamente più vantaggiosa (d’ora in poi anche, per brevità, “OEPV”), soprattutto per quanto concerne la scelta del criterio di attribuzione dei punteggi per i diversi elementi qualitativi e quantitativi che compongono l’offerta e la loro successiva aggregazione.

Nel rinviare per un maggiore dettaglio alle formulazioni “tecnico-matematiche” riportate nelle Linee Guida OEPV, quindi, si ritiene opportuno evidenziare che le Linee Guida sono articolate in: (i) criteri di valutazione di cui all’art. 95, Nuovo Codice; (ii) “pesi” o “punteggi” di ponderazione attribuiti a ciascun criterio di valutazione; (iii) valutazione degli elementi quantitativi, con riferimento principale al prezzo; (iv) valutazione degli elementi qualitativi che richiedono una valutazione discrezionale da parte dei commissari gara; (v) formazione della graduatoria.

Va rammentato che, al pari delle Linee Guida n. 1, anche le Linee Guida relative all’offerta economicamente più vantaggiosa sono state adottate ai sensi dell’art. 213, comma 2 del Nuovo Codice, per cui le stesse forniscono indirizzi e istruzioni operative alle stazioni appaltanti, pur avendo carattere non vincolante per queste ultime (analogamente a quanto avviene per le Circolari). In particolare, come ricordato nella relazione illustrativa, “si tratta di linee guida non-vincolanti, finalizzate a fornire indicazioni alle stazioni appaltanti sui criteri da seguire per utilizzare uno strumento previsto dalla normativa vigente”.

Da qui il richiamo alle stazioni appaltanti a “definire in maniera chiara e precisa il criterio di aggiudicazione nonché i criteri di valutazione, i metodi e le formule per l’attribuzione dei punteggi e il metodo per la formazione della graduatoria, finalizzati all’individuazione dell’offerta economicamente più vantaggiosa”, in modo da evitare “formulazioni oscure o ambigue, assicurando la trasparenza dell’attività e la consapevolezza della partecipazione”, raccomandando altresì l’elaborazione di “modelli, anche in formato elettronico, che agevolino la predisposizione e la presentazione delle offerte, tecniche ed economiche da parte dei concorrenti”.

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L’ANAC ha pubblicato il 21/9/2016 sul sito istituzionale le prime linee guida di attuazione del Nuovo Codice dei Contratti Pubblici (D. Lgs. n. 50/2016). Si tratta delle Linee Guida n. 1 recanti gli “Indirizzi generali sull’affidamento dei servizi attinenti all’architettura e all’ingegneria” (Det. n. 973 del 14/9/2016, in G.U. n. 228 del 29 settembre 2016), qui allegate in PDF per comodità di consultazione.

Esse recano in calce a ciascun paragrafo un box di sintesi e sono state adottate dall’ANAC, ai sensi dell’art. 213, comma 2 del Nuovo Codice, nella finalità di fornire indirizzi e istruzioni operative alle stazioni appaltanti; esigenza operativa oggi tanto più avvertita, stante l’intervenuta abrogazione ad opera del Nuovo Codice della previgente disciplina in materia (già contenuta nel D. Lgs. 163/06 e nel D.P.R. n. 207/2010).

Occorre rilevare, innanzitutto, che tali Linee Guida mutuano in sostanza la struttura ed il contenuto della precedente Determinazione ANAC n. 4 del 25/2/2015 recante “Linee guida per l’affidamento dei servizi attinenti all’architettura e all’ingegneria”, con gli adattamenti resi necessari dall’entrata in vigore del D. Lgs. 50/2016 e quelli occorrenti a recepire le indicazioni fornite dal Consiglio di Stato con il citato Parere n. 1767/2016.

L’ANAC fornisce indicazioni particolarmente significative in merito ai requisiti da richiedere ai concorrenti (parzialmente ripetitive del DPR 207/2010), sottolineando che le disposizioni del D. Lgs. 50/2016 relative ai requisiti di capacità economica e tecnica ed alla prova degli stessi (artt. 83, 86 ed all. XVII) costituiscono “indicazioni poste a presidio della massima partecipazione alle gare in ossequio ai princìpi di proporzionalità e di concorrenza” in linea con quanto previsto dalla Legge Delega (art. 1, punto ccc, L. n. 11/2016).

E’ da ritenersi quindi che i detti principi debbano orientare le stazioni appaltanti, non solo nella predeterminazione dei requisiti di partecipazione, ma anche nella valutazione degli stessi ai fini dell’ammissione dei concorrenti, dovendo privilegiare nel dubbio interpretazioni che consentono la massima partecipazione, fermo restando il rispetto della par condicio tra i concorrenti (per l’affermazione della funzione pro concorrenziale del Nuovo Codice dei Contratti Pubblici: vd. T.A.R. Lazio, sent. n. 9441 del 30/8/2016).

Va evidenziato, infine, che le citate Linee Guida n. 1, in quanto adottate ai sensi dell’art. 213, comma 2 del Nuovo Codice, forniscono indirizzi e istruzioni operative alle stazioni appaltanti, pur avendo carattere non vincolante per queste ultime (analogamente a quanto avviene per le Circolari). Le stazioni appaltanti potranno, pertanto, se del caso discostarsi dalle direttive contenute nelle Linee Guida, mediante atto recante adeguata e specifica motivazione, qualora la peculiarità della fattispecie concreta giustifichi “una deviazione dall’indirizzo fornito dall’ANAC ovvero se sempre la vicenda puntuale evidenzi eventuali illegittimità delle linee guida nella fase attuativa (Cons. Stato, Parere n. 1767/2016, cit.)

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All’indomani dell’entrata in vigore di un nuovo testo normativo c’è sempre il dubbio sul regime transitorio e sulla portata del principio “tempus regit actum”. Non fa eccezione a questa regola il Nuovo Codice dei Contratti pubblici (D. Lgs. 50/2016) che, a proposito delle infrastrutture strategiche disciplinate dagli artt. 161 e ss. D. Lgs. 163/2016 (che recepivano la c.d. Legge Obiettivo), dedica l’art. 216, comma 27, D. Lgs. 50/2016.

Secondo tale disposizione le procedure per la valutazione di impatto ambientale (“VIA”) delle infrastrutture strategiche, già avviate al 19/9/2016 in base alla disciplina prevista dal D. Lgs. 163/06 (art. 182 ss.), debbono essere concluse secondo queste ultime disposizioni, che si applicano anche per le varianti.

L’ANAC, in risposta ad un quesito del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, con la Delibera n. 924 del 7/9/2016 (pubblicata il 15/9/2016) - qui allegata – ha, innanzitutto, ricostruito il quadro normativo di riferimento, richiamando in particolare la contestuale approvazione, mediante Delibera CIPE, della compatibilità ambientale e del progetto preliminare prevista dall’art. 182, co. 6 D. Lgs. 163/06.

Sulla base del detto quadro di riferimento, l’ANAC ha perciò confermato che i progetti delle infrastrutture strategiche già inserite negli strumenti programmatori approvati e per i quali fosse già stata iniziata la procedura di VIA al 19/4/2016, sono approvati secondo la disciplina previgente (art. 161 ss. D. Lgs. 163/2016).

Diversamente, “le procedure” (di VIA ?) “e i contratti per i quali i bandi sono pubblicati successivamente all’entrata in vigore del d. lgs. 50/2016, rientrano nell’ambito di applicazione del nuovo codice”. (cfr. Delibera ANAC n. 924/2016, cit., p.3)

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Con Avviso di rettifica pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 15 luglio 2016 n. 164, sono stati corretti gli errori materiali contenuti nel testo del nuovo Codice dei Contratti Pubblici (D. Lgs. 18 aprile 2016, n. 50, pubblicato nel Supplemento Ordinario N. 10/L alla G.U. - Serie gen. - del 19 aprile 2016, n. 91).
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