Avv Saraceni
Direzione lavori e dell’esecuzione. Il D.M. 49/2018: novità e conferme
PREMESSA: ENTRATA IN VIGORE ED APPLICAZIONE
Nella G.U. n. 111 del 15 maggio 2018 è stato pubblicato il decreto del Ministro delle Infrastrutture e Trasporti 7 marzo 2018, n. 49 recante “Approvazione delle linee guida sulle modalità di svolgimento delle funzioni del direttore dei lavori e del direttore dell'esecuzione” (allegato in calce per pronta consultazione).
Il D.M. n. 49/2018 è entrato in vigore il 30 maggio 2018. Come previsto dall’art. 217, co. 1, lett. u) del D. Lgs. 18 aprile 2016, n. 50 cd. “Codice dei contratti pubblici”, con l’entrata in vigore del D.M. 49/2018, sono stati abrogati gli artt. da 178 a 210 del D.P.R. 5 ottobre 2010, n. 207 (cfr. anche art. 27 D.M. n. 49/2018).
Deve ritenersi, in via di interpretazione sistematica, che il Regolamento in esame sia applicabile ai contratti i cui bandi ed avvisi vengono pubblicati dopo il 30 maggio 2018. Tale principio, affermato in linea generale dall’art. 216, comma 1 del Codice dei contratti pubblici, è stato peraltro ribadito con le modifiche del cd. Correttivo (D. Lgs. 19/4/2017, n. 56) con riferimento alle Linee Guida ANAC (art. 213, comma 17-bis, D. Lgs. 50/2016 s.m.i.). Del resto, poiché le disposizioni del D.M. n. 49/2018, riguardano, in gran parte, la fase di esecuzione del rapporto, le stesse non potrebbero incidere sui contratti in corso, pena un’inammissibile alterazione del sinallagma.
QUADRO D'ASSIEME
Ciò premesso in generale, il D.M. n. 49/2018 consta di n. 4 Titoli: Titolo I “Disposizioni generali” (art. 1); Titolo II “Il direttore dei lavori” (artt. 2-15); Titolo III “Il direttore dell'esecuzione dei contratti relativi a servizi o forniture” (artt. 16-26); Titolo IV “Disposizioni finali” (artt. 27-28).
Accanto alla conferma della disciplina previgente (con la sostanziale trasposizione degli artt. 178-210 D.P.R. 207/2010), si registrano alcune novità sulla direzione lavori (“D.L.”).
CONSEGNA, SOSPENSIONE E RIPRESA DEI LAVORI
Con particolare riferimento alla consegna, alla sospensione (anche parziale) e alla ripresa dei lavori (artt. 5 e 10, D.M. n. 49/2018), il DM 49/2018 riproduce la previgente disciplina di cui rispettivamente agli artt. 153 e ss. e 178 e ss. D.P.R. 207/2010 anche per quanto concerne i termini per la consegna lavori (45 giorni), i rimedi nel caso di ritardo o mancanza della stessa, ivi inclusa la quantificazione del risarcimento e il limite dello stesso.
Occorre però evidenziare alcune novità di rilievo.
In primo luogo, diversamente dalla previgente normativa, il D.M. n. 49/2018 (art. 5, co. 5) attribuisce alla stazione appaltante il compito di individuare nella documentazione contrattuale (e quindi a priori) i casi/la motivazione per non consentire il recesso dell’appaltatore anche quando il ritardo nella consegna superi i tempi consentiti, accogliendo così le indicazioni del Consiglio di Stato nel parere espresso sullo schema di decreto dalla Commissione speciale n. 360/2018 del 12 febbraio 2018.
Inoltre, il limite massimo dell’indennizzo per la sospensione illegittima viene quantificato in misura ridotta rispetto al passato. In particolare, è previsto che i maggiori oneri per spese generali infruttifere si ottengono sottraendo all'importo contrattuale: l'utile di impresa nella misura del 10% e le spese generali nella misura del 15%; sull’importo contrattuale così depurato, si applica poi la percentuale del 6,5%; tale risultato va diviso per il tempo contrattuale e moltiplicato per i giorni di sospensione e costituisce il limite massimo previsto per il risarcimento da sospensione illegittima [art. 10, co. 2, lett. a), D.M. n. 49/2018].
Infine, l’art. 10, comma 6, D.M. n. 49/2018 stabilisce la responsabilità del D.L. nei confronti della stazione appaltante per i casi di sospensione illegittima ordinata dal medesimo D.L. per circostanze non previste dall'articolo 107 del Codice.
VARIANTI DI DETTAGLIO O MIGLIORATIVE
In ordine a tale profilo, si rileva che è stata riprodotta la disposizione già prevista nella previgente normativa (art. 132, D. Lgs. 163/2006), secondo cui il D.L. può ordinare modifiche di dettaglio purché esse non comportino aumento o diminuzione dell'importo contrattuale (cfr. art. 8, comma 7, D.M. n. 49/2018).
Inoltre, su proposta dell’esecutore, l’art. 8, co. 8, D.M. n. 49/2018, impone al D.L. di presentare al RUP le “modifiche dirette a migliorare gli aspetti funzionali, nonché singoli elementi tecnologici o singole componenti del progetto, che non comportano riduzione delle prestazioni qualitative e quantitative stabilite nel progetto stesso e che mantengono inalterate il tempo di esecuzione dei lavori e le condizioni di sicurezza dei lavoratori”.
Le modifiche sopraindicate sono espressamente definite non sostanziali ai fini dell’art. 106 del Codice.
In maniera cautelativa ed in coerenza con quanto previsto nell’art. 106 del Codice, inoltre, è da ritenersi preferibile, in funzione di maggior tutela per la stazione appaltante, stabilire nei documenti di gara (in particolare nello Schema di contratto ovvero nel Capitolato speciale) i limiti percentuali (ad es. 5%) entro i quali dette modifiche sono ammissibili.
Resta ferma la responsabilità del D.L., per come ribadito dall’art. 8, comma 2 del D.M. 49/2018, secondo cui “Il direttore dei lavori risponde delle conseguenze derivanti dall'aver ordinato o lasciato eseguire modifiche o addizioni al progetto, senza averne ottenuto regolare autorizzazione, sempre che non derivino da interventi volti ad evitare danni gravi a persone o cose o a beni soggetti alla legislazione in materia di beni culturali e ambientali o comunque di proprietà delle stazioni appaltanti.”
CONTABILITA'
L’art. 15, D.M. n. 49/2018 stabilisce, in linea generale, che la contabilità dei lavori sia effettuata attraverso strumenti elettronici e, come per il passato, debba essere registrata contemporaneamente ai fatti che la determinano a misura dell’avanzamento (art. 14, D.M. n. 49/2018). Del resto, come riconosciuto da tempo dalla giurisprudenza (Cass. pen., 20-11-1979) i documenti contabili sono atti pubblici a tutti gli effetti di legge; il D.L. effettua il controllo della spesa legata all'esecuzione dell'opera o dei lavori, attraverso la compilazione con precisione e tempestività dei detti documenti contabili, con i quali si realizza l'accertamento e la registrazione dei fatti producenti spesa.
ACCETTAZIONE MATERIALI E VERIFICHE
Va evidenziato che il rifiuto dei materiali da parte del D.L. deve essere riportato nel Registro di contabilità (art. 6, comma 2).
Parimenti, si richiama l’attenzione sull’art. 18 che impone al D.L. di effettuare oltre alle verifiche opportune e necessarie per il controllo sull’esecuzione dei lavori a regola d’arte, in conformità al contratto ed al progetto, anche di eseguire le verifiche previste dal cd. Piano nazionale d'azione sul Green public procurement - altrimenti noto come Pan Gpp (approvato con decreto interministeriale 11 aprile 2008 ed oggetto di successive revisioni), nonché sul rispetto delle norme in tema di sostenibilità ambientale, tra cui le modalità poste in atto dall'esecutore in merito al riuso di materiali di scavo e al riciclo entro lo stesso confine di cantiere (così art. 6, comma 6, D.M. n. 49/2018 e, per quanto riguarda il RUP, art. 34, Codice contratti pubblici).
CRITERI AMBIENTALI MINIMI - CAM
Si ricorda, preliminarmente, che l’art. 34 del Codice dei contratti pubblici stabilisce l’obbligo delle stazioni appaltanti di contribuire al conseguimento degli obiettivi ambientali previsti dal Pan Gpp attraverso l’inserimento, nella documentazione progettuale e di gara, almeno delle specifiche tecniche e delle clausole contrattuali contenute nei criteri ambientali minimi adottati con decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare – cd. CAM (il cui elenco non esaustivo è riportato in appendice al presente contributo).
In coerenza con tale previsione, quindi, l’art. 7, comma 4, D.M. stabilisce l’obbligo per il D.L. di porre “in atto tutti i controlli individuati dal Piano d'azione nazionale per la sostenibilità ambientale dei consumi della pubblica amministrazione con riferimento alle specifiche attività di verifica da attuarsi durante la fase esecutiva dell'opera”.
RISERVE
L’art. 9, D.M. n. 49/2018 statuisce (recependo il rilievo espresso dal Consiglio di Stato nel citato Parere n. 360/2018), che per la gestione delle contestazioni su aspetti tecnici e delle riserve, il D.L. deve attenersi alla relativa disciplina prevista dalla stazione appaltante e riportata nel capitolato d'appalto.
A tale riguardo deve osservarsi che il D.M. 49/2018 già prevede l’onere dell’appaltatore di iscrivere riserva sui verbali di consegna, sospensione, ripresa lavori e sul registro di contabilità, nonché da confermare a pena di decadenza sul conto finale le riserve già iscritte.
Il D.M. 49/2018 non ha invece riprodotto la previgente disciplina circa i termini (perentori), la forma ed il contenuto delle riserve (artt. 190, 191 e 201 del D.P.R. 207/2010) dell’appaltatore, nè le controdeduzioni del D.L. (già non obbligatorie per i settori speciali), né infine la procedura per la gestione delle contestazioni tecniche da parte del D.L. che il previgente Regolamento disciplinava espressamente nell’art. 165. D’altra parte, in via di interpretazione sistematica, va pure rammentato che:
- il ruolo di controllo effettivo del RUP sui lavori è stato ulteriormente rafforzato (cfr. artt. 2 e ss., D.M. n. 49/2018);
- il D.L. è obbligato, ai sensi e per gli effetti dell’art. 205 del Codice, a dare tempestiva informativa al RUP del momento in cui le riserve raggiungono l’importo compreso tra il 5% e il 15%;
- le riserve che hanno formato oggetto di verifica progettuale (art. 205 del Codice) non possono essere avanzate.
Dal punto di vista pratico ed operativo, pertanto, dovrebbe essere sufficiente prevedere nei documenti contrattuali (CSA) la disciplina dei termini già prevista dagli artt. 190 e 191 del D.P.R. 207/2010, mentre non è necessario disciplinare contrattualmente le riserve sul conto finale perché le stesse sono disciplinate dall’art. 14, co. 1, lett. e), D.M. n. 49/2018.
SEMPLIFICAZIONE PER I LAVORI INFERIORI A 40.000 €
Infine, per i lavori di importo inferiore ad € 40.000, l’art. 15, comma 3, D.M. n. 49/2018 consente di sostituire il certificato di regolare esecuzione con il “visto” del D.L. sulle fatture. Si tratta di un’innovazione insidiosa per la stazione appaltante perché ne diminuisce la tutela, eliminando il principio di postnumerazione che regola il versamento del corrispettivo nel contratto d’appalto. In questo modo, infatti, i pagamenti non valgono come acconti ma come accettazione dei lavori (cfr. art. art. 1665, ultimo comma, cod. civ.).
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Appendice – Elenco non esaustivo dei C.A.M.
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D.M. 22 febbraio 2011 “Adozione dei criteri ambientali minimi da inserire nei bandi gara della Pubblica amministrazione per l'acquisto dei seguenti prodotti: tessili, arredi per ufficio, illuminazione pubblica, apparecchiature informatiche”.
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D.M. 25 luglio 2011 “Adozione dei criteri minimi ambientali da inserire nei bandi di gara della Pubblica amministrazione per l'acquisto di prodotti e servizi nei settori della ristorazione collettiva e fornitura di derrate alimentari e serramenti esterni”.
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D.M. 7 marzo 2012 “Adozione dei criteri ambientali minimi da inserire nei bandi di gara della Pubblica Amministrazione per l'acquisto di servizi energetici per gli edifici - servizio di illuminazione e forza motrice - servizio di riscaldamento/raffrescamento”.
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D.M. 8 maggio 2012 “Criteri ambientali minimi per l'acquisizione dei veicoli adibiti al trasporto su strada”.
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D.M. 24 maggio 2012 “Criteri ambientali minimi per l'affidamento del servizio di pulizia e per la fornitura di prodotti per l'igiene”.
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D.M. 4 aprile 2013 “Criteri ambientali minimi per l'acquisto di carta per copia e carta grafica - aggiornamento 2013”.
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D.M. 13 dicembre 2013 “Criteri ambientali minimi per l'affidamento del servizio di gestione del verde pubblico, per acquisto di Ammendanti - aggiornamento 2013, acquisto di piante ornamentali e impianti di irrigazione (Allegato1) e forniture di attrezzature elettriche ed elettroniche d'ufficio - aggiornamento 2013 (Allegato 2)”.
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D.M. 13 febbraio 2014 “Criteri ambientali minimi per «Affidamento del servizio di gestione dei rifiuti urbani» e «Forniture di cartucce toner e cartucce a getto di inchiostro e affidamento del servizio integrato di ritiro e fornitura di cartucce toner e a getto di inchiostro»”.
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D.M. 5 febbraio 2015 “Criteri ambientali minimi per l'acquisto di articoli per l'arredo urbano”.
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D.M. 24 dicembre 2015 “Adozione dei criteri ambientali minimi per l'affidamento di servizi di progettazione e lavori per la nuova costruzione, ristrutturazione e manutenzione di edifici per la gestione dei cantieri della pubblica amministrazione e criteri ambientali minimi per le forniture di ausili per l'incontinenza”.
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D.M. 18 ottobre 2016 “Adozione dei criteri ambientali minimi per l'affidamento del servizio di sanificazione per le strutture sanitarie e per la fornitura di prodotti detergenti”.
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D.M. 11 gennaio 2017 “Adozione dei criteri ambientali minimi per gli arredi per interni, per l'edilizia e per i prodotti tessili”.
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D.M. 27 settembre 2017 “Criteri Ambientali Minimi per l'acquisizione di sorgenti luminose per illuminazione pubblica, l'acquisizione di apparecchi per illuminazione pubblica, l'affidamento del servizio di progettazione di impianti per illuminazione pubblica”.
Per ulteriori approfondimenti si consiglia la consultazione del seguente link:
http://www.minambiente.it/pagina/i-criteri-ambientali-minimi#1
Sismabonus: nuovi sì dall’Agenzia delle Entrate
Sul tema sismabonus si registra, nuovamente, l’atteggiamento favorevole dell’Agenzia delle Entrate sull’applicabilità dell’istituto. Già in passato, infatti, con la risoluzione n. 22/E del 12/03/2018 e la risoluzione 29/11/2017, n. 147/E, l’Agenzia delle Entrate aveva espresso il proprio avviso rispettivamente circa la possibilità di valersi del sismabonus per i fabbricati in locazione e la cumulabilità del sismabonus con altre detrazioni. Più di recente, con la risoluzione 27/04/2018, n. 34/E (allegata in pdf per pronta consultazione), l’Agenzia ha fornito tre ulteriori fondamentali chiarimenti.
In primo luogo, è stata affermata la possibilità di valersi dei benefici previsti dalla normativa anche per “interventi consistenti nella demolizione e ricostruzione di edifici adibiti ad abitazioni private o ad attività produttive ….., nel rispetto di tutte le condizioni previste dalla norma agevolativa, sempreché concretizzino un intervento di ristrutturazione edilizia e non un intervento di nuova costruzione". Ciò precisato in generale, nel caso sottoposto ad interpello "riguardante un intervento di demolizione e ricostruzione di un edificio collabente” (ossia, di un edificio che, per le sue caratteristiche, non è suscettibile di produrre reddito), la risoluzione n. 34/E ha precisato che “ai fini della applicazione della detrazione è necessario che dal titolo amministrativo che assente i lavori risulti che l’opera consista in un intervento di conservazione del patrimonio edilizio esistente e non in un intervento di nuova costruzione”.
In secondo luogo, l’Agenzia delle Entrate ha affermato che la spesa per l’intervento edilizio può essere suddivisa tra gli aventi diritto non in base alle proprie quote di proprietà dell’immobile, ma in base alle spese da ognuno effettivamente sostenute, spesa “attestata dal bonifico di pagamento contenente nella causale il richiamo normativo che dà diritto alla detrazione d’imposta, e dall’intestazione delle fatture rilasciate dall’impresa che esegue i lavori”, con l’importante ulteriore precisazione che “il beneficio può spettare anche a colui che non risulti intestatario del bonifico e/o della fattura, nella misura in cui abbia sostenuto le spese. A tal fine, è necessario che i documenti di spesa (in particolare le fatture pagate) siano appositamente integrati con il nominativo del soggetto che ha sostenuto la spesa e con l'indicazione della relativa percentuale”.
Infine, trattandosi di demolizione con fedele ricostruzione, la risoluzione afferma l’applicabilità dell’ IVA agevolata “prevista per gli interventi di ristrutturazione, vale a dire l’aliquota del 10 per cento, a condizione che le opere siano qualificate come tali dalla documentazione amministrativa che assente i lavori”. Ovviamente, precisa da ultimo la risoluzione di cui trattasi, tutto ciò prescinde dalla tipologia dell’immobile oggetto del recupero, restando inteso «che, qualora gli interventi si configurino come “interventi di nuova costruzione”, si renderanno applicabili le diverse aliquote previste per le varie fattispecie (ad es. prima casa, immobile strumentale, “immobile di lusso”, ecc.)».
Per ulteriori approfondimenti, come di consueto, si rinvia al testo dell’allegata risoluzione n. 34/E del 27/04/2018
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Sismabonus: sì anche per fabbricati in locazione
L’Agenzia delle Entrate, con la risoluzione n. 22/E del 12 marzo 2018 (allegata in pdf per pronta consultazione), conferma il proprio orientamento favorevole sul tema Sismabonus. In particolare, l’Agenzia delle Entrate era stata interpellata da una società che intendeva effettuare “alcuni interventi di miglioramento sismico sull'edificio di sua proprietà, situato in un comune classificato in zona sismica 3, volti ad ottenere una riduzione di due classi di rischio sismico”, precisando altresì che “tale immobile, già adibito ad uffici della Società, a seguito della prevista ristrutturazione” sarebbe rimasto “in parte adibito ad uffici ed in gran parte …. trasformato in residenziale”. Entrambe le tipologie di unità immobiliari, comunque, sarebbero “destinate alla locazione e non più all'uso diretto”.
Ciò premesso, la medesima società chiedeva all’Agenzia delle Entrate “se gli interventi di adeguamento antisismico da porre in essere potevano beneficiare della detrazione ……..anche se le unità immobiliari risultanti dalla ristrutturazione saranno destinate alla locazione abitativa e commerciale e non all'utilizzo diretto ai fini produttivi da parte della Società”.
Dopo aver passato in rassegna la normativa di riferimento, con particolare attenzione al tema delle detrazioni di cui possono godere i soggetti ad IRES – ossia ad imposta sul reddito delle società, l’Agenzia delle Entrate conclude che “la norma in commento non pone alcun ulteriore vincolo di natura soggettiva od oggettiva al riconoscimento del beneficio”, per cui l'ambito applicativo dell’agevolazione deve “intendersi in senso ampio, atteso che la norma intende favorire la messa in sicurezza degli edifici per garantire l’integrità delle persone prima ancora che del patrimonio. Si ritiene, in conclusione, che il "Sismabonus" possa essere riconosciuto anche per gli interventi riguardanti immobili posseduti da società non utilizzati direttamente, ma destinati alla locazione”.
Se si pensa ad alcune zone periferiche delle nostre città, come pure ad alcuni fabbricati industriali ormai fuori contesto, si tratta di un’ulteriore opportunità da cogliere per un’effettiva rigenerazione urbana di opifici sovradimensionati o inutilizzati parzialmente. A questo punto, parafrasando il detto del noto scrittore, si può fare la rivoluzione urbanistica con il permesso del Fisco.
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Esclusione dalla gara e rito superaccelerato: il punto in attesa della Corte UE
1. L’art. 120, comma 2-bis del codice del processo amministrativo, nel disciplinare il rito “superaccelerato” relativo ai contratti pubblici, stabilisce uno specifico termine di decorrenza dei provvedimenti di esclusione dalle procedure di affidamento. In particolare, il provvedimento di esclusione deve essere impugnato nel termine (perentorio) di 30 giorni decorrente dalla relativa pubblicazione nel profilo del committente della stazione appaltante ai sensi dell’art. 29, comma 1, D. Lgs. 08/04/2016, n. 50, meglio noto come “Codice Contratti Pubblici”. La mancata impugnazione entro 30 giorni dalla pubblicazione del provvedimento, oltre a determinare la decadenza del ricorrente, comporta inoltre l’inammissibilità di un eventuale successivo ricorso (incidentale) contro i successivi atti delle procedure di affidamento (in primis, la sottoscrizione del contratto di appalto), nonché l’impossibilità di impugnare la proposta di aggiudicazione e gli altri atti endoprocedimentali privi di immediata lesività.
Come precisato dall’ordinanza del Tar Piemonte, sez. I, 17/01/2018, n. 88 (allegata in pdf per pronta consultazione e di cui si darà conto nel corso del presente contributo), “la previsione di questo rito ….. per l'impugnativa dei provvedimenti di esclusione o di ammissione, risponde alla necessità di consentire la definizione del giudizio prima che si giunga al provvedimento di aggiudicazione; ovverosia, in sostanza, a definire la platea dei soggetti ammessi alla gara in un momento antecedente all'esame delle offerte e alla conseguente aggiudicazione. L’intento del legislatore è stato infatti quello di definire prontamente la platea dei soggetti ammessi alla gara in un momento antecedente all’esame delle offerte (Cons. St., commissione speciale, parere n. 885 del 1° aprile 2016) creando un «nuovo modello complessivo di contenzioso a duplice sequenza, disgiunto per fasi successive del procedimento di gara, dove la raggiunta certezza preventiva circa la res controversa della prima è immaginata come presupposto di sicurezza della seconda» (Cons. St., sez. V, ordinanza n. 1059 del 15 marzo 2017). Una volta che il provvedimento di aggiudicazione intervenga in corso di causa, questo deve essere necessariamente impugnato con ricorso autonomo o con motivi aggiunti, in entrambi i casi con duplicazione degli oneri contributivi”.
2. Fin qui la norma. Ma che cosa succede quando alla seduta di gara partecipa il rappresentante di una ditta controinteressata? Il termine decorre dal giorno della seduta in cui è stata disposta l’ammissione o l’esclusione o, in alternativa, è sempre necessario attendere la pubblicazione del relativo provvedimento nel “profilo del committente della stazione appaltante” come prescrive l’art. 50, Codice Contratti Pubblici? Sul punto va segnalata, per la dovizia di argomentazioni e per le numerose implicazioni pratiche, la sentenza del Tar Campania, sede Napoli, sez. VIII, 18/01/2018, n. 394 (allegata in pdf per pronta consultazione). In tale sentenza, infatti, si dà conto in primo luogo dei due distinti indirizzi giurisprudenziali formatisi al riguardo.
2.1 Con il primo orientamento, il termine per ricorrere viene fissato “in ogni caso dall'avvenuta conoscenza dell'atto di ammissione o esclusione, anche a prescindere dalla pubblicazione del provvedimento di ammissione o esclusione sul profilo del committente ai sensi dell'articolo 29, comma 1, del D. Lgs. 18 aprile 2016 n. 50. Ciò purché siano percepibili i profili che ne rendono evidente l'immediata e concreta lesività per la sfera giuridica dell'interessato (T.A.R. Toscana Firenze, Sez. I, 18/04/2017, n. 582; T.A.R. Puglia Bari, Sez. III, 8 novembre 2016, n. 1262)”.
Al riguardo la sentenza del Tar Campania, Napoli, sez. VIII, n. 394/2018, richiama “in proposito il principio generale secondo il quale, pur in difetto della formale comunicazione dell'atto, il termine di impugnazione decorre dal momento dell'avvenuta conoscenza dell'atto (T.A.R. Veneto Venezia, Sez. I, 17 maggio 2017, n. 492) e, in assenza di una specifica ed espressa previsione legislativa in senso derogatorio e di un rapporto di incompatibilità, si deve ritenere che il comma 2-bis dell’art. 120 c.p.a. non abbia apportato una deroga al principio generale della decorrenza del termine di impugnazione dalla conoscenza completa dell’atto. … Per cui, in difetto della formale comunicazione dell’atto, o in difetto di pubblicazione dell’atto di ammissione sulla piattaforma telematica della stazione appaltante, il termine decorre dal momento dell’avvenuta conoscenza dell’atto stesso, purché siano percepibili i profili che ne rendano evidente la lesività per la sfera giuridica dell’interessato in rapporto al tipo di rimedio apprestato dall’ordinamento processuale. La piena conoscenza dell’atto di ammissione della controinteressata può provenire da qualsiasi fonte, che determina la decorrenza del termine di decadenza per la proposizione del ricorso, non solo in assenza della pubblicazione sul profilo telematico della stazione appaltante, ma anche nel caso in cui la pubblicazione avvenga successivamente (Cons. Stato, Sez. VI, 13 dicembre 2017, n. 5870)”.
2.2 Nel secondo orientamento giurisprudenziale, invece, si afferma che “il termine per l’impugnativa decorra esclusivamente dalla pubblicazione del provvedimento di ammissione o esclusione sul profilo del committente ai sensi dell'articolo 29, comma 1, del D. Lgs. 18 aprile 2016 n. 50 (T.A.R. Campania Napoli, Sez. V, 6 ottobre 2017, n. 4689; T.A.R. Lazio, Roma, sez. III quater, 22 agosto 2017 n. 9379; T.A.R. Lazio, Roma, sez. II quater, 19 luglio 2017 n. 8704; T.A.R. Puglia - Bari I, 7 dicembre 2016 n. 1367; T.A.R. Campania, Napoli, sez. I, 29 maggio 2017, n. 2843; T.A.R. Basilicata, Potenza, sez. I, 13 gennaio 2017 n. 24). Ciò in quanto la disposizione di cui all’art. 120, comma 2-bis, c.p.a. prevede espressamente ed inequivocamente che il dies a quo per proporre tale particolare impugnativa coincida con la data di pubblicazione del provvedimento che determina l’esclusione o l’ammissione sul profilo della stazione appaltante, stante la specialità di una simile previsione, che prevarrebbe su ogni altra previsione o applicazione di tipo giurisprudenziale (T.A.R. Lazio, Roma, sez. III quater, 22 agosto 2017 n. 9379)”.
Per comprendere come la decorrenza del termine di cui all’art. 120, comma 2-bis cod. proc. amm. costituisca una previsione di carattere speciale che, in quanto tale, prevale sulle altre, la sentenza del Tar Campania, Napoli, sez. VIII, n. 394/2018 aggiunge che “…il rito speciale in materia di impugnazione degli atti di esclusione e ammissione costituisca un’eccezione al regime «ordinario» processuale degli appalti (che a sua volta è un’eccezione rispetto al rito ordinario e allo stesso rito accelerato ex art. 119 c.p.a.) e, in quanto tale debba essere applicato solo nel caso espressamente previsto (T.A.R. Puglia Bari I, 7 dicembre 2016 n. 1367), ovverosia quando sia stato emanato il provvedimento di cui all'art. 29, comma 1, secondo periodo del d.lgs. n. 50/2016. In caso contrario l'impugnativa dell'ammissione dell'aggiudicatario deve essere formulata congiuntamente con quella del provvedimento di aggiudicazione (T.A.R. Campania, Napoli, sez. I, 29 maggio 2017, n. 2843)”.
3. Dopo siffatta ricognizione, la sentenza del Tar Campania precisa che “la presenza di un rappresentante della ditta controinteressata alla seduta” [di gara] “determina al più la conoscenza del provvedimento di ammissione e di quanto ivi emerso, oltre alla mera conoscibilità di eventuali ulteriori profili di illegittimità all’esito di successive indagini, ma non certamente la percezione immediata ed effettiva di tutte le irregolarità che, ove esistenti, inficino le relative determinazioni”. Dunque, in parziale adesione al secondo orientamento giurisprudenziale, il Tar valorizza la specialità della normativa e il carattere derogatorio dei principi in materia di impugnativa di cui all’art. 120, comma 2-bis del c.p.a., ritenendo “non sufficiente la presenza di un rappresentante della ditta controinteressata alla seduta di gara … Tale presenza” [aggiunge il Tar] “determina al più la conoscenza del provvedimento di ammissione e di quanto ivi emerso, oltre alla mera conoscibilità di eventuali ulteriori profili di illegittimità all’esito di successive indagini, ma non certamente la percezione immediata ed effettiva di tutte le irregolarità che, ove esistenti, inficino le relative determinazioni”.
Infatti, “stante l’indicato carattere derogatorio, infatti, il criterio dell’effettiva completa conoscenza dell’atto impugnabile, comprensivo di tutti gli aspetti di lesività e illegittimità dello stesso, deve essere applicato in modo restrittivo, ai soli casi in cui, per gli elementi emersi nella seduta di gara, si evince che la parte dovesse essere sin da allora pienamente consapevole dei profili di illegittimità sollevabili”.
4. Lo stesso giorno della sentenza del Tar Campania, Napoli, sez. VIII, n. 394/2018 di cui si è dato fin qui ampiamente conto, poi, deve registrarsi l’ordinanza del Tar Piemonte, sez. I, 18/01/2018, n. 88 (citata all'inizio del presente contributo), con cui sono stati rimessi alla Corte di Giustizia UE, in via pregiudiziale, i seguenti due quesiti sull’art. 120, comma 2-bis, cod. proc. amm.:
“1) se la disciplina europea in materia di diritto di difesa, di giusto processo e di effettività sostanziale della tutela, segnatamente, gli articoli artt. 6 e 13 della CEDU, l’art. 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea e l’art. 1 Dir. 89/665/CEE, 1 e 2 della Direttiva, ostino ad una normativa nazionale, quale l’art. 120 comma 2 bis c.p.a., che, impone all’operatore che partecipa ad una procedura di gara di impugnare l’ammissione/mancata esclusione di un altro soggetto, entro il termine di 30 giorni dalla comunicazione del provvedimento con cui viene disposta l’ammissione/esclusione dei partecipanti;
2) se la disciplina europea in materia di diritto di difesa, di giusto processo e di effettività sostanziale della tutela, segnatamente, gli articoli artt. 6 e 13 della CEDU, l’art. 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea e l’art. 1 Dir. 89/665/CEE, 1 e 2 della Direttiva, osti ad una normativa nazionale quale l’art. 120 comma 2 bis c.p.a., che preclude all’operatore economico di far valere, a conclusione del procedimento, anche con ricorso incidentale, l’illegittimità degli atti di ammissione degli altri operatori, in particolare dell’aggiudicatario o del ricorrente principale, senza aver precedentemente impugnato l’atto di ammissione nel termine suindicato”.
Ora, nel rimanere in attesa del pronunciamento della Corte di Giustizia UE, l’ordinanza del Tar Piemonte, sez. I, n. 88/2018 contiene nelle proprie lettere B) “la normativa nazionale e la sua interpretazione” e C) “Il diritto della Unione: i principi europei in materia di diritto di difesa e di presupposti dell’azione. Il principio di effettività sostanziale della tutela” un’attenta ricognizione delle vicende che hanno portato all’attuale disciplina alla cui lettura per brevità si fa rinvio.
Quel che preme, in questa sede, rilevare sono le aporie individuate dall’ordinanza del Tar Piemonte testé citata. Il Tar, infatti, evidenzia come “l’operatore economico è obbligato ad impugnare le ammissioni di tutti i concorrenti alla gara, senza sapere ancora chi sarà l’aggiudicatario e, parimenti, senza sapere se lui stesso si collocherà in graduatoria in posizione utile per ottenere e/o contestare l’aggiudicazione dell’appalto”. In questo modo, inoltre, “sembrano trovare fondamento le critiche sollevate da parte della dottrina che ha attribuito alla novella legislativa l’intendimento di ridurre le facoltà di difesa e, al contempo, le occasioni di sindacato del giudice amministrativo sull’esito delle gare pubbliche”. Sempre nell'ordinanza del Tar Piemonte, inoltre, si legge che “La violazione ai principi comunitari sopra richiamati, ed in particolare laddove si rende l’accesso alla giustizia amministrativa eccessivamente gravoso, si ravvisa in quanto l’attuale sistema impone a ogni ditta concorrente di: 1) impugnare il provvedimento di ammissione di tutte le altre ditte partecipanti; 2) proporre il relativo ricorso in una fase del procedimento in cui la cognizione dei documenti di gara degli altri concorrenti è resa problematica dalla disciplina dettata nell’art. 53 del d.lgs. n. 50/2016, che al comma terzo vieta di comunicare o comunque di rendere noti gli atti di gara, l’accesso ai quali è differito all’aggiudicazione e, al suo comma quarto, rende punibile, ai sensi dell’art. 326 c.p. (rivelazione di segreti d’ufficio), la condotta del pubblico ufficiale o degli incaricati di pubblico servizio (endiadi in cui sono compresi tutti i funzionari addetti alla procedura di gara) inosservante del divieto ….; 3) formulare censure avverso ogni atto di ammissione, per evitare di incorrere nell’inammissibilità di un ricorso cumulativo (ogni ammissione potrebbe risultare affetta da vizi propri e distinti rispetto all’altra, con diversità oggettiva e soggettiva per ogni ricorso), con la necessaria proposizione di tanti ricorsi quante sono le ditte ammesse e quindi con la conseguenza di dover versare il contributo unificato per ogni ricorso (può dirsi acclarata la funzione dissuasiva all’azione giurisdizionale indotta dal cumulo di tributi giudiziari dovuti in caso di impugnazione separata degli atti di ammissione e di aggiudicazione nell’ambito della stessa procedura di gara)”.
5. La relativa novità dell’art. 120, comma 2-bis, cod. proc. amm., la cui introduzione risale al 2016 e, per la precisione, all’art. 204, comma 1, lettera b), D. Lgs. 08/04/2016, n. 50, la diversità di orientamenti giurisprudenziali, unitamente al rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia operato dall’ordinanza del Tar Piemonte, quindi, impone un monitoraggio dei successivi sviluppi che potranno contribuire a dirimere questi ed altri nodi della questione. Di tali eventuali sviluppi, ovviamente, si darà conto in questo sito.
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VIA e VAS: quanto costano i procedimenti ambientali nel 2018
Ci eravamo occupati in precedenza delle tariffe dei procedimenti ambientali. Oggi, il quadro muta parzialmente con la pubblicazione nel sito istituzionale del Ministero dell’Ambiente del decreto interministeriale 4 gennaio 2018, n. 1, registrato alla Corte dei Conti il 26 gennaio 2018 (allegato in pdf per pronta consultazione) con il quale sono state fissate le tariffe per le attività istruttorie, di monitoraggio e controllo delle procedure di verifica di assoggettabilità di VIA, di VIA e di VAS. Successivamente, in attuazione del decreto interministeriale n. 1/2018, è stato emanato il decreto dirigenziale n. 47 del 2 febbraio 2018 (allegato in pdf per pronta consultazione) che, in vigore dal 6 febbraio 2018, stabilisce il calcolo degli oneri economici e le modalità di presentazione della documentazione comprovante l’avvenuto pagamento relativo alle predette procedure. Per sintesi, infine, è riportato qui di seguito il riepilogo delle relative tariffe disponibile nel sito istituzionale del Ministero dell’Ambiente.
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1) Verifica di Assoggettabilità a VAS: euro 5.000,00
2) VAS: euro 15.000,00; euro 10.000,00 qualora l’istanza di VAS sia stata preceduta da una procedura di verifica di assoggettabilità a VAS.
3) Verifica di Assoggettabilità a VIA: 0,25 per mille del valore dell’opera da realizzare (limite massimo dell’importo di euro 10.000,00)
4) Valutazione Impatto Ambientale: 0,5 per mille del valore delle opere da realizzare
5) Valutazione Impatto Ambientale nell’ambito del Provvedimento unico in materia ambientale: 0,5 per mille del valore delle opere da realizzare
6) Valutazione Impatto Ambientale (Legge Obiettivo 443/2001): 0,5 per mille del valore delle opere da realizzare
7) Verifica di Ottemperanza (Legge Obiettivo 443/2001): euro 25.000,00
8) Verifica di Attuazione (Legge Obiettivo 443/2001): 0,25 per mille del valore dell’opera determinato sulla base del progetto esecutivo. L’importo suddiviso per le annualità è versato entro il 30 gennaio di ogni anno. Per le opere per le quali, le verifiche di attuazione, risultino già parzialmente effettuate al 6/2/2018 (data di entrata in vigore del decreto n.1 del 4 gennaio 2018), l’importo è dovuto in proporzione solo per le restanti annualità, o quota parte di esse, per le quali sono ancora da espletare le attività di verifica.
9) Riesame provvedimenti già emanati VIA: 25% di quanto già versato a titolo di 0,5 per mille del valore delle opere da realizzare
10) Riesame provvedimenti già emanati VAS: euro 3.000,00
11) Riesame di provvedimenti di VIA già emanati e relativi ai progetti di cui alla legge 21 dicembre 2001, n. 443: 25% di quanto già versato a titolo di 0,5 per mille del valore delle opere da realizzare.
Ci siamo: in G.U. le NTC 2018. Le indicazioni del CSLLPP
Dopo quasi dieci anni dall’ultimo decreto, é stato finalmente pubblicato (nel Supplemento Ordinario n. 8 alla Gazzetta Ufficiale 20/02/2018, n. 42), il Decreto Ministeriale 17/1/2018 "Aggiornamento delle «Norme tecniche per le costruzioni»" (allegato in pdf).
Con il decreto ministeriale, che entra in vigore il 22 marzo 2018 (cfr. art. 3), sono state approvate le norme che “definiscono i principi per il progetto, l’esecuzione e il collaudo delle costruzioni, nei riguardi delle prestazioni loro richieste in termini di requisiti essenziali di resistenza meccanica e stabilità, anche in caso di incendio, e di durabilità. Esse forniscono quindi i criteri generali di sicurezza, precisano le azioni che devono essere utilizzate nel progetto, definiscono lecaratteristiche dei materiali e dei prodotti e, più in generale, trattano gli aspetti attinenti alla sicurezza strutturale delle opere”.
Il decreto si compone di tre articoli e di un allegato i cui contenuti è impossibile sintetizzare ed al cui testo allegato si rinvia.
Con l’art. 1 “Approvazione” viene, appunto, approvato il testo delle norme tecniche per le costruzioni (d’ora in poi NTC) che “sostituiscono quelle approvate con il decreto ministeriale 14 gennaio 2008” che, come si avrà modo di vedere, è tuttora applicabile per alcune fattispecie.
Con l’art. 2 “Ambito di applicazione e disposizioni transitorie”, infatti, è delineato un regime distinto tra opere pubbliche e opere private. Per le prime occorre, ulteriormente, distinguere tra le seguenti categorie
a) per opere pubbliche o di pubblica utilità in corso di esecuzione, contratti pubblici di lavori già affidati, nonché per i progetti definitivi o esecutivi già affidati prima della data di entrata in vigore delle NTC (ossia prima del 22 marzo 2018): “si possono continuare ad applicare le previgenti norme tecniche per le costruzioni” fino all’ultimazione dei lavori ed al collaudo statico degli stessi;
b) per contratti pubblici di lavori già affidati, nonché per progetti definitivi o esecutivi già affidati prima del 22 marzo 2018 la detta facoltà di applicare le previgenti norme è esercitabile solo a condizione che la consegna dei relativi lavori avvenga entro 5 (cinque) anni dalla data di entrata in vigore delle nuove NTC, cioè avvenga entro il 22 marzo 2023;
c) per i progetti definitivi o esecutivi già affidati prima del 22 marzo 2018, infine, la facoltà di applicare la normativa previgente è esercitabile solo per i progetti redatti secondo le norme tecniche di cui al citato DM 14/1/2008.
Per le opere private “le cui opere strutturali siano in corso di esecuzione o per le quali sia già stato depositato il progetto esecutivo, ai sensi delle vigenti disposizioni, presso i competenti uffici” (ex Genio Civile) prima del 22/3/2018, “si possono continuare ad applicare le previgenti Norme tecniche per le costruzioni fino all’ultimazione dei lavori ed al collaudo statico degli stessi”.
A sua volta l’Allegato al DM 17/1/2018, che costituisce (come per il passato) il vero e proprio nucleo del provvedimento, si compone di 12 capitoli, rispettivamente denominati “Oggetto”, “Sicurezza e prestazioni attese”, “Azioni sulle costruzioni”, “Costruzioni civili e industriali”, “Ponti”, “Progettazione geotecnica”, “Progettazione per azioni sismiche”, “Costruzioni esistenti”, “Collaudo statico”, “Redazione dei progetti strutturali esecutivi e delle relazioni di calcolo”, “Materiali e prodotti per uso strutturale”, “Riferimenti tecnici”.
La precedente stesura della voce dava conto della probabilità che, prima dell’entrata in vigore delle nuove NTC, fosse emanata un'apposita circolare ministeriale esplicativa. Ebbene, in attesa della circolare ministeriale, deve segnalarsi la pubblicazione nel sito istituzionale del Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici della nota 21/03/2018, n. 3187 (allegata in pdf per pronta consultazione), con la quale il Servizio Tecnico Centrale del CSLLPP ha fornito agli operatori tecnici ed economici interessati ed ai destinatari dei provvedimenti autorizzativi e/o di qualificazione di competenza dello stesso Servizio Tecnico Centrale le prime indicazioni per l’applicazione del nuovo D.M. 17/1/2018 ai relativi procedimenti, sull’impatto dello stesso DM sulle istruttorie del Servizio Tecnico Centrale e sulle attività degli operatori economici coinvolti. Il tutto, precisa opportunamente la nota n. 3187/2018, senza che la mancata emanazione della circolare ministeriale possa costituire ostacolo all'applicazione delle NTC 2018.
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Strumenti urbanistici: cosa sono e quando si impugnano
Accostarsi all’argomento “urbanistica” o, se si preferisce utilizzare un termine più “à la page”, al tema “governo del territorio” sembra una questione riservata a pochi iniziati. Ci si trova, infatti, spesso di fronte a sintesi scontate o ad un patrimonio comune di informazioni ripetuto in modo tralatizio, senza cioè un preciso riferimento normativo o giurisprudenziale.
Oggi, con la lettura delle sentenze del Consiglio di Stato, sez. IV, 19/01/2018 nn. 333 e 332 (allegate in pdf), anche i non addetti ai lavori possono accedere ad un riepilogo comprensibile sulla natura degli strumenti urbanistici e sul regime delle relative impugnazioni.
La questione trae origine dalla contestazione di un permesso di costruire il cui rilascio era stato impugnato da un proprietario di un fondo vicino per una serie di articolate motivazioni.
Nell’affrontare in dettaglio ciascuno dei motivi che avevano trovato accoglimento innanzi al Tar, il Consiglio di Stato (sez. IV, con la sent. n. 333/2018) riforma la sentenza di primo grado ed afferma che, "in tema di disposizioni dirette a regolamentare l'uso del territorio negli aspetti urbanistici ed edilizi, contenute nel piano regolatore, nei piani attuativi o in altro strumento generale individuato dalla normativa regionale, vanno distinte:
a) le prescrizioni che, in via immediata, stabiliscono le potenzialità edificatorie della porzione di territorio interessata (nel cui ambito rientrano le norme di c.d. zonizzazione, la destinazione di aree a soddisfare gli standard urbanistici, la localizzazione di opere pubbliche o di interesse collettivo);
b) le altre regole che, più in dettaglio, disciplinano l'esercizio dell'attività edificatoria, generalmente contenute nelle norme tecniche di attuazione del piano o nel regolamento edilizio (disposizioni sul calcolo delle distanze e delle altezze, sull'osservanza di canoni estetici, sull'assolvimento di oneri procedimentali e documentali, regole tecniche sull'attività costruttiva, ecc.).
Secondo il suddetto indirizzo, per le disposizioni appartenenti alla prima categoria s'impone, in relazione all'immediato effetto conformativo dello ius aedificandi dei proprietari dei suoli interessati che ne deriva, ove se ne intenda contestare il contenuto, un onere di immediata impugnativa in osservanza del termine decadenziale a partire dalla pubblicazione dello strumento pianificatorio.
Invece, le prescrizioni di dettaglio contenute nelle norme di natura regolamentare destinate a regolare la futura attività edilizia, che sono suscettibili di ripetuta applicazione ed esplicano effetto lesivo nel momento in cui è adottato l'atto applicativo, possono essere oggetto di censura in occasione della sua impugnazione (ex multis, sez. IV, n. 5235 del 2015)”.
Dunque, la zonizzazione dell’area in cui è realizzato un edificio, per cui è stato rilasciato il permesso di costruire, deve essere impugnata subito dai soggetti legittimati (ad es. vicini) che si assumano lesi per previsioni che riguardano la stessa zonizzazione dell’area impugnando i provvedimenti emanati sulla base delle NTA. (Si tratta, infatti, di disposizioni rientranti nella fattispecie sub a).
Diverse considerazioni, invece, debbono formularsi per “il mancato esercizio da parte del Comune del potere, previsto nelle NTA, di deliberare per le zone …. uno strumento urbanistico attuativo al fine di avere una più organica sistemazione urbanistica ed edilizia di zone disarticolate, in alternativa all’intervento diretto reso possibile in via immediata dalle stesse disposizioni”, (ossia per la fattispecie sub b).
Sotto questo profilo, infatti, il Consiglio di Stato precisa che “solo il mancato esercizio di tale possibilità in una con il rilascio di permessi di costruire …. rende concreta ed attuale la lesione del vicino che, assumendo esistente una zona solo parzialmente edificata, disarticolata, non compiutamente urbanizzata, in gran parte rientrante nel vincolo paesaggistico previsto dalla legge”, ritenga di impugnare siffatta decisione.
In particolare, la sentenza ricorda che “in presenza di una zona già urbanizzata, va esclusa la necessità dello strumento attuativo solo nei casi in cui la situazione di fatto, in presenza di una pressoché completa edificazione della zona, sia addirittura incompatibile con un piano attuativo (ad es. il lotto residuale ed intercluso in area completamente urbanizzata), non anche nell'ipotesi in cui per effetto di una edificazione disomogenea ci si trovi di fronte ad una situazione che esige un intervento idoneo a restituire efficienza all'abitato, riordinando e talora definendo ex novo un disegno urbanistico di completamento della zona (ad esempio, completando il sistema della viabilità secondaria nella zona o integrando l'urbanizzazione esistente per garantire il rispetto degli standard minimi per spazi e servizi pubblici e le condizioni per l'armonico collegamento con le zone contigue, già asservite all'edificazione”.
Del resto, prosegue il Consiglio di Stato, “l'esigenza di un piano di lottizzazione, quale presupposto per il rilascio della concessione edilizia, si impone anche al fine di un armonico raccordo con il preesistente aggregato abitativo, allo scopo di potenziare le opere di urbanizzazione già esistenti e, quindi, anche alla più limitata funzione di armonizzare aree già compromesse ed urbanizzate, che richiedano una necessaria pianificazione della maglia e perciò anche in caso di lotto intercluso o di altri casi analoghi di zona già edificata e urbanizzata (cfr. Cons. Stato, sez. IV, n. 4200 del 2013, ove numerosi riferimenti ulteriori, cui adde sez. V, n. 1177 del 2012)”.
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Sismabonus e dintorni: novità dalla legge di stabilità 2018
La legge di stabilità 2018 (L. 27/12/2017, n. 205 “Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2018 e bilancio pluriennale per il triennio 2018-2020”) contiene alcuni dei preannunciati interventi in tema di sismabonus e prestazione energetica degli edifici.
In occasione quindi della ripubblicazione (S.O. n. 4 alla G.U. del 19/1/2018, n. 15) del testo di legge coordinato (allegato in pdf per pronta consultazione), si coglie l’occasione per dare conto delle innovazioni apportate al quadro normativo.
1. Edilizia popolare
L’art. 1 comma 3 della L. n. 205/2017 modifica in numerose parti l’art. 14 del decreto-legge 4/6/2013, n. 63 (conv. con modif. nella legge 3/8/2013, n. 90) sulla prestazione energetica degli edifici.
In particolare le detrazioni per gli interventi di efficienza energetica sono state estese anche agli “Istituti autonomi per le case popolari, comunque denominati, nonché dagli enti aventi le stesse finalità sociali dei predetti istituti, istituiti nella forma di società che rispondono ai requisiti della legislazione europea in materia di in house providing e che siano costituiti e operanti alla data del 31 dicembre 2013” (comma 1-sexies, art. 14, d.l. n. 63/2013). Tali detrazioni si applicano non solo sugli immobili di proprietà degli ex IACP, ma anche a quelli “gestiti per conto dei comuni, adibiti ad edilizia residenziale pubblica”, nonché alle “cooperative di abitazione a proprietà indivisa per interventi realizzati su immobili dalle stesse posseduti e assegnati in godimento ai propri soci”.
2. Riqualificazione energetica e miglioramento antisismico
Sulla scia di quanto preannunciato nella risoluzione dell’Agenzia delle Entrate 29/11/2017, n. 147/E, poi, è stato modificato l’art. 14 del citato d.l. n. 64/2013 (con l’inserimento del nuovo comma 2-quater).
In dettaglio, è stato elevato ad € 136.000 (da € 96.000) il tetto dell’ammontare delle spese quando i lavori sono diretti, contemporaneamente, alla riqualificazione energetica dell’edificio ed alla riduzione del rischio sismico.
Inoltre, sono state ulteriormente rafforzate le detrazioni del sismabonus che salgono all’80% nel caso di riduzione di una classe di rischio sismico ed all’85% nel caso di passaggio a due classi di rischio inferiori.
3. Ristrutturazione edilizia: proroga al 31.12.2018 delle detrazioni fiscali
Sono stati prorogate al 31 dicembre 2018 le detrazioni fiscali per gli interventi di ristrutturazione edilizia indicati nell’art. 16-bis, comma 1, Testo unico delle imposte sui redditi - D.P.R. 22/12/1986, n. 917 (art. 1, co. 3 L. n. 205/2017, modificativo dell’art. 16 citato decreto-legge n. 64/2013).
Dunque, fino al 31 dicembre 2018, potrà usufruirsi della detrazione del 50%, fino ad un massimo di spesa di € 96.000, per interventi di ristrutturazione che possono includere anche quelli di riduzione del rischio sismico eseguiti su edifici ricadenti in zona 4 per i quali, come noto, non è possibile accedere ad alcuna delle agevolazioni specifiche del cosiddetto sismabonus.
Analogamente a quanto indicato nel punto 1), inoltre, tali detrazioni “sono usufruibili anche dagli Istituti autonomi per le case popolari, comunque denominati, nonché dagli enti aventi le stesse finalità sociali dei predetti istituti, istituiti nella forma di società che rispondono ai requisiti della legislazione europea in materia di in house providing e che siano costituiti e operanti alla data del 31 dicembre 2013, per interventi realizzati su immobili, di loro proprietà ovvero gestiti per conto dei comuni, adibiti ad edilizia residenziale pubblica, nonché dalle cooperative di abitazione a proprietà indivisa per interventi realizzati su immobili dalle stesse posseduti e assegnati in godimento ai propri soci”.
4. Assicurazioni contro il rischio sismico: detraibilità dei premi fino al 19%
E’ stato, infine, modificato l’art. 15 comma 1, TUIR, (con l’introduzione della lett. f-bis), ad opera dell’art. 1, commi 768, 769 e 770, L. n. 205/2017), così da consentire la detraibilità fino al 19% dei premi assicurativi “aventi per oggetto il rischio di eventi calamitosi stipulate relativamente a unità immobiliari ad uso abitativo”.
La detraibilità, consentita per le spese sostenute dal 1° gennaio 2018, dovrebbe inoltre modificare l’offerta di prodotti assicurativi a tutela del patrimonio immobiliare che, di norma, non prevedono siffatta copertura del rischio.
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Bando-tipo n. 1 per servizi e forniture. L’ANAC approva il Disciplinare di gara
L’ANAC, con deliberazione 22/11/2017, n. 1228 (depositata in cancelleria l’11/12/2017), ha approvato il cd. Bando-tipo n. 1/2017 per servizi e forniture nei settori ordinari, di importo pari o superiore alla soglia comunitaria, aggiudicati con l’offerta economicamente più vantaggiosa. Il Bando-tipo, allegato in pdf/word per pronta consultazione, è stato pubblicato nella G.U. 22.12.2017, n. 298 ed ha acquistato efficacia essendo, ormai, trascorsi 15 giorni dalla sua pubblicazione.
Nonostante la denominazione adottata, più che di un Bando-tipo, siamo di fronte ad uno schema di Disciplinare di gara ossia al documento che, assieme al bando e al capitolato speciale d’appalto, forma la cd. lex specialis della gara. La ragione per cui è stata preferita la redazione del Disciplinare di gara, in luogo del bando, è indicata nella premessa della nota illustrativa al documento (anch’essa allegata in pdf per pronta consultazione) e risiede nell’esigenza di affrontare “aspetti di complessità maggiore rispetto al mero Bando di gara e, dunque, esigenze di orientamento e standardizzazione più avvertite dalle stazioni appaltanti”. Vale la pena di rammentare che, secondo la costante giurisprudenza, bando, disciplinare e capitolato speciale hanno una propria autonomia ed una propria peculiare funzione nell’economia della procedura, il primo fissando le regole della gara, il secondo disciplinando in particolare il procedimento di gara ed il terzo integrando eventualmente le disposizioni del bando, con particolare riferimento, di norma, agli aspetti tecnici anche in funzione dell’assumendo vincolo contrattuale (cfr. C. Stato, sez. V, 09/10/2015, n. 4684; per la definizione di "documento di gara" cfr. art. 3, comma 1 D. Lgs. 50/2016 s.m.i.)
Per i necessari adattamenti al caso concreto, il Disciplinare di gara deve essere letto assieme alla citata nota illustrativa per individuare, innanzitutto, le parti vincolanti (contrassegnate da un carattere normale) e le parti variabili od opzionali (contrassegnate dal ricorso a simboli grafici, corsivo o parentesi quadre).
Nell’impossibilità di dare conto delle singoli previsioni del Disciplinare di gara, si ritiene tuttavia utile soffermarsi sui profili del documento relativi al a) subappalto, al b) soccorso istruttorio ed alle c) dichiarazioni integrative del Documento di gara unico europeo (cd. DGUE) non essendo stato ancora aggiornato al cd. correttivo di cui al D. Lgs. 19/04/2017, n. 56.
a) Subappalto
Per quanto riguarda il subappalto si riportano le indicazioni contenute nella Nota Illustrativa che meglio chiariscono le scelte del Disciplinare.
In primo luogo, l'Autorità rammenta che la “mancata espressione della volontà di ricorso al subappalto non comporta l’esclusione dalla gara, ma la mera impossibilità di ricorrere a tale istituto (Determinazione 10 ottobre 2012, n. 4)”.
In secondo luogo si evidenzia che la mancata indicazione, in sede di offerta, della terna dei subappaltatori o l’indicazione di un numero inferiore a tre “non costituisce motivo di esclusione”, ma comporta per il concorrente la “sanzione” del divieto di subappalto, in coerenza con l’ipotesi di mancata/irregolare costituzione della terna.
Infine, occorre esaminare la scelta operata dall'Autorità nel Disciplinare - tipo di prevedere “la sanzione dell’esclusione dalla gara del concorrente nel caso di mancato possesso, in capo ad uno dei subappaltatori indicati nella terna, dei requisiti prescritti dall’art. 80, Codice dei contratti pubblici (D. Lgs. 50/2016 s.m.i., di seguito anche solo “Codice”).
Tale esclusione, secondo le precisazioni fornite dall’ANAC appare doverosa alla luce del tenore letterale dell’art. 80, comma 5 del Codice, secondo cui “Le stazioni appaltanti escludono dalla partecipazione alla procedura d'appalto un operatore economico” anche quando le situazioni soggettive ivi previste riguardino taluno dei subappaltatori indicati nella terna ai sensi dell’art. 105, comma 6 del D. Lgs. 50/2016.
Difatti, secondo l’Autorità, in mancanza di modifica (mediante il D. Lgs. 56/2017, cd Correttivo) – come a suo tempo sollecitato dal Consiglio di Stato – della disposizione di cui al citato art. 80, comma 5 del Codice, in maniera da renderlo conforme alle direttive comunitarie, non vi sarebbe spazio per una diversa interpretazione.
Ciò, pur in presenza del contrasto esistente con l’art. 105, co. 12 del Codice, che ammette (diversamente dall'art. 80, co. 5) in modo espresso la sostituibilità del subappaltatore nei cui confronti sussistano cause di esclusione. Difatti, secondo l'ANAC il rilevato contrasto sarebbe solo apparente, atteso che l'art. 105, comma 12 del Codice, si riferisce testualmente all’affidatario e non al concorrente, da ciò desumendo che la detta possibilità di sostituire il subappaltatore, sarebbe ammissibile solo in fase di esecuzione (e comunque, successivamente all’aggiudicazione), non anche in sede di gara.
Ci si permette tuttavia di dissentire dalla riferita opzione interpretativa seguita dall’ANAC, poiché tale opzione non appare compatibile con le direttive comunitarie, per un duplice ordine di motivi.
Il primo (come ricordato dalla stessa Autorità nella Nota illustrativa) evidenziato dal Consiglio di Stato nel Parere a suo tempo reso sulle Linee guida relative ai mezzi di prova dei gravi illeciti professionali (Cons. St., comm. spec., 3/11/2016, n. 2286), laddove è stato rilevato che la disposizione in tema di subappalto (art. 105 del Codice), costituisce pertinente trasposizione della Direttiva comunitaria che sembra ammettere la possibilità di sostituire i subappaltatori indicati in sede di gara che risultino privi dei requisiti soggettivi richiesti.
Al riguardo, il Consiglio di Stato, ha suggerito un’interpretazione comunitariamente orientata della disposizione contenuta nell’art. 80, comma 5 del Codice, “ritenendo che, quando è fornita una terna di possibili subappaltatori, sia sufficiente ad evitare l’esclusione del concorrente che almeno uno dei subappaltatori abbia i requisiti e sia qualificato per eseguire la prestazione da subappaltare ovvero che il concorrente dichiari di rinunciare al subappalto, avendo in proprio i requisiti per eseguire le prestazioni.”
Il secondo motivo per dissentire dall’interpretazione seguita dall’ANAC, è costituito dal fatto che essa crea un'ingiustificata disparità di trattamento rispetto a quanto previsto in tema di avvalimento.
Difatti, l’art. 89, comma 3 del Codice, in pertinente trasposizione della Direttiva europea (art. 63, par. 1, comma 2 Dir. 2014/24/UE), quando i motivi di esclusione riguardano l’ausiliaria (dei cui requisiti - occorre sottolineare-, il concorrente si avvale per partecipare alla gara) ne impone la sostituzione, senza prevedere l’esclusione del concorrente.
Costituisce, perciò, un'ingiustificata disparità di trattamento - in violazione dei principi di diretta derivazione dal Trattato di FUE, riaffermati dall’art. 30 del D. Lgs. 50/2016-, consentire la sostituzione dell’ausiliaria che presta al concorrente i requisiti di cui esso è carente, ed invece escludere il concorrente stesso dalla gara, senza possibilità di sostituzione (o rinuncia al subappaltatore), quando il motivo di esclusione riguardi il subappaltatore (non qualificante), cioè un soggetto che NON presta i propri requisiti al concorrente, ma che viene in considerazione nella (sola) fase esecutiva. Ed in tale ultima fase – vale rammentare - la sussistenza di cause di esclusione in capo al subappaltatore, ne impedisce semplicemente l’utilizzazione, atteso l’obbligo dell’appaltatore di eseguire in proprio le opere, i servizi o le forniture oggetto del contratto, fatta salva la sostituzione del subappaltatore (ai sensi dell’art. 105, comma 12 del D. Lgs. 50/2016 s.m.i.).
b) Soccorso istruttorio
Come evidenziato nella Nota Illustrativa, l’ANAC nella condivisibile finalità di fornire alle stazioni appaltanti una guida il più possibile esente da incertezze applicative, con il Disciplinare – tipo “promuove una identificazione chiara ed evidente delle clausole escludenti e della relativa sanabilità, alla luce del soccorso istruttorio”, contrassegnando con il simbolo “►” le carenze non sanabili e con il simbolo “■” le carenze sanabili. Ciò pur rilevando che “le circostanze del caso concreto potrebbero comportare una diversa declinazione delle fattispecie e dei rimedi connessi alle diverse carenze, irregolarità e omissioni”.
Richiamata la nuova e semplificata disciplina del soccorso, istruttorio di cui all’art. 83, comma 9 del Codice (come modificato dal Correttivo), l’Autorità, rileva che l’irregolarità essenziale – fermo restando il limite costituito dal rispetto dei principi di parità di trattamento, segretezza delle offerte e perentorietà del termine di presentazione delle medesime -, è sanabile quando “non si accompagni ad una carenza sostanziale del requisito, della condizione, o dell’elemento a corredo, alla cui dimostrazione la documentazione omessa o irregolarmente prodotta era finalizzata; e la successiva correzione o integrazione documentale è ammessa laddove consenta di attestare l’esistenza di circostanze preesistenti. Il mancato possesso dei prescritti requisiti (condizioni o elementi) non è, infatti, mai sanabile mediante soccorso istruttorio e determina l’esclusione dalla procedura di gara (cfr. Cons. Stato, 2 marzo 2017, n. 975).”
In particolare, come richiamato nella Nota Illustrativa:
- è sanabile l’omessa allegazione delle dichiarazioni dell’ausiliaria, purchè vi sia la dichiarazione di avvalimento dell’ausiliata nel DGUE; NON è sanabile la mancata dichiarazione di avvalimento (e di qualsiasi altro elemento da cui si possa presumere la volontà di ricorrervi), qualora il concorrente non abbia il requisito speciale richiesto per la partecipazione alla gara.
- è sanabile l’omessa dichiarazione di presa visione dei luoghi, purchè il sopralluogo sia stato eseguito.
- è sanabile la mancata allegazione della garanzia fideiussoria di cui all’art. 93 del Codice, purchè sia stata predisposta entro il termine di scadenza di presentazione dell’offerta e tale circostanza risulti da data certa; parimenti sono sanabili con il soccorso istruttorio le carenze o irregolarità (es. di data e importo) della polizza fideiussoria già allegata.
Il termine assegnato dalla Stazione Appaltante ai fini della regolarizzazione, comunque non superiore a dieci giorni, deve essere congruo rispetto all’oggetto da regolarizzare.
c) DGUE
Con riferimento al Documento Gara Unico Europeo (DGUE), da inserire nella busta “A”, relativa alla documentazione amministrativa, viene precisato nella Nota Illustrativa che lo schema allegato al Decreto del MIT del 18/7/2016 s.m.i., costituisce un modello preferenziale, non esclusivo ed obbligatorio, per assolvere agli obblighi dichiarativi richiesti ai fini della partecipazione alla gara; difatti il concorrente può assolvere ai detti obblighi, mediante le dichiarazioni sostitutive ai sensi e per gli effetti degli artt. 46 e 47 D.P.R. n. 445/2000 s.m.i.
D’altra parte il modello allegato al D.M. potrebbe anche non essere pienamente esaustivo delle necessarie dichiarazioni “laddove si verifichi una discrasia tra le dichiarazioni richieste per provvedimenti sopravvenuti di legge ed i tempi di adeguamento del modello stesso da parte degli Uffici ministeriali preposti.” Ed in effetti, nelle more dell’adeguamento (non ancora intervenuto) del detto modello al Correttivo, oltre alla compilazione del DGUE, occorre allegare anche una dichiarazione integrativa circa il possesso dei requisiti di cui all’art. 80, co. 5, lett. f bis ed f ter del Codice (introdotti dal Correttivo).
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Sicurezza sul lavoro, vendita di apparecchi difettosi ed analogia in bonam partem
1. Macchinari difettosi da riparare possono essere venduti senza incorrere in sanzioni? A questa domanda risponde, con una ricostruzione della normativa e della giurisprudenza, l’interpello del Ministero del Lavoro 13/01/2017, n. 1/2017 (allegato in pdf per pronta consultazione).
2. La Commissione si è pronunciata, infatti, su un quesito relativo all'ambito di applicazione degli artt. 23 e 72 D. Lgs. 09/04/2008, n. 81 e s.m.i. (altrimenti noto come “Testo Unico Sicurezza”) che, rispettivamente, vietano e sanzionano penalmente “la fabbricazione, la vendita, il noleggio e la concessione in uso di attrezzature di lavoro, dispositivi di protezione individuale o impianti non conformi alla normativa tecnica, intendono perseguire la finalità di anticipare la tutela della salute e dell’Integrità fisica dei lavoratori, garantendo l’utilizzo unicamente di quei beni conformi ab origine ovvero di quelli preventivamente adeguati alla normativa”.
La Commissione ministeriale, aderendo alla prospettazione della Regione che aveva proposto istanza di interpello facendo leva su Cass. pen., sez. III, 01/10/2013, n. 40590, ricorda che: “...il divieto posto dall’articolo 23 sopra richiamato possa subire [...] un qualche temperamento in chiave derogatoria laddove la vendita venga effettuata per un esclusivo fine riparatorio della macchina in vista di una futura utilizzazione, una volta ripristinata e messa a norma”.
In particolare, prosegue l’interpello n. 1/2017 (l’unico dell’anno da poco trascorso, il n. 2/2017 è stato in realtà pubblicato solo il 16/01/2018), è stato affermato che “sulla base di […] un principio di ragionevolezza, non disgiunto da una regola di ordine economico generale [...] fermo restando che è vietato l’impiego di macchinari non a norma con la conseguenza che una vendita di prodotti di tal fatta è, di regola, vietata stante la conseguenzialità e normalità dell’impiego della macchina nel ciclo produttivo, nell’ottica del passaggio del prodotto industriale alla fase economica successiva (utilizzo)”.
Tuttavia, “laddove quest’ultimo passaggio non vi sia (come nel caso dello stazionamento del macchinario presso una ditta specializzata esclusivamente nella riparazione per la messa a norma con compiti ben specificati che inibiscono una utilizzazione successiva mediata tramite il venditore all’origine), non può ritenersi vietata la vendita di un macchinario in quanto avente uno scopo ben circoscritto, senza alcuna previsione di utilizzazione”.
3. Alla luce di quanto precede si comprende, quindi, la seguente conclusione dell’interpello n. 1/2017: “la circolazione di attrezzature di lavoro, di dispositivi di protezione individuale ovvero di impianti non conformi, senza alcuna previsione di utilizzazione, ma con esclusivo e documentato fine demolitorio ovvero riparatorio per la messa a norma, così come la mera esposizione al pubblico, non ricadono nell’ambito di applicazione delle citate disposizioni normative, in considerazione della relativa ratio legis” (trattandosi, si aggiunge, dell'applicazione del noto principio di “analogia in bonam partem” venendo a mancare, nel caso concreto, qualsiasi tratto di offensività rispetto all'interesse protetto dalla norma così da non configurare alcun reato).
4. Sulla portata dell’interpello n. 1/2017 sono d’obbligo alcune precisazioni. In primo luogo, occorre tenere presente il valore di "quasi scriminante" degli interpelli in materia di sicurezza sul lavoro e, soprattutto, l’indirizzo non uniforme della giurisprudenza che aveva affermato la violazione dell’art. 6, comma 2, D. Lgs. n. 626/1994 (e ora dell'art. 23 D. Lgs. n. 81/2008) da parte del fabbricante-venditore di attrezzature di lavoro non rispondenti alle disposizioni legislative e regolamentari vigenti in materia di sicurezza sul lavoro, a prescindere dal fatto che le stesse risultassero effettivamente utilizzate (cfr. Cass. pen., sez. III, 27/04/2011, n. 16436). Inoltre, si ricorda che, secondo Cass. pen. Sez. III, 12/04/2012, n. 19416, l'art. 23 D.Lgs. n. 81/2008, nel vietare la fabbricazione, la vendita, il noleggio e la concessione in uso di attrezzature e impianti non rispondenti alle disposizioni legislative e regolamentari in materia di salute e di sicurezza sul lavoro, non trova applicazione nel caso di concessione in affitto di un'intera azienda.
Infine, come precisato in motivazione dalla medesima sentenza della Corte di Cassazione n. 40590/2013 (posta a base dell’interpello n. 1/2017), spetta al giudice accertare, con indagine di fatto, le condizioni di vendita stabilite in concreto per escludere l’applicazione di siffatto divieto e della relativa sanzione. Se queste condizioni di vendita non evidenziano la mancata utilizzabilità del bene, quindi, scatterebbero di nuovo il divieto e la sanzione del Testo Unico Sicurezza.
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