Avv Saraceni
1° ottobre 2004: indispensabile la patente a crediti per operare in edilizia
Dal 1° ottobre 2024 indispensabile il possesso della patente a crediti per lavorare nei cantieri temporanei o mobili.
Da questa data, infatti, è entrato in vigore il decreto ministeriale 18 settembre 2024, n. 132 “Regolamento relativo all’individuazione delle modalità di presentazione della domanda per il conseguimento della patente per le imprese e i lavoratori autonomi operanti nei cantieri temporanei o mobili” (allegato per pronta consultazione).
Per orientarsi nel provvedimento, soprattutto nella fase di avvio in cui è consentia l'autocertificazione fino al 31 ottobre 2024, è quantomai necessaria la consultazione della circolare n. 4 del 23 settembre 2024 (allegata per pronta consultazione). È la circolare con cui l’Ispettorato Nazionale del Lavoro (autorità che rilascia la patente) ha dettato le istruzioni sull’applicazione dell’art. 27, decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81 (cd. Testo Unico della sicurezza) che prevede, appunto, il sistema di qualificazione delle imprese e dei lavoratori autonomi tramite crediti, disciplinato dal citato d.m. n. 132/2024.
Del resto, già il legislatore aveva dettato una disciplina piuttosto puntuale della materia stabilendo, oltre i casi di esclusione del predetto obbligo, motivati in sostanza dalla preesistenza di una documentazione equipollente (ad. es. attestazione SOA in classifica pari o superiore alla III,) ovvero dalla natura dell’attività svolta non riconducibile ai cantieri in senso stretto, la dotazione iniziale di crediti della patente, pari a 30, e il numero minimo di crediti (non meno di 15) ai quali è subordinato lo svolgimento dell’attività nei cantieri.
Sono inoltre indicati i requisiti per il rilascio della patente, le sanzioni amministrative in caso di violazione del divieto di attività, le fattispecie di violazioni che determinano una riduzione dei crediti, i casi di revoca della patente, le tipologie di infortuni che, qualora si verifichino nei cantieri, possono determinare la sospensione della patente.
Quanto mai utile, poi, la consultazione delle FAQ disponibili nel sito dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro che, con successiva nota del 7 ottobre 2024, ha precisato che "coloro i quali abbiano inviato esclusivamente l'autocertificazione e non abbiano fatto istanza sul Portale non potranno operare nei cantieri temporanei e mobili a decorrere dal 1° novembre 2024"
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Edilizia: nuove proroghe dei termini
Introduzione
L’art. 4-quater del decreto-legge n. 181/2023, convertito con modificazioni nella legge n. 11/2024, ha disposto la proroga di ulteriori sei mesi dei termini di inizio/ultimazione lavori nel settore dell’edilizia privata e dei termini di validità e di inizio/fine lavori previsti dalle convenzioni di lottizzazione.
L’art. 4-quater interviene sull’art. 10-septies, D.L. 21/2022 e sull’art. 11-decies, D.L. 198/2022) che, in ragione delle difficoltà di approvvigionamento dei materiali edili, nonché dagli incrementi eccezionali dei loro prezzi, ravvisavano la necessità di disporre tali proroghe.
Quest’ultima, quindi, appare implicitamente riconosciuta anche dall’attuale legislatore, con superamento delle precedenti interpretazioni secondo cui la crisi economica del settore edile non costituiva, di per sé, un motivo per consentire la proroga sic et simpliciter dei termini del permesso di costruire (cfr. Cons. Stato, sez. IV, n. 1520/2016).
Interventi diretti o indiretti: regime differenziato
Come avvenuto per i precedenti provvedimenti del 2022, l’art. 4-quater distingue tra due gruppi, ossia tra i cd. interventi diretti (vale a dire: permessi di costruire, SCIA e autorizzazioni in genere) e i cd. interventi indiretti (ossia, convenzioni di lottizzazione, piani attuativi ed accordi similari).
Interventi diretti
Per il primo gruppo, la norma estende da due anni (come già previsto dal citato art. 10-septies) a 30 mesi la proroga dei termini di inizio/ultimazione dei lavori di cui all'art. 15 del D.P.R. n. 380/2001 (Testo unico in materia edilizia), relativi ai permessi di costruire rilasciati o formatisi fino al 30 giugno 2024 (termine anch’esso prorogato di sei mesi rispetto alla vigente previsione del 31 dicembre 2023).
Condizioni di efficacia
Per l’efficacia di tale proroga, è necessaria la comunicazione dell'interessato di volersi avvalere della proroga che, per altri versi, deve intervenire prima della decorrenza di tali termini e non deve riguardare titoli abilitativi in contrasto con nuovi strumenti urbanistici approvati, nonché con piani o provvedimenti di tutela dei beni culturali o del paesaggio, ai sensi del d.lgs. n. 42/2004 (Codice dei beni culturali).
Ambito di applicazione
Tale proroga, inoltre, opera anche per i termini relativi alle SCIA, nonché delle autorizzazioni paesaggistiche e alle dichiarazioni e autorizzazioni ambientali comunque denominate, nonché per i permessi di costruire e le SCIA per i quali l'amministrazione competente abbia accordato una proroga ai sensi dell'art. 15, comma 2, del D.P.R. n. 380/2001 (cioè per fatti sopravvenuti, estranei alla volontà del titolare del permesso di costruire), oppure ai sensi dell'art. 10, comma 4, del D.L. n. 76/2020 (che prevedeva una prima proroga) e dell'art. 103, comma 2, del D.L. n. 18/2020 (cd. decreto Cura Italia).
Le modifiche così disposte, infine, non riguardano il comma 2-bis dell’art. 15 del D.P.R. 380/2001 per cui la proroga di tali termini è accordata, comunque, quanto i relativi lavori non possono essere iniziati o conclusi per iniziative dell’amministrazione o dell’autorità giudiziarie, rivelatesi poi infondate (come, ad esempio, un’ordinanza di sospensione dei lavori o un sequestro del cantiere, poi dichiarati illegittimi).
Interventi indiretti: automaticità
Per il secondo gruppo, invece, la proroga opera di diritto senza cioè la necessità di una comunicazione dell’interessato.
Ambito di applicazione
La proroga del termine di validità riguarda i termini di inizio/fine lavori previsti dalle convenzioni di lottizzazione di cui all'art. 28 della L. n. 1150/1942, o dagli accordi similari comunque denominati dalla legislazione regionale, nonché dei termini concernenti i relativi piani attuativi e qualunque altro atto ad essi propedeutico, formatisi fino al 30 giugno 2024 (termine anch’esso prorogato di sei mesi rispetto alla vigente previsione del 31 dicembre 2023), purché non siano in contrasto con piani o provvedimenti di tutela dei beni culturali o del paesaggio, ai sensi del d.lgs. n. 42/2004.
Tale proroga, infine, si applica anche alle convenzioni di lottizzazione, agli accordi similari e ai piani attuativi che abbiano già usufruito della proroga di tre anni di cui all'art. 30, comma 3-bis, del D.L. n. 69/2013 (cd. Decreto del Fare), e della analoga proroga di tre anni di cui all'art. 10, comma 4-bis, del D.L. n. 76/2020 (cd. Decreto Semplificazioni 2020).
Considerazioni d’assieme
In linea generale, il ginepraio dei termini, ordinari o prorogati, non agevola gli operatori del settore.
Questi ultimi, infatti, alla vigilia della scadenza dei vari termini (prorogati), devono controllare se sia disposta o meno un’ulteriore proroga, come pure se si è ancora nel regime ordinario dell’art. 15 del D.P.R. 380/2001 e dell’art. 28, legge n. 1150/1942 (disciplina apparentemente recessiva) oppure in quello derogatorio risalente, in taluni casi (cfr. paragrafo precedente), addirittura al 2013 (anno del citato Decreto del Fare).
Gli operatori della P.A., poi, sono quasi del tutto esautorati dalle loro funzioni. Questo perché le indicazioni temporali che, necessariamente, sono presenti nei provvedimenti di rilascio dei permessi di costruire o nelle convenzioni di lottizzazione (art. xxx “Durata”), rischiano di diventare mere clausole di stile, potendo essere superate con l’applicazione (su richiesta o automatica) della normativa fin qui esaminata.
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Procedure sotto-soglia? Ecco i chiarimenti ministeriali sul d.lgs. 36/2023
Segnaliamo che, nel sito istituzionale del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, è stata pubblicata l'allegata circolare a firma del Ministro del 20 novembre 2023, avente ad oggetto: "Procedure per l’affidamento ex art. 50 del D.Lgs. n. 36/2023 – Chiarimenti interpretativi in merito alla possibilità di ricorrere alle procedure ordinarie".
Come indicato nel sito istituzionale, la circolare ministeriale reca chiarimenti in merito alla portata normativa delle disposizioni di cui all’art. 50 del decreto legislativo 31 marzo 2023, n. 36, recante il “Codice dei contratti pubblici”, che disciplinano le procedure per l’affidamento dei contratti pubblici di lavori, servizi e forniture di importo inferiore alle soglie definite dall’art. 14 del medesimo decreto.
Si ricorda che, fino al 31 dicembre 2023, le soglie di rilevanza europea sono le seguenti: a) euro 5.382.000 per lavori e concessioni anche nei settori speciali; b) euro 140.000 per forniture e servizi/euro 431.000 per forniture e servizi nei settori speciali.
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Silenzio-assenso? Si applica in caso di parere tardivo della Soprintendenza
La sentenza del Consiglio di Stato, sez. IV, 2 ottobre 2023, n. 8610 (allegata in copia per pronta consultazione) individua, con chiarezza, alcuni principi sul silenzio-assenso, soffermandosi sulla relativa applicazione in caso di amministrazioni che tutelano interessi costituzionali di grado superiore, quali la Soprintendenza in sede di autorizzazione paesaggistica disciplinata dagli artt. 146 e ss. d.lgs. 22 gennaio 2004, n. 42, altrimenti noto come “Codice dei beni culturali e del paesaggio”.
Al termine di un’articolata ricostruzione della normativa, che trae le mosse dalla cd. Riforma Madia della legge sul procedimento amministrativo e dai relativi decreti attuativi per giungere ai cosiddetti decreti semplificazione del 2020 e del 2021, oggetto di diverse opzioni interpretative da parte del medesimo Consiglio di Stato, la sentenza aderisce all’orientamento che ritiene applicabile l’art. 17-bis, legge 7 agosto 1990, n. 241 al parere della Soprintendenza che è “espressione di una cogestione attiva del vincolo paesaggistico”.
Pertanto, il parere espresso successivamente al decorso dei termini fissati dal procedimento, deve ritenersi tardivo e privo di effetti.
Si tratta, a ben vedere, di una sentenza che, ponendo fine ad una diatriba tra gli interpreti e gli operatori del settore anche per altre analoghe vicende (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 8 luglio 2022 n. 5746 anch’essa allegata per pronta consultazione e condivisione), riconosce l’intento del legislatore di raggiungere, attraverso gli istituti di semplificazione di cui agli artt. 14-bis, in tema di conferenza di servizi e 17-bis della legge n. 241/1990 un delicato punto di equilibrio tra la tutela degli interessi sensibili e la, parimenti avvertita, esigenza di garantire una risposta (positiva o negativa) entro termini ragionevoli all’operatore economico, che, diversamente, rimarrebbe esposto al rischio dell’omissione burocratica.
Secondo il Consiglio di Stato, infatti, la protezione del valore paesaggistico attribuisce all’autorità tutoria non solo diritti ma anche "doveri e responsabilità". In tale composito quadro, la competenza della Soprintendenza resta garantita sia pure entro termini stringenti entro i quali deve esercitare la propria funzione.
Né precisa la sentenza, in caso di mancato esercizio del potere entro i termini assegnati dall’ordinamento alla Soprintendenza, l’interesse paesaggistico rimane privo di tutela, posto che resta ferma la possibilità della Soprintendenza di poter agire in autotutela secondo il principio del contrarius actus.
Si invitano gli utenti alla lettura dell’allegata sentenza che, al di là del caso specifico, riconosce gli effetti della normativa sopravvenuta che vincola anche il giudice.
Per il Consiglio di Stato, infatti, la legge specialmente quando formulata mediante la c.d. tecnica per fattispecie analitica, fornisce la misura della discrezionalità giudiziaria, rappresentando il punto fermo da cui occorre muovere nell’attività interpretativa e a cui è necessario ritornare all’esito del combinato ricorso a tutti gli altri canoni di interpretazione.
Da qui l’insussistenza di un potere del giudice di decidere una controversia a lui sottoposta facendo diretta applicazione di un principio costituzionale anche quando non si sia in presenza di una lacuna che, va aggiunto, era inesistente nel caso sottoposto al giudizio del Consiglio di Stato.
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Sintesi nuovo Codice contratti pubblici (d.lgs. 36/2023)
Riprendiamo l’aggiornamento del sito occupandoci del decreto legislativo 31 marzo 2023, n. 36 “Codice dei contratti pubblici in attuazione dell’articolo 1 della legge 21 giugno 2022, n. 78, recante delega al Governo in materia di contratti pubblici”, pubblicato nel Supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 77 del 31 marzo 2023 – Serie generale.
In allegato troverete un primo inquadramento del Codice dei Contratti Pubblici, così articolato:
A) Applicazione e regime transitorio: generalità
A.1) Regime transitorio: specificazioni A.2) Caratteristiche generali
B) Principali novità del nuovo Codice
B.1 Principi generali B.2 Digitalizzazione B.3 Affidamenti sottosoglia B.4 Suddivisione in Lotti B.5 Revisione prezzi B.6 Qualificazione delle stazioni appaltanti B.7 Trasparenza delle procedure e accesso agli atti per i concorrenti non definitivamente esclusi B.8 Cause di esclusione e illecito professionale B.9 Criteri di aggiudicazione B.10 Subappalto “a cascata” B.11 Varianti migliorative B.12 Settori Speciali B.13 Competenze ANAC
Vi auguriamo buona consultazione
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Dal 16 maggio 2020 più semplice il deposito dei progetti al Genio Civile
INTRODUZIONE
Nella Gazzetta Ufficiale n. 124 del 15 maggio 2020 è stato pubblicato il decreto ministeriale (Infrastrutture e Trasporti) 30 aprile 2020, denominato “Approvazione delle linee guida per l’individuazione, dal punto di vista strutturale, degli interventi di cui all’art. 94-bis, comma 1, del D.P.R. n. 380/2001, nonché delle varianti di carattere non sostanziale per le quali non occorre il preavviso di cui all’art. 93” (allegato in pdf per pronta consultazione).
Con tale decreto, entrato in vigore già dal 16 maggio 2020, si dà attuazione a livello nazionale ad una delle disposizioni del cd. sblocca-cantieri; spetterà, poi, alle singole Regioni adottare specifiche integrazioni dell’elenco di tali interventi (comunemente definiti "da Genio Civile") sulla scorta delle indicazioni fornite dalle linee guida approvate con il d.m. 30 aprile 2020 (“Linee Guida”). A titolo esemplificativo si ricordano gli elenchi della Regione Siciliana, approvati con decreto 15 maggio 2020, n. 344, che sostituisce il decreto dirigenziale 13 gennaio 2020, n. 8. In precedenza, prima dell'approvazione delle Linee Guida, si ricordano altresì quelli della Regione Umbria, delibera Giunta Regionale n. 593 del 6 maggio 2019 e quelli della Regione Toscana, delibera Giunta Regionale n. 663 dell'11 maggio 2019 (tutti allegati per pronta consultazione).
LE 3 MACRO-CATEGORIE DI INTERVENTI
Per comprendere appieno la portata delle Linee Guida occorre ricordare che, in base al testo attualmente vigente dell’art. 94-bis, D.P.R. 380/2001 (cd. Testo Unico Edilizia), gli interventi edilizi sono stati divisi in 3 macro-categorie:
1) interventi “rilevanti” nei riguardi della pubblica incolumità;
2) interventi di “minore rilevanza”;
3) interventi “privi di rilevanza”.
A ciascuna di tali macro-categorie, poi, corrisponde un particolare regime autorizzativo di cui si darà conto nel presente contributo.
GLI INTERVENTI RILEVANTI NEI RIGUARDI DELLA PUBBLICA INCOLUMITÀ - MACRO CATEGORIA 1)
Sono quegli “interventi i quali, per caratteristiche strutturali, dimensioni, forma e materiali impiegati, possono comportare, in caso di fallimento, un elevato rischio per la pubblica incolumità e per l'assetto del territorio. Si tratta … di opere o interventi che …. devono fornire più solide e attendibili garanzie sulla corretta impostazione progettuale” e sono soggetti alle ordinarie procedure di denuncia di inizio lavori, relazione a strutture ultimate, ecc. A sua volta la macro-categoria 1) include:
1.1) gli “interventi di adeguamento o miglioramento sismico di costruzioni esistenti nelle località sismiche ad alta sismicità (zona 1) e a media sismicità (zona 2, limitatamente a valori di accelerazione ag compresi fra 0,20 g e 0,25 g)”.
Ai limitati fini di questo contributo si evidenzia che tali interventi (i) sono quelli che possono godere del cd. Sismabonus (ii) il valore dell'accelerazione su suolo rigido con superficie topografica orizzontale come definito dalle norme tecniche al § 3.2 e riferito ad un sisma con tempo di ritorno di 475 anni;
1.2) le “nuove costruzioni che si discostino dalle usuali tipologie o che per la loro particolare complessità strutturale richiedano più articolate calcolazioni e verifiche”.
Le Linee Guida tentano di chiarire, per “sottrazione”, che cosa si intenda per discostamento dalle usuali tipologie, rifacendosi non tanto ai materiali impiegati o alle dimensioni degli edifici, quanto alle “costruzioni anche di modesta entità che potrebbero essere caratterizzate da una eccezionale complessità strutturale, tale da richiedere una particolare modellazione di calcolo ed una particolare conoscenza dei legami costitutivi dei materiali”[1].
1.3) gli “Interventi relativi ad edifici di interesse strategico e alle opere infrastrutturali la cui funzionalità durante gli eventi sismici assume rilievo fondamentale per le finalità di protezione civile, nonché relativi agli edifici e alle opere infrastrutturali che possono assumere rilevanza in relazione alle conseguenze di un loro eventuale collasso”.
Le Linee Guida, poi, indicano che “sono compresi nella presente categoria tutte le nuove costruzioni e tutti gli interventi eseguiti sulle costruzioni esistenti, situati nelle località sismiche, attribuibili alle classi d'uso III e IV di cui al § 2.4.2 delle norme tecniche, realizzate nelle zone ad alta sismicità (zona 1) e media sismicità (zona 2), escluse quindi quelle a bassa sismicità (zone 3 e 4). Ai soli fini della individuazione delle tipologie, possono costituire utile riferimento gli elenchi A e B di cui all'allegato 1 al decreto del Dipartimento della Protezione civile 21 ottobre 2003”, in G.U. n. 252 del 29 ottobre 2003 (allegato in pdf per pronta consultazione), quali ad esempio, edifici in cui è collocato l’Ufficio Territoriale di Governo (alias, Prefettura), autostrade, ospedali, ponti della grande viabilità stradale e ferroviaria, ecc..
GLI INTERVENTI DI MINORE RILEVANZA - MACRO CATEGORIA 2)
Sono “quelle categorie di interventi caratterizzati da una concezione strutturale piu' facilmente riconducibile alle fattispecie previste dalle norme tecniche e/o dalla letteratura di settore, che richiedono quindi sufficienti e comuni conoscenze tecniche”. Le Linee Guida precisano che “si tratta di opere e interventi per le quali, nell'ambito dell'approccio probabilistico alla sicurezza valido in generale per tutte le costruzioni, è plausibile attendersi sufficienti garanzie sulla corretta impostazione progettuale”.
Per tali interventi, non soggetti ad autorizzazione preventiva e per i quali le regioni possono istituire controlli anche con modalità a campione, a loro volta si distinguono in:
2.1) “interventi di adeguamento o miglioramento sismico di costruzioni esistenti nelle località sismiche a media sismicità (zona 2, limitatamente a valori di PGA compresi fra 0,15 g e 0,20 g) e zona 3.
Sono compresi in questa categoria, gli interventi di adeguamento o miglioramento sismico di costruzioni esistenti, in tutte le località del territorio nazionale nelle quali siano attesi, in caso di sisma, valori dell'accelerazione massima su suolo rigido ag (espressa come percentuale di g), minori o uguali a 0,20 g.”. Si tratta, infatti, della progettazione di interventi che “pur richiedendo sempre una precisa diagnosi delle eventuali criticità, raggiunge piu' facilmente le finalità di miglioramento o adeguamento, con soluzioni e tecnologie ben conosciute”;
2.2) “riparazioni ed interventi locali sulle costruzioni esistenti”.
Si tratta, come precisato dalle Linee Guida, degli interventi disciplinati nel capitolo 8 delle norme tecniche per le costruzioni, approvate con decreto ministeriale 14 gennaio 2008 (NTC) e, segnatamente, nel paragrafo 8.4.1 – Riparazione o intervento locale. “Le caratteristiche di tale tipo di intervento sono ampiamente definite dallo stesso § 8.4.1 delle norme tecniche e dal corrispondente § C8.4.1 della circolare 21 gennaio 2019, n. 7," - in S.O. n. 5 alla G.U. n. 35 dell’11 febbraio 2019 ed allegata per pronta consultazione - "ai quali si rimanda”.
2.3) nuove costruzioni che non rientrano nella fattispecie di cui al punto 1.2) di questo contributo, ossia “tutte le nuove costruzioni «usuali», realizzate con i materiali ed i sistemi costruttivi disciplinati dalle norme tecniche, indipendentemente dalle dimensioni”.
La casistica riportata nelle Linee Guida è la seguente: “opere appartenenti alla classe d'uso II, ad edifici regolari in pianta e in elevazione, oppure edifici non regolari in pianta e/o in elevazione, ma caratterizzati da un rapporto tra l'altezza e la minore dimensione in pianta non superiore a 3, ad opere di sostegno prive di particolari complicazioni di ordine geotecnico, a passerelle pedonali”.
2.4) “Nuove costruzioni appartenenti alla classe di costruzioni con presenza solo occasionale di persone e edifici agricoli di cui al punto 2.4.2 del decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti del 17 gennaio 2018”.
Seppure con l’ovvio rispetto delle “disposizioni di cui ai capi I, II e IV della parte II del decreto del Presidente della Repubblica n. 380/2001, si tratta in generale di usuali costruzioni realizzate con i materiali ed i sistemi costruttivi disciplinati dalle norme tecniche, ma caratterizzati, per la loro specifica funzione, dalla presenza solo occasionale di persone al loro interno o nelle immediate vicinanze”[2].
INTERVENTI «PRIVI DI RILEVANZA» NEI RIGUARDI DELLA PUBBLICA INCOLUMITÀ - MACRO CATEGORIA 3)
Le Linee Guida fanno riferimento a “quelle categorie di interventi i quali per caratteristiche strutturali, dimensioni, forma e materiali impiegati, non costituiscono pericolo sotto il profilo della pubblica incolumità, fermo restando il rispetto delle disposizioni che regolano l'urbanistica e l'assetto del territorio…”[3].
VARIANTI DI CARATTERE NON SOSTANZIALE
Le Linee Guida, dopo aver effettuano una ricostruzione della complessa normativa in materia, ancorano le varianti di carattere non sostanziale (esonerate dal preavviso scritto di cui all’art. 93, comma 1, TUE e soggette all’applicazione dell’art. 94-bis, TUE) “ai medesimi criteri che distinguono le riparazioni o interventi locali dal miglioramento o adeguamento sismico. In definitiva, sulla base delle caratteristiche strutturali dell'intervento, una variante si può definire non sostanziale se interviene solo su singole parti o elementi dell'opera, senza produrre concrete modifiche sui parametri che determinano il comportamento statico o dinamico della struttura nel suo complesso, quali ad esempio: il periodo fondamentale T1, il taglio alla base VR, le sollecitazioni massime (M, N, T) sugli elementi strutturali … Rientrano, inoltre, tra le varianti non sostanziali le realizzazioni in corso d'opera di interventi privi di rilevanza di cui alla categoria c), n. 1)”, ossia gli “interventi di adeguamento o miglioramento sismico di costruzioni esistenti nelle località sismiche a media sismicità (zona 2, limitatamente a valori di PGA compresi fra 0,15 g e 0,20 g) e zona 3”
PROCEDURE AUTORIZZATIVE: PRECISAZIONI
In via preliminare si ricorda che, al termine della lettera B.3) della precedente voce, erano state evidenziate le possibili criticità della formulazione dell'art. 94-bis, D.P.R. 380/2001 che si poneva al limite della tassatività della fattispecie penale, attesa la genericità dell’espressione “usuali tipologie” costruttive, che lascia(va) un margine di indeterminatezza senz’altro eccessivo ed aperto a diverse ipotesi operative, prima ancora che interpretative. Parimenti, considerato che la giurisprudenza (ordinaria e costituzionale) maturata nel precedente regime era particolarmente rigida sul tema “tutela della pubblica incolumità”, appariva difficile individuare quali fossero le “caratteristiche intrinseche” degli edifici che, per converso, avrebbero consentito di valersi del regime semplificato. Oggi, con le linee guida nazionali e la riconduzione degli interventi edilizi nelle macrocategorie di cui si è fin qui parlato, le relative procedure tecnico-amministrative sono ancorate ad un dato normativo che, sebbene debba ancora passare il vaglio della giurisprudenza, appare connotato da maggiore uniformità a livello nazionale.
Ciò doverosamente premesso, oltre quanto sin qui evidenziato per ciascuna macro-categoria, le Linee Guida si soffermano anche sulle procedure autorizzative sottolineando che “il deposito allo Sportello Unico Edilizia – SUE, sia del progetto sia della relazione a strutture ultimate, debba avvenire tramite pec; si ritiene al riguardo di poter desumere che, nell'ottica di una generale semplificazione delle procedure, come attestazione di avvenuto deposito possa intendersi valida anche la semplice stampa della certificazione dell'avvenuto ricevimento della pec, evidentemente sotto la responsabilita' del soggetto che ha effettuato il deposito, per quanto attiene alla regolarità e completezza della documentazione. In tale ottica le regioni potrebbero quindi, nel provvedimento di recepimento delle disposizioni della legge n. 55/2019, prevedere la suddetta semplificazione, riservandosi, qualora ad un successivo esame della documentazione depositata si riscontrassero gravi carenze, di attivare la procedura di controllo sull'opera in questione, ancorché iniziata”.
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Seguono note
[1] Il primo esempio riportato nelle Linee Guida è “un edificio molto alto e snello, concepito in modo tale da rispondere positivamente ad una eventuale azione sismica mediante l'impiego di una serie di accorgimenti strutturali quali l'utilizzo di dissipatori o isolatori sismici, l'assunzione di fattori di struttura qo molto elevati o che si discostino sensibilmente da quelli suggeriti dalle norme tecniche nella tabella 7.3.II, la previsione di una massa accordata in sommità, etc.) … si può pensare ad edifici caratterizzati da un rapporto tra l'altezza e la minore dimensione in pianta superiore a 3, a ciminiere, a torri, a serbatoi e silos, a complesse strutture idrauliche o marittime…”.
[2] “Sono in sostanza strutture per le quali - pur essendo comunque necessari un titolo abilitativo, un progetto redatto nel rispetto delle norme tecniche ed una esecuzione a norma - nell'ambito dell'approccio probabilistico alla sicurezza, la presenza saltuaria delle persone al loro interno o nelle immediate vicinanze, rende possibile una temperata applicazione delle procedure di verifica e di controllo”. Anche qui è di ausilio la casistica: “edifici destinati all'attività agricola quali magazzini o silos, a costruzioni destinate ad accogliere impianti tecnici ai quali il personale accede sporadicamente per la manutenzione, a locali destinati ad attrezzature di manovre che si svolgono con scarsa frequenza”.
[3] Benché, a differenza delle altre due macro-categorie, manchi una casistica di tali interventi si riporta la relativa definizione della macro-categoria 3: “opere ed interventi che per destinazione d'uso, caratteristiche strutturali, dimensioni, forma e materiali impiegati non costituiscono pericolo per la pubblica incolumità, e che pertanto possono essere realizzate con preavviso scritto allo sportello unico comunale, secondo modalità e contenuti disciplinati dalle regioni … In sintesi sono da ritenersi privi di rilevanza urbanistico-edilizia le opere, gli interventi e i manufatti non incidenti in modo significativo o permanente sull'assetto del territorio, in quanto privi di rilevanza strutturale o per i loro oggettivi caratteri di facile amovibilità, oppure in ragione della temporaneità dell'installazione, oppure perche' presentano parametri geometrici, strutturali, dimensionali, di peso o di utilizzo limitati”.
Sismabonus: dal 16 gennaio nuove regole
Rigenerazione urbana: nel Lazio "avanti tutta" con le linee guida
Instancabilmente, la Regione Lazio procede nel fornire indicazioni per l’attuazione della legge regionale 18 luglio 2017, n. 7 sulla rigenerazione urbana.
Va segnalata, infatti, la pubblicazione nel S.O. n. 4 al B.U.R. n. 4 del 14 gennaio 2020 della determinazione dirigenziale n. G18248 del 20 dicembre 2019. Con quest’ultima determinazione, allegata in pdf per pronta consultazione, sono state approvate le “linee guida per la redazione delle deliberazioni e per le elaborazioni cartografiche” per l’applicazione della l.r. n. 7/2017 e succ. mod..
Al di là del titolo del provvedimento, che potrebbe far pensare ad una portata limitata della determinazione dirigenziale di fine 2019, le linee guida recano importanti precisazioni su: (i) finalità e campo di applicazione della legge (par. 1.1); (ii) caratteristiche e differenze tra programmi di rigenerazione urbana, ambiti territoriali di riqualificazione e recupero edilizio ed interventi sulla normativa tecnica di PRG (par. 1.2); (iii) contenuti necessari, eventuali e non ammessi delle deliberazioni (par. 1.3); (iv) indicazioni procedurali da seguire nell’approvazione delle deliberazioni (par. 2); (v) utilità e necessità degli elaborati cartografici (par. 3.1); (vi) individuazione delle porzioni di terreno urbanizzate (par. 3.2 e ss.).
La rilevanza degli argomenti affrontati nelle linee guida, quindi, fa agevolmente comprendere come l’obiettivo delle stesse sia supportare i Comuni “nell’interpretazione ed applicazione della legge e nella predisposizione delle relative deliberazioni” consiliari. Pertanto, si è proceduto ad adeguare anche la voce generale relativa alla rigenerazione urbana in cui, peraltro, viene dato risalto alla circolare approvata con delibera di giunta regionale n. 867 del 14 dicembre 2017, nonché alla copiosa pareristica sin qui intervenuta, tutte liberamente consultabili nella voce generale.
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Conferenza di servizi e dissenso: un po’ di chiarezza
Dal 1990 (anno della legge sul procedimento amministrativo) si invoca la conferenza di servizi come rimedio per superare la lentezza dei processi decisionali della Pubblica Amministrazione. Da ultimo, con il D. Lgs. 30 giugno 2016, n. 127, si è proceduto all’intera riscrittura dell’istituto disciplinato negli artt. 14 e ss., legge 7 agosto 1990, n. 241, con particolare riferimento alle modalità di superamento del dissenso da parte delle amministrazioni partecipanti ed individuando dei regimi di maggior tutela per le amministrazioni preposte alla tutela ambientale, paesaggistico-territoriale, dei beni culturali o alla tutela della salute e della pubblica incolumità dei cittadini.
A questi ultimi interessi, infatti, è dedicato l’art. 14-quinquies, legge n. 241/1990 che legittima le amministrazioni “preposte” a proporre opposizione al Consiglio dei Ministri avverso la determinazione motivata di conclusione della conferenza, sempreché abbiano espresso il proprio motivato dissenso prima della conclusione dei lavori della conferenza. Tale opposizione, addirittura, era stata qualificata in termini di sostanziale “obbligatorietà” dalla circolare ministeriale MIBAC 27 luglio 2016, n. 22539.
Permanevano, tuttavia, incertezze sull’individuazione delle altre amministrazioni legittimate a proporre siffatta opposizione al Consiglio dei Ministri e, in particolare, sulla possibilità che la stessa potesse essere proposta anche da amministrazioni comunali preposte alla tutela degli interessi sensibili di cui si è detto. La questione investiva aspetti sostanziali per la conclusione della conferenza di servizi posto che, in caso positivo, tali amministrazioni avrebbero dovuto attivare il procedimento ex art. 14-quinquies, legge n. 241/1990 mentre, in caso negativo, avrebbero dovuto attivare il diverso procedimento di autotutela ex art. 21-nonies o 21-quinquies, legge n. 241/1990.
Né la circolare della Funzione Pubblica n. 4/2018 del 3 dicembre 2018, poi ritirata, aveva preso posizione sul punto.
In questo contesto, a dir poco nebuloso, fa chiarezza il parere del Consiglio di Stato, sez. I, 30 settembre 2019, n. 2534 (allegato in pdf per pronta consultazione) che reca delucidazioni su numerosi aspetti rimasti insoluti. In particolare, nel rinviare per un maggior dettaglio alla lettura dell’allegato parere, il Consiglio di Stato afferma che le amministrazioni di “serie A”, legittimate cioè a proporre opposizione al Consiglio dei Ministri, sono quelle cui “norme speciali attribuiscono una competenza diretta, prevalentemente di natura tecnico-scientifica, e ordinaria ad esprimersi attraverso pareri o atti di assenso comunque denominati a tutela dei suddetti interessi così detti «sensibili», e tale attribuzione non si rinviene, di regola e in linea generale, nelle competenze comunali di cui all’art. 13 del d.lgs. n. 267 del 2000, né tra le competenze in campo sanitario demandate al Sindaco e al Comune dal testo unico delle leggi sanitarie di cui al r.d. n. 1265 del 1934, né tra le altre funzioni fondamentali (proprie o storiche) dei Comuni, fatta salva, comunque, la necessità di una verifica puntuale, da condursi caso per caso, della insussistenza di norme speciali, statali o regionali che, anche in via di delega, attribuiscano siffatte funzioni all’ente comunale”.
Dunque, volendo tradurre in indicazioni pratiche per gli operatori del settore, un’eventuale ordinanza sanitaria negativa, espressa dal Sindaco in conferenza di servizi, non legittimerebbe l’interpello al Consiglio dei Ministri, a differenza del parere negativo espresso dal Comune nell’ambito del procedimento di autorizzazione paesaggistica ex art. 146, d.lgs. 22 gennaio 2004, n. 42.
Per completezza, poi, si ricorda che, all’esito del complesso sub-procedimento di cui all’art. 14-quinquies, la decisione del Consiglio dei Ministri, a differenza di quanto avveniva con il pre-vigente art. 14-quater, legge n. 241/1990, non determina ipso iure la conclusione del procedimento, bensì si limita ad attribuire definitiva efficacia alla determinazione motivata di conclusione del procedimento adottata dall’amministrazione procedente ex art. 14-quater nuovo testo. Ma questo solo se il Consiglio dei Ministri rigetta l'opposizione. Quando, invece, il Consiglio dei Ministri accoglie (in tutto o in parte) l'opposizione, la sua decisione è atto (autonomo) di conclusione del procedimento censurabile come atto di alta amministrazione (cfr. Cons. Stato, parere I sez., 10 giugno 2016, n. 1152 e Cons. Stato, sez. IV, 27 marzo 2017, n. 1392 e 28 dicembre 2017, n. 6120).
Queste ultime considerazioni, infine, ben si attagliano anche al procedimento di localizzazione delle opere pubbliche di interesse statale, disciplinate dal D.P.R. 18 aprile 1994, n. 383 (impropriamente definito dagli addetti ai lavori come “ex art. 81”, D.P.R. 616/1977). Infatti, con l’art. 5-ter, comma 1, lettere a) e b), decreto-legge 18 aprile 2019, n. 39, convertito con modificazioni dalla L. 14 giugno 2019, n. 55 (cd. “Decreto Sblocca-Cantieri”), si è proceduto finalmente all’omogeneizzazione del D.P.R. 383/1994 con la disciplina generale della conferenza di servizi, modificata da ultimo dal citato D. Lgs. 127/2016.
In questo modo, sono state legislativamente superate le diatribe sull’applicabilità della risalente normativa speciale del 1994 che, da un lato, richiamava il testo allora vigente della legge n. 241/1990 in tema di conferenza di servizi (testo, successivamente, ampiamente modificato o abrogato) e, dall’altro, affidava ad un decreto finale del Presidente della Repubblica (e non ad un decreto del Consiglio dei Ministri) la decisione finale in ordine alla “localizzazione delle opere di interesse statale difformi dagli strumenti urbanistici” e al “mancato perfezionamento dell'intesa” Stato-Regioni.
In buona sostanza, oggi, per superare la difformità dagli strumenti urbanistici delle opere di interesse statale o il mancato raggiungimento dell’intesa Stato-Regioni sul punto, troveranno applicazione le sole regole della legge 241/1990 in tema di conferenza di servizi e non già quelle speciali del D.P.R. 383/1994, ormai quasi svuotato di contenuto.
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L'edilizia dopo le conversioni dello “Sblocca Cantieri” e del “Decreto Crescita”
A) Premessa
A cavallo dell’estate sono stati convertiti definitivamente in legge, con modificazioni, il decreto-legge 18 aprile 2019, n. 32, meglio noto come “Sblocca Cantieri” (legge 14 giugno 2019, n. 55) e il decreto-legge 30 aprile 2019, n. 34, meglio noto come “Decreto Crescita” (legge 28 giugno 2019, n. 58). È oggi possibile fornire un quadro definitivo delle principali novità in tema di edilizia, mentre per i contratti pubblici si rinvia all’apposita voce, con una precisazione d’obbligo.
Mentre l’art. 1, comma 2 della legge di conversione n. 55/2019 fa espressamente salvi gli effetti del decreto n. 32/2019 (Sblocca Cantieri), non si rinviene analoga previsione nella legge di conversione n. 58/2019 del decreto n. 34/2019 (Decreto Crescita). Dunque, considerata le difficoltà di individuare quali norme dell’originario testo del Decreto Crescita siano state superate o semplicemente sostituite dalla legge di conversione, con tutto ciò che ne consegue sull’efficacia intertemporale delle stesse, si ritiene utile dare conto delle principali novità recate da entrambi i provvedimenti, come risultanti dalle due leggi di conversione.
B) Testo Unico Edilizia: rassegna novità
B.1) L’art. 3 Sblocca-Cantieri modifica, in più parti, il D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, ossia il cd. Testo Unico Edilizia (o TUE), andando ben al di là dell’enunciazione della rubrica che è limitata, testualmente, ai soli interventi strutturali in zone sismiche.
L’art. 65, Testo Unico Edilizia viene in buona parte riscritto prevedendo che, prima del loro inizio, devono essere denunciate dal costruttore allo sportello unico le opere realizzate con materiali e sistemi costruttivi disciplinati dalle “norme tecniche in vigore”, con eliminazione del riferimento alle opere in “conglomerato cementizio armato, normale e precompresso ed a struttura metallica”. La denuncia deve avvenire tramite pec.
Come si legge a pag. 145 del relativo dossier parlamentare, la locuzione “norme tecniche in vigore” si riferisce senz’altro al D.M. 17 gennaio 2018 e alla relativa circolare ministeriale 21 gennaio 2019, n. 7. Tuttavia, attesa la genericità dell’espressione, sarebbe stato preferibile che la legge di conversione ne avesse precisato l’eventuale ulteriore ambito di applicazione con riferimento, ad esempio, alle norme in tema di prevenzione incendi o alle norme in materia impiantistica. Si tratta, è bene rammentare, di materia assistita da sanzioni penali in cui vige il principio (costituzionale) di determinatezza e tassatività della norma.
B.2) Con l’inserimento del comma 8-bis nell’art. 65 Testo Unico Edilizia, inoltre, sono stati eliminati una serie di obblighi per alcuni interventi definiti dall’art. 94 bis “Disciplina degli interventi strutturali rilevanti”, pure introdotto nel TUE dallo Sblocca Cantieri. Si tratta, in dettaglio, delle seguenti tipologie:
(i) quelli di “minore rilevanza” nei riguardi della pubblica incolumità: le riparazioni e gli interventi locali sulle costruzioni esistenti (art. 94 bis, co. 1, lett. b) n. 2 TUE).
In seguito alle modifiche apportate dalla legge di conversione sono considerati tali gli interventi di adeguamento o miglioramento sismico di costruzioni esistenti nelle località sismiche a media sismicità, zona 3 e zona 2, quest'ultima limitatamente a valori della cd. peak ground acceleration – PGA – compresi fra 0,15g e 0,20.
(ii) quelli “privi di rilevanza” nei riguardi della pubblica incolumità: le riparazioni e gli interventi locali sulle costruzioni esistenti e gli interventi che, per loro caratteristiche “intrinseche” e per destinazione d’uso, non costituiscono pericolo per la pubblica incolumità (art. 94 bis, co. 1, lett. c) n. 1 TUE);
(iii) le nuove costruzioni appartenenti alla classe di costruzioni con presenza solo occasionale di persone e edifici agricoli di cui al punto 2.4.2 del citato d.m. 17 gennaio 2018.
Per ciascuno di tali interventi, infatti, non si applicano le disposizioni previste dai commi 6, 7 e 8 dell’art. 65 TUE, cioè deposito della relazione a cura del direttore dei lavori, con le relative prove da consegnare al collaudatore. Inoltre, il certificato di collaudo è sostituito dalla dichiarazione di regolare esecuzione resa dal direttore dei lavori.
B.3) Sono, invece, soggetti al precedente regime, ossia al certificato di collaudo reso da un soggetto diverso dal direttore dei lavori, nonché al deposito della relazione da consegnare al collaudatore gli “interventi rilevanti” nei riguardi della pubblica incolumità [definiti dall’art. 94, co. 1, lett. a, nn. 1), 2), 3), TUE] di seguito indicati:
a) gli interventi di adeguamento o miglioramento sismico di costruzioni esistenti nelle località sismiche ad alta sismicità (Zona 1) e media sismicità (Zona 2, limitatamente a valori della cd. PGA, compresi tra 0,20 g e 0,25 g);
b) le nuove costruzioni che si discostino dalle “usuali tipologie o che per la particolare complessità strutturale richiedano più articolate calcolazioni e verifiche”;
c) gli interventi relativi a: (i) edifici di interesse strategico ed alle opere infrastrutturali la cui funzionalità durante gli eventi sismici assume ‘rilievo fondamentale’ per le finalità di protezione civile; (ii) edifici ed opere infrastrutturali che “possono assumere rilevanza in relazione alle conseguenze di un loro eventuale collasso”, nonché
d) gli interventi di “minore rilevanza” nei riguardi della pubblica incolumità (definiti dall’art. 94 bis, co. 1, lett. b) n. 1 TUE): interventi di adeguamento o miglioramento sismico di costruzioni esistenti nelle località sismiche a media sismicità (zona 3).
Mentre per gli interventi di cui alle lettere a), c) e d) i riferimenti, seppure impliciti, sono alle norme previgenti dettate dal D.M. 17 gennaio 2018 e all’O.P.C.M. 20 marzo 2003, n. 3274 (art. 2, comma 3), appare necessario spendere alcune considerazioni sulla categoria di cui alla lettera b). Si tratta, infatti, di una formulazione che si pone al limite della tassatività della fattispecie penale, attesa la genericità dell’espressione “usuali tipologie” costruttive, che lascia un margine di indeterminatezza senz’altro eccessivo ed aperto a diverse ipotesi operative, prima ancora che interpretative. Parimenti, considerato che la giurisprudenza (ordinaria e costituzionale) maturata nel precedente regime era particolarmente rigida sul tema “tutela della pubblica incolumità”, appare difficile individuare quali siano le “caratteristiche intrinseche” degli edifici che, per converso, consentono di valersi del regime semplificato.
In attesa della loro individuazione a cura del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, tramite l’approvazione di linee guida entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione (termine già ampiamente decorso), la legge di conversione fa salve le elencazioni già deliberate dalle Regioni qui di seguito riportate a titolo esemplificativo: Regione Siciliana, provvedimento 23 aprile 2019 in cui è presente una prima ricognizione della casistica di tali opere; Regione Umbria, delibera Giunta Regionale n. 593 del 6 maggio 2019, con la quale sono stati approvati gli elenchi previsti dall'art. 94-bis comma 2 D.P.R. 380/2001, indicando le linee guida necessarie all’individuazione degli interventi privi di rilevanza e delle varianti non sostanziali; Regione Toscana, delibera Giunta Regionale n. 663 del 20 maggio 2019, recante le linee guida per l'applicazione della novella legislativa, con esplicita riserva di revisione all'esito della conversione in legge del provvedimento d'urgenza.
Se e quando saranno emanate le linee guida ministeriali, di cui si darà ovviamente conto, le Regioni adotteranno specifiche elencazioni di adeguamento alle stesse linee guida.
B.4) In tema di denuncia dei lavori e della presentazione dei progetti di costruzioni in zone sismiche di cui all’art. 93, Testo Unico Edilizia, con lo Sblocca Cantieri si prevede che il contenuto minimo del progetto sia determinato dal competente ufficio tecnico della Regione (cd. Uffici dell’ex Genio Civile).
In ogni caso il progetto deve essere esauriente per: planimetria, piante, prospetti e sezioni, relazione tecnica e, si precisa, con “gli altri elaborati previsti dalle norme tecniche” che, in seguito alle modifiche apportate dalla legge di conversione, escludono inopinatamente il fascicolo dei calcoli delle strutture portanti, sia in fondazione sia in elevazione, nonché i disegni dei particolari esecutivi delle strutture.
Sempre in questo ambito, il nuovo art. 93, comma 4, Testo Unico Edilizia stabilisce che i progetti relativi ai lavori di costruzione in zone sismiche siano accompagnati, anziché da una relazione avente specifici ambiti di oggetto, da una dichiarazione del progettista che asseveri: a) il rispetto delle norme tecniche per le costruzioni; b) la coerenza tra il progetto esecutivo riguardante le strutture e quello architettonico; c) il rispetto delle eventuali prescrizioni sismiche contenute negli strumenti di pianificazione urbanistica.
Anche questa semplificazione, peraltro, desta qualche perplessità. Infatti, anche volendo considerare meramente nominalistica (del che può fondatamente dubitarsi, atteso il carattere maggiormente impegnativo dell’asseverazione) il passaggio da “relazione” ad “asseverazione”, la disposizione previgente prevedeva che al progetto fosse allegata una relazione sulla fondazione, nella quale illustrare i criteri seguiti nella scelta del tipo di fondazione, le ipotesi assunte, i calcoli svolti nei riguardi del complesso terreno-opera di fondazione. Tali aspetti, forse, potrebbero essere assorbiti nell’asseverazione di cui si è avuto modo di parlare, non essendo stata colta l’occasione in sede di conversione per maggiori precisazioni, atteso il bene tutelato dalle norme in commento (pubblica incolumità) e considerato il regime di responsabilità che fa carico al progettista.
Per tutti gli interventi il preavviso scritto con il contestuale deposito del progetto e dell'asseverazione è valido anche agli effetti della denuncia dei lavori di cui all'articolo 65.
C) Rigenerazione urbana: tra deroghe d.m. 1444/1968 ed agevolazioni fiscali
C.1) Lo Sblocca-Cantieri, inoltre, interviene anche in materia di rigenerazione urbana. In particolare, l’art. 5 apporta una serie di modifiche puntuali all’art. 2-bis, comma 1, Testo Unico Edilizia (TUE) - Deroghe in materia di limiti di distanza tra fabbricati – consentendo alle Regioni e alle Province autonome di Trento e Bolzano di introdurre, con proprie leggi o regolamenti, disposizioni derogatorie al D.M. 2.4.1968, n. 1444 in tema di standard urbanistici, ossia delle previsioni che fissano la quantità minima di spazio che ogni piano regolatore generale deve inderogabilmente riservare all'uso pubblico e le distanze minime e altezze massime da osservare nell'edificazione degli (e tra gli) edifici, nonché ai lati delle strade.
Va, inoltre, rammentato al riguardo che, con l’art. 1, commi 258-259, legge finanziaria 2018, fino alla definizione della riforma organica del governo del territorio, in aggiunta agli standard di cui al D.M. 1444/1968 e alle relative leggi regionali, negli strumenti urbanistici sono definiti ambiti la cui trasformazione è subordinata alla cessione gratuita da parte dei proprietari, singoli o in forma consortile, di aree o immobili da destinare alla realizzazione: di edilizia residenziale sociale, di rinnovo urbanistico ed edilizio, di riqualificazione e miglioramento della qualità ambientale degli insediamenti (cfr. anche art. 1, comma 460 della legge 11/12/2016, n. 232 e s.m.i.) e possono essere riconosciuti dai Comuni, nell'ambito delle previsioni degli strumenti urbanistici, aumenti di volumetria premiale.
C.1.1) Sempre in tale ambito, inoltre, con lo Sblocca Cantieri sono stati aggiunti due ulteriori commi all’art. 2-bis, D.P.R. 380/2001, come sopra modificato. In particolare, il nuovo comma 1-bis precisa che le disposizioni del comma 1 dell’art. 2-bis TUE sono finalizzate a “orientare” i Comuni nella definizione di limiti di densità edilizia, altezza e distanza dei fabbricati negli ambiti urbani consolidati del proprio territorio. Ai Comuni è pertanto affidato il compito di adeguare le previsioni dei propri strumenti urbanistici sulla base delle disposizioni legislative e regolamentari adottate dalle Regioni e dalle Province autonome in deroga ai limiti di densità edilizia, altezza e distanza stabiliti, rispettivamente, dagli articoli 7, 8 e 9 del DM 1444/1968.
Inoltre, il nuovo comma 1-ter dell’art. 2-bis del DPR n. 380/2001 (anch’esso introdotto dall’art. 5 Sblocca Cantieri), prevede che in caso di interventi di demolizione e ricostruzione, quest'ultima è comunque consentita nel rispetto delle distanze legittimamente preesistenti, purché sia effettuata assicurando la coincidenza dell'area di sedime e del volume dell'edificio ricostruito con quello demolito, nei limiti dell'altezza massima di quest'ultimo. La nuova disposizione condiziona, dunque, gli interventi di demolizione e ricostruzione edilizia: (i) al rispetto delle distanze preesistenti (purché si tratti di distanze legittime) e (ii) all’assenza di variazione delle volumetrie edificatorie e dell’altezza dell’edificio da ricostruire, ciò che avrebbe rischiato di depotenziare gli obiettivi di rigenerazione urbana almeno nelle cd. zone A e B del d.m. 1444/1968.
C.1.2) Tuttavia, in sede di conversione del decreto-legge, è stata aggiunta nell’art. 5, comma 1, lettera b), Sblocca-Cantieri un’ulteriore lettera b-bis), qualificata espressamente come norma di “interpretazione autentica” del d.m. 1444/1968 e non già, come forse sarebbe stato preferibile, nell’art. 2-bis, TUE. In ogni caso, al di là della farraginosità della tecnica legislativa, è stato stabilito che le disposizioni di cui all'articolo 9, commi secondo e terzo, del più volte citato d.m. 1444/1998, si interpretano nel senso che i limiti di distanza tra i fabbricati ivi previsti si considerano riferiti esclusivamente alla zona di cui al primo comma, n. 3), dello stesso articolo 9, vale a dire esclusivamente alle cd. zone C.
In questo modo, ma il condizionale è d’obbligo, la riduzione in via di interpretazione autentica dell’ambito di applicazione dei limiti di distanza tra fabbricati sembrerebbe finalizzato a consentire operazioni di rigenerazione urbana nelle zone A) e B), come definite dall’art. 2 del DM 1444/1968, non sottoposte quindi al rispetto delle distanze minime previste (e ribadite) in via generale dall’art. 9 del DM 1444/1968 per le altre zone.
C.2) Sempre nell’ambito della rigenerazione urbana, infine, va segnalata la disposizione di cui all’art. 7, Decreto-Crescita in tema di agevolazioni fiscali.
In base alla citata disposizione, come risultante dalla legge di conversione, sino al 31 dicembre 2021, le imprese di costruzione che: (i) acquistino "vecchi" interi fabbricati e, nei successivi 10 anni, (ii) provvedano alla demolizione e ricostruzione degli stessi, conformemente alla normativa antisismica , con il conseguimento della classe energetica A o B o in classe energetica Nearly Zero Energy Building – cd. NZEB e (iii) alla loro alienazione, potranno godere di un trattamento fiscale preferenziale, con l’applicazione dell’imposta di registro e delle imposte ipotecarie e catastali nella misura fissa di euro 200 ciascuna, in luogo delle consuete imposte proporzionali, anticipando le statuizioni degli artt. 5 e 6 del disegno di legge A.C. n. 1529 (assegnato alla 8ª Commissione permanente in sede referente il 14 febbraio 2019).
La disposizione costituisce una norma di favore per il settore nell’auspicabile (e dichiarata) finalità di una ripresa dello stesso. Difatti, come si legge nella relazione al d.d.l. di conversione (A.C. 1807), “l'attuale regime fiscale prevede l'applicazione dell'imposta di registro pari al 9 per cento del valore dell'immobile dichiarato in atto, più le ipotecarie e catastali complessivamente pari a 100 euro. Si tratta di imposte indetraibili per l'impresa che, come tali, incidono fortemente sui costi di costruzione. È, quindi, evidente la necessità di neutralizzare l'incidenza della variabile fiscale nella fase iniziale e propedeutica all'attuazione dei programmi”. Come osservato, infatti, tali meccanismi "dovrebbero innescare un circolo virtuoso di scambi immobiliari, diretti a prodotti sempre più innovativi e performanti, con caratteristiche energetiche e [anti]simiche completamente rinnovate".
C.2.1) In sede di conversione, inoltre, tale regime agevolativo è stato esteso anche agli interventi di manutenzione straordinaria, di restauro e di risanamento conservativo, nonché agli interventi di ristrutturazione edilizia, anche per le operazioni esenti da IVA, ai sensi dell’articolo 10 del D.P.R. n. 633 del 1972; l’agevolazione, inoltre, si applica in caso di successiva alienazione di fabbricati suddivisi in più unità immobiliari, purché sia alienato almeno il 75% del volume del nuovo fabbricato.
Per ulteriori approfondimenti, infine, si consiglia la lettura dello Studio del Notariato n. 12-2020/T, reso disponibile il 4 marzo 2020 nel relativo sito istituzionale ed allegato in pdf per pronta consultazione. Lo Studio n. 12-2020/T, in particolare, dà conto delle varie problematiche applicative, nonché dei primi orientamenti espressi sul punto dall'Agenzia delle Entrate.
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