Avv Saraceni

Avv Saraceni

Al termine dell'originaria voce dedicata alla Rigenerazione urbana nel Lazio si era dato conto della possibilità, similmente a quanto avvenuto per il cd. Piano Casa, di future direttive per l’applicazione di questo o quell’istituto introdotto dalla legge regionale 18/07/2017, n. 7 e successive modifiche e integrazioni.

Ebbene, nel B.U.R. 04/01/2018, n. 2 è stata pubblicata la deliberazione della Giunta regionale 14/12/2017, n. 867, resa disponibile in anteprima nel sito istituzionale ed allegata in pdf per pronta consultazione, con cui è stato approvato il testo della circolare volta a chiarire “l’effettiva portata e la corretta interpretazione delle disposizioni legislative introdotte con la l.r. 7/2017”, specialmente per ciò che attiene all’introduzione di “diversi strumenti urbanistici innovativi e caratterizzati da una certa complessità e rilevanza attuativa”. Per l'analisi della stessa, inoltre, si invitano i lettori del sito a consultare la voce aggiornata.

Per quanto possa occorrere, infine, si precisa che le campiture in giallo sul documento allegato sono frutto di un’elaborazione redazionale volta a richiamare l’attenzione sugli aspetti di maggior rilievo non essendo, ovviamente, tale campiture presenti nel testo ufficiale.

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In dettaglio, la circolare si occupa dei seguenti profili:

1. Articolo 1 – Finalità e ambito di applicazione

1.1 Edifici ed aree escluse dall’applicazione della legge (art. 1, comma 2, lettere a, b e c)

1.2 non presente nel testo (n.d.r.)

1.3 Applicazione della legge nelle aree naturali protette e nelle zone agricole (art. 1, comma 2, lett. b e c)

1.4 Applicazione della legge nelle aree interessate da beni paesaggistici (art. 1, comma 3)

2. Articolo 2 - Programmi di rigenerazione urbana

2.1 Alloggi per l’edilizia residenziale pubblica e per l’edilizia sociale (art. 2, comma 4, lettera f)

2.2 Interventi di bioedilizia (art. 2, comma 11)

3. Articolo 3 - Ambiti territoriali di riqualificazione e recupero edilizio

3.1 Tipologie di intervento e titoli abilitativi (art. 3, comma 1)

3.2 Interventi di bonifica (art. 3, comma 3)

4. Articolo 4 - Disposizioni per il cambio di destinazione d'uso degli edifici

4.1 Titoli abilitativi (art. 4, comma 1)

4.2 Disposizioni per i cambi d’uso nei centri storici, nelle zone omogenee D e nei Consorzi per lo sviluppo industriale (art. 4, comma 3)

4.3 Disposizioni transitorie (art. 4, commi 4 e 5)

5. Articolo 5 – Interventi per il miglioramento sismico e per l’efficientamento energetico degli edifici

6. Articolo 6 - Interventi diretti

6.1 Tipologia degli interventi, titoli abilitativi e cambio delle destinazioni d’uso (art. 6, commi 1 e 2)

6.2 Interventi per l’adeguamento delle strutture ricettive all’aria aperta (art. 6, comma 5)

7. Articolo 8 - Dotazioni territoriali e disposizioni comuni

7.1 Standard urbanistici di cui agli artt. 3 e 5 del DM 1444/1968 (art. 8, comma 1)

7.2 Deroghe al D.M. 1444/1968 (art. 8, comma 3)

7.3 Parametri edilizi per la progettazione degli interventi e per il rilascio dei titoli abilitativi (art. 8, comma 4)

7.4 Divieto di cumulo delle premialità (art. 8, comma 5)

8. Articolo 9 - Interventi di riordino funzionale dei manufatti ricadenti nelle aree demaniali marittime e lacuali

8.1 Interventi di riordino funzionale dei manufatti (art. 9, comma 2).

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Con una serie di regolamenti, pubblicati nella G.U.U.E. 19/12/2017, n. L-337 ed allegati in pdf per pronta consultazione, sono state elevate le soglie di applicazione delle direttive comunitarie in tema di appalti pubblici e concessioni di lavori e servizi. In particolare, dal 1° gennaio 2018 al 31 dicembre 2019, le soglie applicabili sono:
- lavori € 5.548.000 (già € 5.225.000);
- servizi e forniture nei settori ordinari € 221.000 (già € 209.000);
- servizi e forniture nei settori speciali € 443.000 (già € 418.000).
Per maggiori dettagli si rinvia alla lettura dei regolamenti nn. 2364, 2365, 2366 e 2367, tutti datati 18/12/2017.

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Con determinazione 11/10/2017, n. 1008, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale 07/11/2017, n. 260, l’Autorità nazionale anticorruzione ha pubblicato l’aggiornamento delle Linee Guida n. 6 (allegate in pdf per pronta consultazione) relative ai mezzi di prova degli illeciti professionali rilevanti come causa di esclusione ai sensi dell’art. 80, comma 5, lett. c) del D. Lgs. 18/04/2016, n. 50 (come modificato dall’art. 49 D. Lgs. 19/04/2017, n. 56, cd Correttivo).

Le modifiche rispetto al testo precedente, così come indicato dal Consiglio di Stato nel parere della Commissione speciale espresso il 14/09/2017, atto n. affare 01503/2017, depositato il 25/09/2017, n. 2042 (allegato in pdf per pronta consultazione), sono riportate in grassetto nel testo allegato e sono entrate in vigore lo scorso 22/11/2017.

Fra le principali modifiche si segnalano i seguenti punti:

- 2.1 (p. 4): ove è precisato che il grave illecito professionale rilevante come causa di esclusione deve essere accertato con provvedimento esecutivo e deve essere tale da rendere dubbia l’integrità del concorrente (intesa come moralità professionale) ovvero la sua affidabilità (intesa come reale capacità tecnico professionale) nello svolgimento dell’attività oggetto di affidamento. Fermi tali presupposti, gli illeciti professionali gravi rilevano ai fini dell’esclusione dalle gare a prescindere dalla natura dell’illecito (civile, penale o amministrativa);

- 2.2 (p. 4): ove sono elencati i reati le cui condanne non definitive sono rilevanti come causa di esclusione (sempre che sussistano i presupposti di cui al punto precedente), tra i quali sono compresi l’esercizio abusivo della professione, i reati urbanistici (per le gare di lavori e di servizi di ingegneria), etc.

- 4.2 (p.8): concernente la necessità di inserire nel DGUE tutti i provvedimenti astrattamente idonei a porre in dubbio l’integrità o l’affidabilità del concorrente, anche se non ancora inseriti nel casellario informatico. La falsa attestazione dell’insussistenza delle dette situazioni e l’omissione della dichiarazione di situazioni successivamente accertate dalla stazione appaltante comportano l’esclusione (ai sensi dell’art. 80, comma 1, lett. f-bis) del Codice). Giova evidenziare al riguardo che la giurisprudenza ha escluso che rientri nel detto obbligo dichiarativo l'applicazione di penali nei confronti del concorrente in un pregresso contratto, quando tale applicazione (unilaterale) da parte della stazione appaltante, sia ancora sub judice (C.G.A., 28/12/2017 n. 575, qui allegata in pdf)

Ulteriori punti d’interesse, inoltre, sono segnalati nella relazione illustrativa all’aggiornamento delle Linee Guida n. 6 che si ritiene utile allegare per pronta consultazione.

Per quanto riguarda le SOA, infine, il punto 6.6 (p. 10) prevede che le SOA, nell’ambito degli accertamenti di competenza [ai sensi dell’art. 84, comma 4, lett. a) del Codice] mediante consultazione del casellario informatico, debbono verificare la presenza di gravi illeciti professionali imputabili all’impresa, l’idoneità delle condotte ad incidere sull’integrità e/o sulla moralità dell’impresa in relazione alla qualificazione richiesta; nonché valutare l’idoneità delle misure di self-cleaning eventualmente adottate dall’impresa stessa, pur in presenza di cause ostative.

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In attesa delle novità della legge di stabilità 2018, si registrano importanti chiarimenti dell’Agenzia delle Entrate sul tema Sismabonus che rappresenta ormai uno fra gli ospiti fissi del sito.

Le precisazioni sono contenute nella risoluzione dell’Agenzia delle Entrate 29/11/2017, n. 147/E (allegata in pdf per pronta consultazione) che trae spunto da un caso reale, evidentemente frequente nella pratica, di un contribuente intenzionato ad effettuare contemporaneamente:

a) opere di risanamento strutturale di mura, coperture e pavimenti, ivi compresi, quindi, interventi di manutenzione sia ordinaria che straordinaria quali, ad esempio, intonacatura, imbiancatura e posa pavimenti, rientranti nella lettera i) dell’art. 16-bis T.U.I.R. di cui al D.P.R. 22/12/1986, n. 917, ossia nelle cd. opere antisismiche;

b) interventi di rifacimento dell’impianto idraulico ed elettrico, nonché di sostituzione di sanitari e infissi interni, rientranti nella lett. b) dell'art. 16-bis del citato T.U.I.R., ossia negli interventi di manutenzione ordinaria, manutenzione straordinaria e restauro/risanamento conservativo;

c) rifacimento di infissi esterni e dell'impianto diriscaldamento di cui all’art. 1, comma 344, legge 27/12/2006, n. 296 (cd. legge finanziaria 2007), ossia negli interventi di riqualificazione energetica.

Il contribuente, considerato che ad ognuna di queste tipologie corrispondono periodi di detrazione da 5 a 10 anni, una diversa detrazione in percentuale e differenti tetti di spesa, chiede di conoscere su ciascuno di tali profili l’avviso dell’Agenzia delle Entrate che si esprime in questo senso.

La detrazione per i Sismabonus, spettante nella misura del 70% in caso di diminuzione di una classe di rischio e nella misura dell'80% in caso di diminuzione di due classi di rischio, deve essere ripartita necessariamente in 5 rate “non essendo prevista la possibilità di scegliere il numero di rate in cui fruire del beneficio” [cfr. sopra lettera a)].

Per gli interventi relativi all'adozione di misure antisismiche vale “il principio secondo cui l'intervento di categoria superiore assorbe quelli di categoria inferiore ad esso collegati o correlati. La detrazione prevista per gli interventi antisismici può quindi essere applicata, ad esempio, anche alle spese di manutenzione ordinaria e straordinaria necessarie al completamento dell'opera”.Infine, “il limite di spesa agevolabile in caso di effettuazione sul medesimo edificio di interventi antisismici, di interventi di manutenzione straordinaria e di interventi di riqualificazione energetica …. attualmente stabilito in euro 96.000 annuali, è unico in quanto riferito all'immobile”, non potendo quindi essere superato [cfr. sopra lettera b)].

Tuttavia, non sono soggetti a predetto limite di spesagli interventi di riqualificazione energetica di cui all'art. 1 della Legge 296 del 2006, comma 344 (riqualificazione globale dell'edificio) o, in alternativa, di cui ai commi 345 (interventi su strutture opache e infissi) e 347 (sostituzione impianti termici), per i quali l’istante potrà beneficiare della detrazione del 65 per cento nei limiti specificatamente previsti dalle norme di riferimento” [cfr. sopra lettera c)].

Dunque, attraverso una puntuale ricostruzione della normativa fiscale ed edilizia, l’Agenzia delle Entrate sembra consentire la sommatoria di quest’ultima agevolazione con quella dei sismabonus; con ciò ponendo a disposizione degli operatori del settore e, soprattutto, dei cittadini e delle imprese ampie possibilità di riqualificare l’edificato esistente o, se si preferisce, di puntuale rigenerazione urbana.

 

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Nella Gazzetta Ufficiale 04/11/2017, n. 258 è stata pubblicata la L. 17/10/2017, n. 161, recante: “Modifiche al codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, di cui al decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159, al codice penale e alle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale e altre disposizioni. Delega al Governo per la tutela del lavoro nelle aziende sequestrate e confiscate”.

La detta L. n. 161/2017 (allegata in pdf per pronta consultazione), entrata in vigore il 19/11/2017, si articola in sette capi, così denominati: Capo I “Misure di prevenzione personali”, Capo II “Misure di prevenzione patrimoniali”, Capo III “Amministrazione, gestione e destinazione di beni sequestrati e confiscati”, Capo IV “Tutela dei terzi e rapporti con le procedure concorsuali”, Capo V “Agenzia nazionale per l'amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata”, Capo VI “Modifiche al codice penale, al codice di procedura penale e alla legislazione complementare. Deleghe al Governo per la disciplina del regime di incompatibilità relativo agli uffici di amministratore giudiziario e di curatore fallimentare e per la tutela del lavoro nelle aziende sequestrate e confiscate”, Capo VII “Disposizioni di attuazione e transitorie”. Successivamente alla pubblicazione della legge è stata pubblicata la circolare del Ministero dell'Interno 19 gennaio 2018, n. 11001/119/20(9), avente ad oggetto: "Riforma del codice antimafia. Legge 17 ottobre 2017, n. 161 e successivi interventi di modifica" (d'ora in poi, denominata, per brevità "Circolare" allegata in pdf per pronta consultazione, di cui si darà conto nella presente voce).

Nell’ambito del Capo IV si evidenziano i seguenti mutamenti che, più direttamente, incidono sull’operato dei soggetti interessati alla documentazione antimafia.

In primo luogo, si rileva che è stato modificato l'art. 83, comma 1, lett. a) del d.lgs. 159/2011 (Codice Antimafia) relativo all'ambito di applicazione della documentazione antimafia.

In particolare, le parole “i concessionari di opere pubbliche” sono sostituite con le parole: “i concessionari di lavori o di servizi pubblici”. Si tratta di una modifica lessicale necessaria per adeguare il Codice Antimafia al mutato quadro normativo che, prevede appunto, oltre alla pluriennale presenza dei concessionari di lavori pubblici, anche quella dei concessionari di servizi pubblici. Nulla invece è mutato per i restanti soggetti obbligati per cui, accanto ai concessionari di lavori e servizi sono obbligati ad acquisire la documentazione antimafia i seguenti soggetti: “pubbliche amministrazioni e gli enti pubblici, anche costituiti in stazioni uniche appaltanti, gli enti e le aziende vigilati dallo Stato o da altro ente pubblico e le società o imprese comunque controllate dallo Stato o da altro ente pubblico”, nonché i contraenti generali tenuti all’osservanza della normativa antimafia in base all’art.194, d.lgs. 18/04/2016, n. 50.

In secondo luogo, l’art. 26 legge n. 161/2017 aggiunge, nell’art. 84, comma 4, lettera a) del d.lgs. 159/2011, un’altra situazione relativa ai tentativi di infiltrazione mafiosa che dà luogo all'adozione dell'informazione antimafia interdittiva (impossibile, qui, dare conto partitamente di ciascuna situazione). Potrà essere oggetto di interdittiva antimafia, quindi, anche il soggetto coinvolto in procedimenti penali (misure cautelari, giudizio o condanne non definitive) relativi al reato di “intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro” di cui all’art. 603-bis, cod. pen., ossia a quello che la Circolare testualmente definisce "caporalato".

In terzo luogo, l’art. 27 legge n. 161/2017 modifica l’art. 85, comma 2, lett. b) del d.lgs. 159/2011, precisando che la documentazione antimafia deve riferirsi “per le società di capitali anche consortili ai sensi dell'articolo 2615-ter del codice civile, per le società cooperative, di consorzi cooperativi, per i consorzi di cui al libro V, titolo X, capo II, sezione II, del codice civile, al legale rappresentante e agli eventuali altri componenti l'organo di amministrazione e a ciascuno dei consorziati”.

Rispetto alla formulazione vigente sino al 18 novembre 2017, che riproduceva con alcuni adeguamenti l’art. 3, comma 2, lettera b), d.P.R. 03/06/1998, n. 252, è stato eliminato qualsiasi riferimento ai limiti percentuali di partecipazione al consorzio ossia alla partecipazione superiore al 10% o, in alternativa, alla partecipazione inferiore al 10% con patto parasociale riferibile a una partecipazione pari o superiore al 10%.

Tali limiti, va notato incidentalmente, erano stati considerati rilevanti e sufficienti per un’interdittiva da estendersi ad altre imprese consorziate attestata, proprio, dal rilievo dell’esistenza di un legame consortile stabile (sul punto si veda Cons. Stato, sez. III, 07.03.2016).

Per effetto di questa modificazione, specialmente in caso di consorzi a composizione fortemente parcellizzata, l’aver eliminato qualsiasi riferimento ad una soglia (fino al 18 novembre 2017, il ripetuto 10%) rischiava di rallentare l’operato dei soggetti tenuti (cfr., sopra, nuovo testo art. 83, d.lgs. 159/2011), seppure attraverso la consultazione della Banca Dati Nazionale Antimafia, all’acquisizione della documentazione antimafia relativa a siffatti consorzi (ossia mediante l’inserimento dei dati relativi anche ai familiari conviventi di maggiore età dei soggetti interessati) e di quelli tenuti al rilascio della comunicazione o informazione antimafia.

Le criticità di siffatta modifica erano state evidenziate anche da Cna, Confartigianato ed Alleanza delle Cooperative che, con una lettera indirizzata ai Ministri dell’Interno, della Giustizia e delle Infrastrutture e dei Trasporti (di cui si è avuto contezza nei siti di settore), hanno sottolineato come “in applicazione della nuova norma si dovrebbero acquisire le informazioni antimafia nei confronti di migliaia di persone fisiche. La presentazione di tale documentazione in ogni gara di appalto da parte dei consorzi è praticamente impossibile oltre che sostanzialmente inutile”.

Sciogliendo la riserva formulata al termine dell'originaria voce, quindi, si dà notizia dell'opportuna modifica apportata dal 1° gennaio 2018. In particolare, la Circolare dopo aver ricordato che erano assoggettati al sistema delle verifiche antimafia tutti i consorziati, a prescindere dalla loro quota di partecipazione, evidenzia che "sul punto è successivamente intervenuta la legge 27 dicembre 2017, n. 205 (Legge di bilancio 2018) che, all’art. 1, comma 244, ha previsto una partecipazione, anche indiretta, ai fini dell’assoggettamento ai suddetti controlli, pari almeno al 5 per cento".

Da ultimo, ma non certo per importanza, la Circolare si sofferma sulle implicazioni relative alla nuova disciplina dell'amministrazione giudiziaria ex art. 34-bis, d.lgs. 159/2011 che, in buona sostanza, consentono all'impresa di continuare ad operare con la P.A.. Giova, quindi, riportare le parole utilizzate dalla Circolare: 

"le disposizioni riguardano gli istituti dell’amministrazione giudiziaria e del controllo giudiziario applicabili in quelle realtà che, pur presentando forme di infiltrazione e di condizionamento mafioso, non ne siano però pregiudicate nella loro integrità. La finalità delle misure è quella di contrastare la contaminazione mafiosa di imprese sane, restituendole al libero mercato una volta depurate dagli elementi inquinanti. Il controllo giudiziario delle aziende, in particolare, costituisce una previsione del tutto innovativa, dal momento che non determina lo “spossessamento gestorio” bensì configura, per un periodo minimo di un anno e un massimo di tre, una forma meno invasiva di intervento consistente in una vigilanza prescrittiva, condotta da un commissario giudiziario nominato dal Tribunale, al quale viene affidato il compito di monitorare dall’interno dell’azienda l’adempimento di una serie di obblighi di compliance imposti dall’autorità giudiziaria. Di particolare rilievo la previsione contenuta nel comma 7 dell’art. 34 riferita tanto all’amministrazione quanto al controllo giudiziario, secondo la quale il provvedimento che dispone tali misure sospende gli effetti delle informazioni del Prefetto di cui all’art. 94 del codice antimafia, consentendo così all’impresa che vi è assoggettata di continuare ad operare nei rapporti con la Pubblica Amministrazione. Nella stessa direzione si muove anche la disposizione di cui al terzo comma dell’art. 35 bis introdotto nel corpus del Codice dalla legge di riforma, secondo la quale “al fine di consentire la prosecuzione dell’attività dell’impresa sequestrata o confiscata, il prefetto della provincia rilascia all’amministratore giudiziario la nuova documentazione antimafia di cui all’art. 84. Tale documentazione ha validità per l’intero periodo di efficacia dei provvedimenti di sequestro e confisca dell’azienda e sino alla destinazione della stessa disposta ai sensi dell’articolo 48”".

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https://www.sonoingara.it/component/k2/item/72-white-list-le-novita-in-vigore-da-meta-febbraio

 

 

 

L’INAIL, con circolare n. 42 del 12 ottobre 2017 (allegata in pdf per pronta consultazione), ha fornito le prime istruzioni applicative per la comunicazione di infortunio a fini statistici e informativi prevista dagli artt. 18 commi 1, lettera r), e 1-bis del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81 e successive modificazioni (cd. Testo Unico Sicurezza) e dei decreti applicativi.

L’INAIL, nel proprio sito istituzionale, ricorda in generale che “… tutti i datori di lavoro …..hanno l’obbligo di comunicare in via telematica all’Inail e per il suo tramite al sistema informativo nazionale per la prevenzione nei luoghi di lavoro (Sinp), a fini statistici e informativi, i dati e le informazioni relativi agli infortuni sul lavoro dei lavoratori dipendenti o assimilati che comportano l’assenza dal lavoro di almeno un giorno escluso quello dell’evento” [cfr. artt. 3 e 18, co. 1, lett. r), art. 21 TUS].

Pertanto, una volta terminato il periodo transitorio, dal 12 ottobre 2017 tutti i datori di lavoro, compresi i datori di lavoro privati di lavoratori assicurati presso altri Enti o con polizze private, nonché i soggetti abilitati ad intermediazione devono comunicare all’INAIL entro 48 ore dalla ricezione dei riferimenti del certificato medico, i dati relativi agli infortuni che comportano un'assenza dal lavoro di almeno un giorno, escluso quello dell'evento. Qualora l’infortunio sul lavoro determini un’assenza dal lavoro superiore ai tre giorni permane l’obbligo della denuncia di infortunio ai sensi dell’art. 53 del decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 1965, n. 1124 e successive modificazioni.

Lo stesso sito istituzionale dell’INAIL riepiloga, opportunamente, le sanzioni in caso di mancato rispetto degli obblighi di comunicazione sopra descritti: (i) “il mancato rispetto dei termini previsti per l’invio della comunicazione d’infortunio di un solo giorno a fini statistici e informativi …. , determina l’applicazione della sanzione amministrativa pecuniaria da 548,00 a 1.972,80 euro ….”; (ii) “nel caso di infortuni superiori ai tre giorni, il mancato rispetto dei termini previsti per l’invio della comunicazione di infortunio … comporta l’applicazione della sanzione amministrativa pecuniaria da 1.096,00 a 4.932,00 euro”.

È ormai sempre più frequente il ricorso all’avvalimento per la realizzazione dei lavori pubblici. Ma quando l’avvalimento è un modo di mascherare il ricorso ad un appalto non genuino?

Si tratta, è evidente, di un tema dalle rilevanti implicazioni pratiche, riguardanti tematiche amministrative e giuslavoristiche, su cui si è espresso l’Ispettorato nazionale del lavoro – INL con proprio parere del 19/06/2017 (allegato in pdf per pronta consultazione). In particolare, rispondendo ad un quesito presentato dalla Provincia Autonoma di Trento, l'INL ha fornito chiarimenti in ordine all'eventuale applicazione del regime sanzionatorio di cui all'art. 18, D. Lgs. 10/09/2003, n. 276 (cd. Legge Biagi), nell'ipotesi di rapporto di avvalimento tra due o più imprese, precisando altresì che la disciplina speciale prevista nell’art. 89, D. Lgs. 18/04/2016, n. 50 (cd. Codice dei contratti pubblici) in materia di contratto di avvalimento non costituisce deroga al regime sanzionatorio contemplato dall'art. 18 del D. Lgs. 276/2003, laddove in sede di accertamento ispettivo venga riscontrato tra impresa ausiliaria e impresa ausiliata un appalto non genuino ex art. 29, Legge Biagi (cfr. sentenza in appendice).

In sintesi, pur potendosi ammettere che l’avvalimento possa consistere nella messa a disposizione dei lavoratori dipendenti dell’impresa ausiliaria e che lo stesso non sia formalizzato in un contratto tra quest’ultima e l’impresa ausiliata, l’INL rammenta che laddove in sede ispettiva dovessero emergere elementi tali da configurare un appalto non genuino troverà applicazione la disciplina sanzionatoria di cui all’art. 18, Legge Biagi, ossia almeno la sanzione amministrativa di € 50 per ogni lavoratore occupato e per ogni giornata di occupazione.

Per ulteriori approfondimenti, quindi, si consiglia la lettura dell’allegato parere che si sofferma anche sull'analogo istituto del distacco dei lavoratori

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Appendice

Cass. pen., sez. III, 27/01/2015, n. 18667

Non ricorre l’appalto lecito, ma il reato di mera fornitura di prestazione lavorativa, se manca l’assunzione del rischio e l’organizzazione dei mezzi da parte dell’appaltatore; da ciò consegue che non è sufficiente a configurare un appalto fraudolento la circostanza che il personale dell’appaltante impartisca disposizioni agli ausiliari dell’appaltatore, dovendosi, piuttosto, verificare se tali direttive siano inerenti a concrete modalità di svolgimento delle prestazioni lavorative oppure si riferiscano solo al risultato di tali prestazioni, che in sé possono formare genuino oggetto del contratto di appalto; del pari non vale ad integrare il delitto di somministrazione abusiva di manodopera la circostanza che i dipendenti dell’appaltatore utilizzino per i lavori macchinari e attrezzature messe a disposizione dal committente, essendo, per contro, necessario che l’appaltatore non eserciti il potere organizzativo e direttivo nei confronti dei lavoratori utilizzati nell’appalto e non assuma il rischio d’impresa.

 

1. INTRODUZIONE

Vasta eco anche nella stampa non specializzata ha suscitato (e, tuttora, sta suscitando) l’approvazione della legge regionale n. 7 del 18/07/2017, pubblicata nel S.O. n. 3 al B.U.R. n. 57 del 18/07/2017, denominata "Disposizioni per la rigenerazione urbana e per il recupero edilizio" (allegata in pdf per pronta consultazione).

La legge, entrata in vigore il 19 luglio 2017, attua nel Lazio la normativa nazionale prevista, fondamentalmente, in due disposizioni: (i) art. 5, comma 9, del decreto-legge 13/05/2011, n. 70 convertito, con modificazioni, nella legge 12/07/2011, n. 106 (cd. Decreto-Sviluppo) in tema di rigenerazione urbana; (ii) art. 2-bis del d.P.R. 06/06/2001, n. 380 (cd. Testo Unico Edilizia) relativo alle deroghe in materia di limiti di distanza tra fabbricati.

L’attuazione di tali disposizioni nazionali, poi, è stata opportunamente accompagnata da una serie di interventi sull’ordinamento regionale (ad es. l.r. 16/04/2009, n. 13 in tema di recupero dei sottotetti), così da incidere profondamente nell’assetto dell’urbanistica regionale. Per comprendere appieno queste ultime modifiche si rinvia al link:

http://www.consiglio.regione.lazio.it/consiglio-regionale/?vw=leggiregionali&sv=vigente

Successivamente, nel B.U.R. 04/01/2018, n. 2 è stata pubblicata la deliberazione della Giunta regionale 14/12/2017, n. 867, resa disponibile in anteprima nel sito istituzionale ed allegata in pdf per pronta consultazione, con cui è stato approvato il testo della circolare volta a chiarire “l’effettiva portata e la corretta interpretazione delle disposizioni legislative introdotte con la l.r. 7/2017”, specialmente per ciò che attiene all’introduzione di “diversi strumenti urbanistici innovativi e caratterizzati da una certa complessità e rilevanza attuativa” (d’ora, in poi, per brevità “Circolare”).

Per quanto possa occorrere si precisa che le campiture in giallo nel documento allegato sono frutto di un’elaborazione redazionale volta a richiamare l’attenzione sugli aspetti di maggior rilievo non essendo, ovviamente, tale campiture presenti nel testo ufficiale della Circolare. Di seguito, quindi, si darà conto anche dei formali chiarimenti intervenuti a cavallo tra il 2017 e il 2018.

Da ultimo, nel S.O. n. 2 al B.U.R. 14/01/2020, n. 4, è stata pubblicata la determinazione 20 dicembre 2019, n. G18248, con la quale sono state approvate le Linee Guida per la redazione delle deliberazioni e per le elaborazioni cartografiche ai fini dell'applicazione della l.r. 7/2017 (d'ora in poi, per brevità, "Linee Guida", allegate in pdf per pronta consultazione). Similmente a quanto avvenuto per la Circolare, quindi, si darà conto anche delle indicazioni delle Linee Guida alle quali, assai opportunamente, hanno fatto seguito la pubblicazione di tavole esemplificative

 

2. RIGENERAZIONE URBANA [profilo (i)]

Per conseguire gli obiettivi di riqualificazione incentivata delle aree urbane degradate, si ricorda che l’art. 5, comma 9, decreto-Sviluppo stabiliva che le Regioni entro 60 giorni dal 13 luglio 2011 (ossia entro il 10 settembre 2011) dovevano approvare specifiche leggi volte ad incentivare interventi di demolizione e ricostruzione che prevedessero quattro linee di azione:

a) riconoscimento di volumetrie aggiuntive come misure premiali;

b) possibilità di delocalizzare le volumetrie in area o aree diverse;

c) ammissibilità di modifiche di destinazioni d’uso “compatibili o complementari”;

d) modificazioni di sagoma necessarie per un’armonizzazione architettonica con gli altri edifici.

Il comma 10 dell’art. 5, Decreto-Sviluppo, in ogni caso, vietava tali interventi per gli edifici abusivi, per gli edifici siti nei centri storici (o, si aggiunge, in zone ad essi assimilati da singole previsioni di NTA), per gli edifici siti in aree ad inedificabilità assoluta, salvo gli edifici per i quali sia stato rilasciato il titolo abilitativo in sanatoria.

Questo, in estrema sintesi, il quadro nazionale.

A livello regionale, quindi, il primo strumento stabilito dalla l.r. 7/2017 è rappresentato dai “programmi di rigenerazione urbana”, che possono essere proposti ai Comuni da privati e da associazioni consortili di recupero urbano (art. 2, l.r.), con la possibilità di approvare varianti semplificate allo strumento urbanistico vigente.

Secondo le indicazioni del punto 1.2 delle Linee Guida, in particolare, il “programma deve avere i caratteri di un progetto urbanistico unitario, da realizzare in modo sistematico, organico e fondamentalmente contestuale, volto a riqualificare/rigenerare l’assetto urbanistico e, di conseguenza, anche edilizio di una determinata porzione urbana”.

La premialità per il rinnovo del patrimonio edilizio esistente, per le opere pubbliche e per le cessioni di aree aggiuntive, arriva fino al 35% della superficie lorda esistente (aumentabile al 40% nel caso in cui la superficie esistente sia ridotta almeno del 10 per cento a favore della superficie permeabile). Nei programmi andrà indicata anche la quota minima del 20% di alloggi di edilizia residenziale pubblica e sociale.

Gli interventi di rigenerazione e recupero sono consentiti nelle porzioni di territorio urbanizzate (cfr. parere 25.3.2020, n. 244887, allegato in pdf per pronta consultazione), su edifici realizzati legittimamente o sanati, trattandosi di una legge a regime e non straordinaria.

Come indicato nel paragrafo 1.1 della circolare, infatti, “il requisito dell’avvenuta realizzazione dell’edificio non è subordinato all’entrata in vigore della legge, per cui sarà certamente possibile applicare la l.r. 7/2017 ad edifici ad oggi inesistenti, ma che verranno realizzati in futuro”. Per quanto riguarda le modalità di computo delle preesistenze edilizie, inoltre, si rinvia all'allegato parere regionale del 3 ottobre 2019, n. 785180.

Gli interventi non possono essere realizzati nelle zone con vincolo di inedificabilità assoluta e nelle aree protette, mentre possono essere realizzati nelle zone qualificate “paesaggio degli insediamenti urbani” dal Piano territoriale paesistico regionale – Ptpr (ossia, con una buona dose di semplificazione, nei centri storici dei Comuni e, più in dettaglio, “quelli evidenziati con apposita campitura rossa” nelle tavole B del PTPR, così paragrafo 1.1 della Circolare). È comunque fatto salvo quanto consentito dai piani di ciascuna area naturale e dalla l.r. 29/1997 (“Norme in materia di aree protette regionali”). Sono state escluse le aree agricole, tranne che in alcune circostanze legate alla presenza di insediamenti riconosciuti dal Ptpr che, si rammenta, è stato approvato in via definitiva con delibera di Consiglio Regionale n. 5 del 2 agosto 2019 (allegata in pdf per pronta consultazione), pubblicata di recente nel B.U.R. n. 13 del 13 febbraio 2020, con l'indicazione dei relativi elaborati. Sono comunque applicabili, in zona agricola, le disposizioni sugli interventi diretti, che consentono incrementi fino al 20% della volumetria o della superficie.

Nello stesso senso, inoltre, appaiono le successive disposizioni dell’art. 17, commi 33 e 34, l.r. 14/08/2017, n. 9 “Misure integrative, correttive e di coordinamento in materia di finanza pubblica regionale. Disposizioni varie”, pubblicata nel B.U.R. 16/08/2017, n. 65. Tali disposizioni, infatti, attribuiscono ai Comuni, anche su proposta di privati, la possibilità di individuare negli “insediamenti urbani storici”, come definiti dal citato PTPR, degli ambiti territoriali nei quali permettere interventi di ristrutturazione edilizia per il recupero edilizio, la riqualificazione architettonica e ambientale, l'adeguamento sismico e l'efficientamento energetico degli edifici esistenti. Il tutto, ovviamente, nel rispetto del d.lgs. 22/01/2004, n. 42 (“Codice dei beni culturali e del paesaggio” e del medesimo PTPR).

Utile anche il chiarimento del paragrafo 1.3 della Circolare, qui di seguito riportato: “…nelle aree naturali protette gli interventi previsti dalla legge sono consentiti se l’area è classificata dal PTPR come paesaggio degli insediamenti urbani e, ove così fosse, se l’intervento non contrasti con la normativa prevista dai piani di assetto approvati ovvero con quella di salvaguardia prevista dalla l.r. 29/1997”, intendendosi per tali quelle “previste dal Capo V della l.r. 24/1998 e dallo stesso PRTP adottato con delibere di Giunta n. 556 del 30 luglio 2007 e n. 1025 del 21 dicembre 2007” e quelle del PTPR “aventi natura prescrittiva e non anche i contenuti aventi meramente natura descrittiva, propositiva e di indirizzo” (così paragrafo 1.4 della Circolare). 

Il comma 93 dell'art. 17 della stessa legge n. 9/2017, inoltre, apporta le seguenti tre modifiche alla citata l.r. n. 7/2017. In particolare, all'alinea del comma 2, dell'articolo 1, sopprime le parole da: "prioritariamente" fino a: "lettera c)", sostituendo inoltre nel comma 5 dell'art. 1 e nel comma 9 dell'art. 8 la parola "progetti" con "programmi.

A livello più generale, si ricorda altresì che l’art. 1, comma 460 della legge 11/12/2016, n. 232, come modificato dall’art. 1-bis della legge 04/12/2017, n. 172, stabilisce che a partire dal 1° gennaio 2018, i proventi dei titoli abilitativi edilizi e delle sanzioni in materia edilizia devono essere vincolati alle seguenti destinazioni: “realizzazione e manutenzione ordinaria e straordinaria delle opere di urbanizzazione primaria e secondaria; risanamento di complessi edilizi compresi nei centri storici e nelle periferie degradate; interventi di riuso e di rigenerazione; interventi di demolizione di costruzioni abusive; acquisizione e realizzazione di aree verdi destinate a uso pubblico; interventi di tutela e riqualificazione dell'ambiente e del paesaggio, anche ai fini della prevenzione e della mitigazione del rischio idrogeologico e sismico e della tutela e riqualificazione del patrimonio rurale pubblico; interventi volti a favorire l'insediamento di attività di agricoltura nell'ambito urbano, spese di progettazione per opere pubbliche”, così da costituire un'ulteriore leva per procedere nel senso indicato dalla l.r. 7/2017.

 

3. DISTANZE TRA I FABBRICATI. DEROGHE FUNZIONALI [profilo (ii)]

Per quanto riguarda il secondo profilo, invece, ossia la possibilità di deroghe in materia di limiti di distanza tra fabbricati, la l.r. n. 7/2017 rappresenta la trasposizione nell’ordinamento regionale dell’art. 2-bis, d.P.R. 380/2001 che, introdotto nel Testo Unico Edilizia dalla legge 09/08/2013, n. 98 (di conversione del decreto-legge 23/06/2013, n. 6, cd. Decreto del Fare), riconosce normativamente i principi sanciti dalla risalente Corte costituzionale nella sentenza n. 232 del 16/06/2005 in tema di rapporti tra disciplina delle distanze tra costruzioni (stabilita nel codice civile e riservata alla competenza esclusiva statale) e disciplina del governo del territorio (o, come si soleva dire, disciplina urbanistico-edilizia oggetto di legislazione concorrente Stato-Regioni).

Qui di seguito uno stralcio della sentenza della Corte costituzionale n. 232/2005 che aiuta a capire i rapporti tra la normativa nazionale e quella regionale: “In materia di distanze tra fabbricati, primo principio, fissato in epoca risalente ma ancora di recente ribadito, è che la distanza minima sia determinata con legge statale, mentre in sede locale, sempre ovviamente nei limiti della ragionevolezza, possono essere fissati limiti maggiori.

In secondo luogo, l'ordinamento statale consente deroghe alle distanze minime con normative locali, purché però siffatte deroghe siano previste in strumenti urbanistici funzionali ad un assetto complessivo ed unitario di determinate zone del territorio. Tali principi si ricavano dall'art. 873 cod. civ. e dall'ultimo comma dell'art. 9 del d.m. 2 aprile 1968, n. 1444, emesso ai sensi dell'art. 41-quinquies della legge 17 agosto 1942, n. 1150 (introdotto dall'art. 17 della legge 6 agosto 1967, n. 765), avente efficacia precettiva e inderogabile, secondo un principio giurisprudenziale consolidato.

I suindicati limiti alla possibilità di fissare distanze inferiori a quelle previste dalla normativa statale trovano la loro ragione nel rilievo che le deroghe, per essere legittime, devono attenere agli assetti urbanistici e quindi al governo del territorio e non ai rapporti tra vicini isolatamente considerati in funzione degli interessi privati dei proprietari dei fondi finitimi”.

Per quanto riguarda i criteri per il calcolo della distanza tra edifici antistanti e la nozione di pareti finestrate, infine, si rinvia alla sentenza del Consiglio di Stato, sez. V, 11/09/2019, n. 6136, allegata in pdf per pronta consultazione.

Ciò chiarito, gli ambiti territoriali “urbani” di riqualificazione e recupero edilizio di cui all'art. 3, l.r. 7/2017 potranno essere individuati dai Comuni per consentire interventi di ristrutturazione edilizia e urbanistica o di demolizione e ricostruzione, con una volumetria o una superficie lorda aggiuntiva al massimo del 30%. Tali ambiti devono essere individuati e circoscritti e, soprattutto, non possono coincidere con zone omogenee di piano regolatore o, addirittura, con l’intero territorio comunale urbanizzato (così, punto 1.2 Linee Guida). Anche in questo caso sono possibili cambi di destinazione d’uso e delocalizzazioni, come pure limitate deroghe agli standard previsti nel d.m. 1444/1968, previsti anche dal cd. decreto Sblocca-Cantieri.

A tale riguardo il paragrafo 7.2 della Circolare, inoltre, associa i seguenti chiarimenti: “il comma 3 dell’art. 8” – l.r. 7/2017 – “consente per la realizzazione delle premialità previste dalla norma di derogare, ai sensi di quanto previsto dall’art. 2 bis del DPR 380/2001, ai limiti di distanza tra fabbricati di cui all’art. 9 del D.M. 1444/1968, mantenendo le distanze preesistenti, con eventuale modifica delle stesse, nel rispetto della distanza minima di 10 m tra pareti finestrate. Ugualmente per le medesime finalità è possibile derogare ai limiti di densità edilizia di cui all’art. 7 del D.M. 1444/1968, così come alle altezze massime consentite dall’art. 8 dello stesso decreto ministeriale. Merita, infine, chiarire che le deroghe sono consentite anche per l’applicazione di interventi che determinano una variazione della destinazione d’uso degli edifici”. Per quanto riguarda il tema "mutamento di destinazione d'uso", invece, si consiglia la lettura del parere regionale n. 707534 del 9/9/2019, allegato in pdf per pronta consultazione, in cui sono svolte interessanti considerazioni sul rapporto tra la normativa regionale e l'art. 23-ter, Testo Unico Edilizia.

Come nei programmi di rigenerazione, sono previste premialità aggiuntive del 5% in caso di ricorso a concorsi di progettazione. Le disposizioni sugli “ambiti” di riqualificazione e recupero edilizio non si applicano agli insediamenti urbani storici, individuati come tali dal Piano territoriale paesistico regionale – Ptpr.

 

4. INTERVENTI DIRETTI

Nel quadro delle finalità della l.r. 7/2017, poi, l’art. 6 ammette ristrutturazioni edilizie o demolizioni e ricostruzioni con un incremento fino al 20% della volumetria o della superficie lorda esistente, ad eccezione degli edifici produttivi in cui l’incremento è fino al 10% della superficie coperta. Gli interventi diretti, non consentiti negli insediamenti urbani storici, possono essere attuati direttamente senza che vi sia bisogno di alcuna forma di regolamentazione da parte dei comuni (cfr. punto 1.2 Linee Guida)

Sull'individuazione degli edifici produttivi si rinvia, per brevità, al parere regionale 09/09/2019, n. 707306 (allegato in pdf per pronta consultazione); sul tema della ricostruzione e ricostruzione anche parziale, nonché sull'impossibilità di realizzare siffatti interventi negli insediamenti urbani storici, utile è la consultazione del parere regionale 29/03/2018, n. 186356 (allegato in pdf per pronta consultazione), mentre per l'esclusione dal computo dei locali destinati a volumi tecnici o locali accessori si rinvia al parere regionale 10/07/2018, n. 415987 (anch'esso allegato in pdf per pronta consultazione).

Cinema e centri culturali polifunzionali possono, ai sensi dell’art. 28, comma 5, legge 14/11/2016, n. 220, essere oggetto di interventi di ristrutturazione edilizia e di demolizione e ricostruzione sempre con l’incremento del 20% della volumetria o della superficie lorda esistente. All’interno di teatri, sale cinematografiche e centri culturali saranno consentiti cambi di destinazione d’uso fino al 30% per aprire attività commerciali, artigianali e per servizi.

Sotto questo aspetto, inoltre, si segnala la pubblicazione nella G.U. n. 239 del 12/10/2017 del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 04/08/2017 (allegato per pronta consultazione) con cui sono state stabilite le disposizioni applicative del piano straordinario per il potenziamento del circuito delle sale cinematografiche e polifunzionali previsto dall’art. 28 della citata legge n. 220/2016. In particolare, sono previsti contributi a fondo perduto per “30 milioni di euro per ciascuno degli anni 2017, 2018 e 2019, a 20 milioni di euro per il 2020 e a 10 milioni di euro per il 2021” che, con le modalità indicate nel predetto d.P.C.M., possono essere utilizzati anche per “lavori edili strettamente funzionali alla realizzazione di nuove sale, al ripristino di sale inattive, alla ristrutturazione e all’adeguamento strutturale e tecnologico delle sale cinematografiche” (ossia anche sfruttando le opportunità previste dalla legge sulla rigenerazione urbana nel Lazio).

 

5. INTERVENTI CONVENZIONATI

L’art. 7, l.r. 7/2017 valorizza ulteriormente l’art. 28-bis del Testo Unico dell’Edilizia sul permesso di costruire convenzionato, applicabile a tutti gli interventi come sopra sintetizzati, consentendo quindi la possibilità di modulare il termine di validità per l’attuazione del progetto unitario convenzionato in relazione a stralci funzionali. Si tratta di un istituto innovativo che inizia ad essere applicato nella prassi ed essere oggetto di prime pronunce da parte del giudice amministrativo.

Utile, quindi, appare la lettura della sentenza del Tar Lombardia, sede Brescia, sez. I, 08/06/2017, n. 741, allegata anch’essa in pdf per pronta consultazione, in cui viene fornita un’analisi approfondita del nuovo meccanismo para-convenzionale. Ad essa, inoltre, va affiancata la lettura del parere reso dalla Regione Lazio - Direzione Regionale Urbanistica - datato 15/01/2018, allegato in pdf per pronta consultazione, che delinea alcuni presupposti utili per l'applicazione di siffatto istituto proprio alla luce dell'art. 7, l.r. 7/2017.

 

6. ALTRE DISPOSIZIONI DI RILIEVO

L’art. 5, l.r. n. 7/2017 disciplina gli interventi per l’efficienza energetica e il miglioramento sismico: negli strumenti urbanistici generali vigenti potranno essere previsti, in questi casi e mediante l'indispensabile individuazione con delibera di consiglio comunale, ampliamenti del 20% della volumetria o della superficie utile esistente degli edifici a destinazione residenziale, per un incremento massimo di 70 mq anche con un corpo edilizio separato, se possibile o se non si compromette “l’armonia estetica del fabbricato”.

Il paragrafo 5 della Circolare, inoltre, chiarisce opportunamente quanto segue “la condizione inderogabile che deve essere rispettata per beneficiare del suddetto ampliamento è che si intervenga sull’intero corpo di fabbrica preesistente con interventi di miglioramento sismico (nel rispetto delle Norme Tecniche per le Costruzioni), se necessari ai sensi del comma 2 del medesimo articolo, e comunque mediante interventi che producano un miglioramento delle prestazioni energetiche dell’edificio”.

Nelle zone colpite dal terremoto del Centro Italia del 2016 (cd. Cratere sismico) gli ampliamenti potranno essere autorizzati anche in un altro lotto dello stesso comune, ma non in zona agricola. Altre disposizioni in materia di sisma sono state previste per la riformulazione degli strumenti urbanistici dei comuni del Cratere.

Per quanto riguarda, infine, il recupero dei sottotetti disciplinato dalla citata l.r. 13/2009 è stato reso applicabile a quelli ultimati al 1° giugno 2017, in luogo della precedente scadenza del 31 dicembre 2013 che, differentemente da quanto affermato da alcuni non addetti ai lavori, non può essere considerata un condono mascherato.

Infatti, la l.r. 13/2009 prevede che, solo in presenza di determinati requisiti igienico-sanitari (ad es. rapporti aeroilluminanti, opportunamente adattati alla fisionomia del vano), il sottotetto possa essere adibito ad abitazione, previo pagamento degli oneri concessori (cd. Bucalossi). Il tutto con evidente non ulteriore impiego di suolo (già) edificato. La l.r. 13/2009, almeno in astratto, è invero cumulabile anche con la legge sulla rigenerazione urbana (cfr. parere 11.3.2020, n. 2166230, allegato in pdf per pronta consultazione). Inoltre, questa normativa disciplina a livello urbanistico-edilizio il recupero dei volumi esistenti in copertura che, sovente, danno luogo a contenziosi in ambito condominiale per la loro eventuale riconducibilità all’art. 1127 cod. civ. che riconosce al proprietario dell’ultimo piano la possibilità di edificare.

In sintesi, accanto alle conseguenze positive per il territorio sopra tratteggiate, rimane fermo il rispetto delle altre previsioni del codice civile che, per quanto sopra osservato dalla sentenza n. 232/2005 della Corte costituzionale, non può essere certo inciso da una legge regionale. Inoltre, il sottotetto riconosciuto abitabile è così dotato di un titolo edilizio che, con ogni evidenza, dà sicurezza nella circolazione dei rapporti giuridici ex art. 46, d.P.R. 380/2001 cit..

 

7. PRECISAZIONI. MODULISTICA

Va doverosamente precisato che le considerazioni fin qui espresse non esauriscono l’ambito di applicazione della l.r. 7/2017 e che, al di là del monitoraggio sull’attuazione della legge affidato al Consiglio e alla Giunta, potranno essere emanate ulteriori indicazioni operative per chiarire alcuni aspetti della medesima legge (oggetto, come anticipato nell’introduzione, della prima circolare esplicativa del 18/12/2017).

Infine, sempre nell’ambito urbanistico-edilizio, si segnala che anche nella Regione Lazio è stata ormai adottata la modulistica approvata lo scorso 4 maggio 2017 dalla Conferenza Unificata su SCIA e dintorni di cui ci eravamo occupati in precedenza. Si ritiene, quindi, di fare una cosa utile per i visitatori del sito mettere a disposizione la modulistica approvata con determinazione regionale n. G08525 del 19/06/2017, consultabile al seguente link:

http://www.regione.lazio.it/rl_suap/?vw=documentazioneDettaglio&id=41416

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Il sismabonus è ormai a regime dal 1° marzo 2017. A partire dalla Legge di stabilità 2017 e passando attraverso le Linee Guida del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, infatti, professionisti, cittadini ed imprese possono usufruire di una serie di agevolazioni innovative. Un’occasione da non perdere per adeguare o migliorare il nostro patrimonio edilizio per assicurare – come già rilevato nei precedenti approfondimenti (vedi link in calce) - una prevenzione effettiva, dei danni a persone e cose in presenza di eventi sismici.

Il quadro normativo è, oggi, arricchito da due ulteriori opportunità relative alla cessione del credito e agli incentivi per l’acquisto delle case.

In dettaglio, con il provvedimento 08/06/2017 del Direttore dell’Agenzia delle Entrate (allegato in pdf per pronta consultazione), viene offerta la possibilità di cedere il credito d’imposta pari alla detrazione spettante dall’imposta sui redditi. La detrazione, si ricorda, può giungere sino all’85% delle spese sostenute.

Inoltre, con l’art. 46-quater introdotto dalla cd. Manovrina (approvata definitivamente con la L. 21/6/2017, n. 96), nelle zone sismiche 1 (ossia nelle zone a maggior rischio) le imprese potranno demolire e ricostruire gli edifici e, in caso di rivendita degli appartamenti entro 18 mesi dalla data di conclusione dei lavori, usufruiranno anch’esse della detrazione d’imposta fino all'85% del prezzo di vendita.

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https://www.sonoingara.it/2016-10-06-14-30-37/edilizia-privata/item/63-i-sismabonus-e-la-necessita-della-prevenzione

https://www.sonoingara.it/2016-10-06-14-30-37/edilizia-privata/item/68-linee-guida-mit-per-i-sismabonus

https://www.sonoingara.it/2016-10-06-14-30-37/edilizia-privata/item/74-sismabonus-apertura-anche-ai-geometri

Questa l’impressione superficiale che si trae dalla lettura dell’art. 65-bis della legge 21/06/2017, n. 96, con cui è stato convertito in legge, con modificazioni, il decreto-legge 24/04/2017, n. 50, comunemente definito “Manovrina”. Ma andiamo per ordine.

***

1. L’art. 65-bis, l. 96/2017 sostituisce nell’art. 3, comma 1, lettera c), testo unico dell’edilizia, approvato con d.P.R. 06/06/2001, n. 380, relativo agli interventi di “restauro e risanamento conservativi”, le parole “ne consentano destinazioni d'uso con essi compatibili” con le parole “ne consentano anche il mutamento delle destinazioni d'uso purché con tali elementi compatibili, nonché conformi a quelle previste dallo strumento urbanistico generale e dai relativi piani attuativi” (in appendice il testo coordinato).

In questo modo, in dichiarata reazione ad una sentenza della Corte di cassazione penale, sez. III, 14/02/2017, n. 6873 (allegata in pdf per pronta consultazione) relativa alla trasformazione di un immobile storico nella Città di Firenze, cui sono dedicate le seguenti considerazioni, sarà possibile far rientrare negli interventi di restauro e destinazione d’uso (gli unici consentiti in molti Centri storici, in primis Firenze) anche quelli implicanti il mutamento della destinazione d’uso. La sentenza n. 6873/2017 della Cassazione penale, che larga eco aveva avuto anche fra i non addetti ai lavori, aveva affermato che il cambio di destinazione d'uso di immobili, a prescindere dai lavori, e dunque anche per interventi modesti, configurava in ogni caso una ristrutturazione edilizia “pesante”, così da richiedere sempre e comunque il permesso di costruire, in luogo della D.I.A. (oggi sostituita dalla SCIA di cui al d.lgs. 25/10/2016, n. 222), paralizzando di fatto l’attività edilizia ed amministrativa in molti Comuni.

2. Tuttavia, anche alla luce della nuova definizione di tali interventi, non sembra essere stato oggetto di sufficiente approfondimento il fatto che il vero parametro condizionante la destinazione e le opere è la compatibilità del cambio di destinazione d’uso con gli elementi tipologici, formali e strutturali dell’edificio, non la questione sul titolo abilitativo necessario (permesso di costruire in luogo della SCIA). Detto in altri termini, il cambio di destinazione d’uso di edifici, tramite interventi di restauro e risanamento conservativo e dietro presentazione della SCIA (o, prima della novella, tramite permesso di costruire), non sarà comunque possibile quando le destinazioni d’approdo non siano consentite dallo strumento urbanistico generale e dai relativi piani attuativi e non rispettino il carattere fisico/funzionale dei medesimi edifici.

***

A nostro avviso si tratta di una riforma affrettata che, in luogo di affrontare le inevitabili antinomie presenti nella normativa urbanistico-edilizia (nazionale, regionale o comunale), sembra piuttosto assecondare impressioni epidermiche degli operatori.

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Appendice

Art. 3, comma 1, lett. c), T.U.E. (testo vigente al 7.7.2017)

“"interventi di restauro e di risanamento conservativo", gli interventi edilizi rivolti a conservare l'organismo edilizio e ad assicurarne la funzionalità mediante un insieme sistematico di opere che, nel rispetto degli elementi tipologici, formali e strutturali dell'organismo stesso, ne consentano anche il mutamento delle destinazioni d'uso purché con tali elementi compatibili, nonché conformi a quelle previste dallo strumento urbanistico generale e dai relativi piani attuativi. Tali interventi comprendono il consolidamento, il ripristino e il rinnovo degli elementi costitutivi dell'edificio, l'inserimento degli elementi accessori e degli impianti richiesti dalle esigenze dell'uso, l'eliminazione degli elementi estranei all'organismo edilizio”

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Con Avviso di rettifica pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 15 luglio 2016 n. 164, sono stati corretti gli errori materiali contenuti nel testo del nuovo Codice dei Contratti Pubblici (D. Lgs. 18 aprile 2016, n. 50, pubblicato nel Supplemento Ordinario N. 10/L alla G.U. - Serie gen. - del 19 aprile 2016, n. 91).
Si rende disponibile per comodità di consultazione il testo del Codice aggiornato da Normattiva a seguito delle correzioni.

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